L'Occidente ha un grande avversario. Non è Vladimir Putin che occupa con abilità gli spazi immensi liberati dalla geopolitica di oggi: la sua Russia ha la forza militare ma non il dinamismo economico e sociale per essere un'alternativa attraente per chi non sia come Matteo Salvini.
Non è nemmeno Xi Jinping. Presto la sua Cina sarà un avversario temibile sotto tutti i punti di vista: le sue armate che si rafforzano, la sua economia che non smette di crescere, i mercati che continua ad allargare. Ma ci vuole ancora tempo.
Nel grande gioco mondiale fra democrazia e autoritarismo, libero mercato e statalismo, per stabilire cosa sarà il XXI secolo personaggi come Recep Erdogan, Ali Khamenei o Bashar Assad sono fenomeni effimeri. Il vero grande nemico dell'Occidente, del suo modo di essere, delle sue libertà e della sua capacità di difendersi dalle minacce, è il presidente degli Stati Uniti d'America. Non POTUS, l'acronimo col quale è chiamato alla Casa Bianca (President Of The United States), non la carica in se, ma l'uomo che ora la occupa.
Donald Trump, l'unico nella storia del suo paese ad aver conquistato la più alta carica senza essere stato prima governatore, senatore, congressman, giudice o sceriffo di contea, ha una qualità: una alla volta, sta mantenendo le orribile promesse che aveva fatto durante la sua campagna elettorale. Trump non è un accidente della storia, è l'ultimo e forse il più pericoloso dei nazionalisti e isolazionisti d'America. Quelli che dopo la prima guerra mondiale non approvarono mai i 14 punti di Woodrow Wilson per garantire la pace nel mondo; il movimento filo-nazista “America First Committee” di Charles Lindnberg, creato nel 1940 per osteggiare l'intervento americano nella II Guerra mondiale.
Il G7 canadese di questi giorni è stato l'apoteosi della versione 2.0 di America First. Le sanzioni economiche alla Russia hanno una ragione e un formato precisi: non puniscono tanto i russi quanto gli oligarchi accanto al regime. Ma meritano comunque di essere messe in discussione. Tuttavia dubitarne e proporre il ritorno russo nel G8, subito dopo le opposte dichiarazioni degli altri membri occidentali, non è una stravaganza: è la confutazione di un'alleanza. Solo l'Italia ha mostrato interesse per questo nuovo strano fronte internazionale dalle tendenze reazionarie.
Qualche giorno fa in una telefonata surreale a Justin Trudeau, Donald Trump aveva rimproverato al Canada di aver distrutto la Casa Bianca durante la guerra del 1814. In realtà furono gli inglesi a farlo dopo che gli americani avevano saccheggiato la città di York che poi sarebbe stata chiamata Toronto. La conoscenza storica a spanne del presidente degli Stati Uniti avrebbe scoperto mondi nuovi se una volta nella vita Donald Trump avesse visitato il cimitero americano di Colleville-sur-Mer, in Normandia, giusto sopra la spiaggia di Omaha. In questi giorni 74 anni fa, rangers e parà americani stavano cercando di rafforzare la testa di ponte alleata. O Trump avrebbe potuto documentarsi sui soldati morti per liberare l'Italia nella valle del Liri, lungo il Volturno, ad Anzio.
L'Europa è piena di tombe sulle cui lapidi sono scritti i nomi, l'età e lo stato di provenienza di migliaia di americani. Forse è meglio non raccontare a Donald Trump di questa storia recente di eroismi e di liberazione dell'Occidente dal cancro dei nazionalismi. La versione America First del XXI secolo potrebbe stabilire che troppi soldi e troppi giovani americani sono stati sprecati per niente.
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