Di fronte alle applicazioni che Donald Trump fa del principio di “America First” – che sconfinano dall'imposizione di dazi fino a espliciti umori antieuropei – è inevitabile che l'Europa acceleri la ricerca di un approfondimento dei rapporti con un'Asia anch'essa spaventata dai forti venti di guerre commerciali: il vertice Ue-Cina di ieri e quello Ue-Giappone di oggi lanciano un messaggio forte in direzione della difesa del multilateralismo da un lato, e della volontà di incrementare le relazioni economiche reciproche dall'altro. Se oggi la Ue firmerà con Tokyo il maggiore accordo di libero scambio mai negoziato e una specifica intesa politica di “Strategic Partnership”, ieri a Pechino è abbondata la retorica sulla partnership strategica tra le due parti – da intendersi in senso più generico – ma si sono fatti anche piccoli passi avanti su temi su cui Bruxelles condivide almeno in parte i timori di Washington.
Il momento è favorevole a manifestazioni di buona volontà, tanto più che le tensioni commerciali non si sono ancora tradotte in pesanti conseguenze macroeconomiche. Nello stesso giorno in cui Pechino ha annunciato un ricorso formale al WTO contro gli ulteriori dazi minacciati da Trump, è emerso che il Pil cinese nel secondo trimestre è rallentato al 6,7% dal 6,8% precedente, ma con un export ancora in buona salute; tuttavia la forte frenata dell'aumento degli investimenti in asset fissi e il rallentamento della produzione industriale si coniuga con qualche segnale di affaticamento della domanda interna nell'indicare che l'economia cinese stia sicuramente perdendo slancio. Con la minaccia di nuovi dazi americani su export cinese per 200 miliardi di dollari, oltre a quelli già entrati in vigore, diventa ovvio l'interesse di Pechino a un rilancio dei rapporti con una Europa sempre più sgomentata da atti e parole di Trump.
Al di là delle firme di ieri su molti documenti, spicca l'accelerazione delle trattative bilaterali, languenti dal 2013, sugli investimenti, oltre che sul tema del riconoscimento delle Indicazioni Geografiche (questione che sta molto a cuore all'Italia, su cui si ipotizza un accordo entro ottobre). Il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, dopo aver definito “più importante che mai” la partnership con la Cina, ha salutato con soddisfazione il primo “scambio di offerte” sull'accesso al mercato sul fronte investimenti. D'altra parte, Juncker ha evidenziato che gli investimenti diretti europei in Cina sono scesi l'anno scorso a un minimo di 6 miliardi di euro, contro gli oltre 30 miliardi in direzione opposta: una dinamica che “riflette una preoccupazione tra i nostri investitori sugli oneri di regolamentazione e amministrazione che le società straniere talvolta devono affrontare in Cina”.
Come sul tema della tutela della proprietà intellettuale (su cui è stato firmato un “action plan” doganale), insomma, non bastano dichiarazioni e firme su documenti per risolvere problemi persistenti. Le posizioni politicamente comuni sono state enfatizzate su due questioni: la lotta ai cambiamenti climatici e soprattutto la difesa del sistema Wto, sia pure bisognoso di essere riformato. Al comune “fermo supporto per un sistema di trading multilaterale, aperto e inclusivo, trasparente e non discriminatorio, basate su regole, nell'ambito Wto” si aggiunge un impegno esplicito a “cooperare sulla riforma del Wto per venire incontro alle nuove sfide”, stabilendo un gruppo di lavoro congiunto, su questa riforma, a livello viceministerale”.
Significativo, infine, il memorandum d'intesa per il primo co-investimento in sinergia tra l'iniziativa cinese Belt and Road e l'Investment Plan for Europe. Mentre Trump mostra di voler indebolire e persino dividere l'Europa, la Cina non perde occasione per proclamare di desiderare una Europa forte e solida. L'avvicinamento tra Bruxelles e Pechino ha dei limiti, ma la situazione rende come minimo sempre più difficile per la Ue assecondare una linea dura anche su alcune questioni dove gli interessi europei non appaiono tanto distanti da quelli americani. Nel giorno dell'incontro Trump-Putin, il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk ha sottolineato che è un “dovere comune di Europa e Cina, America e Russia” di non distruggere l'ordine internazionale esistente ma di migliorarlo. E di evitare guerre commerciali che, da detto, spesso nella nostra storia si sono trasformate in veri conflitti.
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