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audizione al congresso

Powell (Fed): crescita Usa solida, aumento dei tassi in vista. «Protezionismo dannoso»

New York - L'economia americana procede a buon passo e giustifica oggi continui aumenti dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve. Jerome Powell, intervenendo all'audizione semestrale in Congresso sullo stato dell'espansione, ha dipinto un quadro ottimistico della crescita, affermando che nel secondo trimestre dovrebbe aver accelerato di nuovo «considerevolmente» il passo dopo un più magro 2% nei primi tre mesi dell'anno.

«L'economia statunitense - ha detto il chairman della Banca centrale al secondo appuntamento con i parlamentari da quando è in carica - quest’anno è finora cresciuta a un ritmo solido». Tanto che la Fed, quando si tratta di strategia di politica monetaria, «per ora crede che la miglior strada da percorrere sia quella di graduali incrementi» del costo del denaro. Accanto al giudizio positivo sull'economia, quel «per ora» è stato accolto come un segnale rassicurante a Wall Street, di continua cautela e attenzione della Fed a non danneggiare l'espansione.

Da gennaio la Banca centrale ha fatto scattare due strette di un quarto di punto, l'ultima a fine giugno che ha portato i tassi interbancari, cioè sui fed funds, nella fascia tra l’1,75% e il 2 per cento. E ne ha pronosticate altrettante entro fine anno, probabilmente a settembre e dicembre. Simili manovre, ha aggiunto Powell, sono intese ad «assicurare che l'attuale tendenza (economica, ndr) continui».

Il mercato del lavoro, in particolare, dovrebbe confermarsi un bastione della ripresa. «La disoccupazione è bassa e dovrebbe scendere ancora. Gli americani che vogliono un posto hanno buona probabilità di trovarlo». I senza lavoro erano il 4% a giugno e la creazione mensile di impieghi quest'anno si attesta a 215.000, un dato più che solido.

Di recente anche l'inflazione, in passato considerata anello debole dell'espansione, è tornata verso il target ideale del 2%, fatto che Powell ha ieri definito «incoraggiante», nonostante i salari continuino invece a languire (Powell ha citato tra le possibili ragioni una frenata nell'andamento delle produttività).

La formula della crescita americana, accanto a «robusti guadagni occupazionali», vede «incrementi nel reddito al netto delle tasse, fiducia tra le famiglie che ha sospinto la spesa al consumo» e «investimenti da parte del business che hanno continuato a marciare a passo salutare».

L’iniezione di stimolo fiscale in arrivo dalla riforma delle tasse varata da Casa Bianca e Congresso dovrebbe continuare a fare la sua parte nello spingere la crescita nel corso del 2018. Anche il comparto immobiliare e delle costruzioni, pur quest'anno senza slanci, rispetto ad anni passati mostra rilevanti miglioramenti. Nell'insieme, l'outlook vede rischi equilibrati tra possibilità di «inattesa debolezza» e una «crescita superiore a quanto attualmente prevista». Per il periodo tra aprile e giugno la Fed di Atlanta stima che la crescita del Pil abbia svettato al 4,5 per cento.

I rischi delle guerre commerciali

Le nubi delle tensioni commerciali, addensatesi nella battaglia di dazi e contro-dazi scatenata dall'amministrazione di Donald Trump contro potenze rivali (la Cina) come nei confronti di alleati (la Ue), non hanno ad oggi neppure eroso il contributo delle esportazioni. «La buona performance economica in altri paesi ha aiutato l'export e il settore manifatturiero statunitense», ha assicurato Powell.

Il chairman ha tuttavia lanciato un monito: ha detto che al momento è «difficile prevedere» quali saranno le ramificazioni per l'economia di quelle che ha definito alla stregua di «ampie discussioni sul trade senza precedenti». E ha rincarato: «In generale i paesi che sono rimasti aperti all'interscambio sono cresciuti più rapidamente», mentre «le nazioni che hanno imboccato una direzione più protezionistica hanno fatto peggio». Powell si è augurato che l'esito delle attuali incertezze sia alla fine un abbattimento di barriere, avvertendo che se invece porteranno a maggiori ostacoli sulla strada degli scambi di beni e servizi questo sarebbe «un danno sia per gli Stati Uniti che per altre economie».

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