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Ecco come Atene vuole far rientrare i 500mila giovani emigrati…

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il piano del governo

Ecco come Atene vuole far rientrare i 500mila giovani emigrati dall’inizio della crisi

Effie Achtsioglou, ministra greco del Lavoro. (Ap)
Effie Achtsioglou, ministra greco del Lavoro. (Ap)

Effie Achtsioglou, 33 anni, ministra greco del Lavoro, welfare e pensioni dal novembre 2016, è il più giovane ministro della storia del turbolento Paese mediterraneo. Una volta stanca delle polemiche sui “ricchi pensionati greci” scrisse nel 2017 al Financial Times una lettera di fuoco ricordando che «il reddito pro capite per gli over 65 anni era di circa 9mila euro rispetto a 20mila dell'eurozona. Come può essere che il principale problema della Grecia siano le pensioni troppo generose quando il 43% dei pensionati riceve meno di 660 euro al mese?», si chiedeva la ministra di Syriza.

Acqua passata. Oggi la giovane esponente del governo Tsipras, avvocato e capo dei negoziatori greci con le istituzioni dei creditori in materia di lavoro, non pare molto preoccupata di dover affrontare numerosi problemi, il principale dei quali è la fuga di massa all’estero dei suoi coetanei più qualificati ed istruiti. Secondo un rapporto della Banca centrale di Grecia circa 500mila greci, su una popolazione complessiva di appena 10 milioni, dall'inizio della maggiore crisi economica di Atene dal dopo guerra hanno fatto le valigie e sono emigrati all'estero in cerca di fortuna: molti si sono diretti in Germania, altri in Gran Bretagna, Australia e Stati Uniti. Una diaspora, come la chiamano i greci, che ha impoverito il Paese.

Il ministro del Lavoro greco, nel corso di un seminario organizzato dalla Commissione europea e svoltosi a Bruxelles il 12-13 giugno, ha manifestato la volontà di far tornare parte di questo esercito di emigrati a casa. Come? Il ministro ha spiegato la sua politica in una intervista collettiva a un gruppo di giornali e radio europei.

Come farete a far tornare i giovani greci che sono emigrati negli ultimi anni dal Paese?
Quelli che sono partiti dall'inizio della crisi sembrano essere soprattutto i giovani e quelli più qualificati professionalmente e questo fenomeno è quello che possiamo definire una fuga di cervelli. Chi è partito non lo ha fatto solo per trovare un lavoro, ma anche per trovare salari adeguati. La nostra politica quindi tenderà dopo il 20 agosto e la fine del terzo piano di aiuti dei creditori a migliorare la situazione salariale con l’introduzione della contrattazione collettiva oggi sospesa e l’aumento dei salari minimi. Riteniamo che rimettere in moto la dinamica salariale nel paese è l'incentivo più importante per far tornare a casa chi è emigrato.

A che livello è la disoccupazione in Grecia?
La disoccupazione è scesa dal 26% del 2014 al 20% e ci aspettiamo che a fine settembre 2019 possa abbassarsi al 18 per cento. Stiamo implementando un mix di misure per cercare di affrontare la disoccupazione di lungo termine dando incentivi alle imprese affinché possano assumere con dei benefici fiscali nuovi dipendenti. Inoltre abbiamo creato nuovi meccanismi per una diagnosi più precisa che indichi agli uffici di collocamento quale siano i settori capaci di assorbire nuova manodopera. Vogliamo implementare politiche che siano capaci di profilare i disoccupati in maniera più dettagliata così da indirizzare l'offerta di lavoro verso il settore più idoneo.

Ma la cosa più importante è che in corso una ripresa importante nell'economia greca che a sua volta sostiene una ripresa interna della domanda e dell'occupazione. Ci sono infine degli incentivi fiscali per chi assume nuovi dipendenti.

Cosa farete sul tema della contrattazione collettiva oggi sospesa?
Abbiamo un accordo con le istituzioni sul tema. Il nostro governo vuole reintrodurre il sistema collettivo di contrattazione, attualmente sospeso, così da permettere di nuovo l’aumento dei salari. Inoltre dopo l’uscita dal programma di aiuti vorremmo aumentare il salario minimo così come avvenuto in Portogallo, che ha proceduto a incrementi annuali modesti ma continui. Questa sembra una buona procedura per ridare potere di acquisto ai dipendenti, ridurre la disoccupazione senza però danneggiare la ripresa economica.

Siete preoccupati del calo demografico per la sostenibilità del sistema previdenziale?
Sì, il calo demografico è un tema che colpisce l'Unione europea nel suo complesso, non è solo un problema greco. Questo è uno dei motivi per cui abbiamo proceduto alle riforme del sistema previdenziale nel 2016, per garantire la sostenibilità fiscale del sistema previdenziale nel lungo termine e fronteggiare così i cambiamenti demografici.

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