BRUXELLES - Il tempo stringe e i rischi di un’uscita del Regno Unito dall’Unione senza un accordo di divorzio aumentano. I ministri degli Affari europei discuteranno della questione venerdì, 21 luglio. Nel frattempo la Commissione europea ha preparato un documento nel quale elenca le misure da prendere per mitigare gli effetti di una hard Brexit. Nei fatti, un Piano B. Tutti i campi sono coinvolti: dai trasporti alla salute, dalle qualifiche professionali al settore farmaceutico.
Il documento è stato chiesto dai Ventisette al vertice europeo di giugno. In quella occasione, i capi di Stato e di governo avevano domandato all’esecutivo comunitario e a tutti coloro coinvolti in un modo o nell’altro da Brexit «di accelerare il lavoro per prepararsi a tutti i livelli e per tutti gli esiti». In buona sostanza, i suggerimenti della Commissione riguardano due scenari relativi al 29 marzo 2019: un’uscita regolata da un accordo e un’uscita disordinata senza intesa.
Il testo, che mercoledì sera era in corso di approvazione da parte del collegio dei commissari, è un utile e preciso vademecum, non solo per le istituzioni comunitarie o per i governi nazionali, ma anche per le imprese e i cittadini. Ricorda quali sono le conseguenze di Brexit; cosa è prevedibile nel caso di una uscita ordinata; cosa è da temere nel caso di una uscita disordinata. Per ora, il negoziato tra le parti è ancora in alto mare: si discutono soluzioni sul divorzio e sulla frontiera irlandese.
Più interessante è l’analisi dello scenario peggiore: ossia di un’uscita di Londra senza accordo di divorzio. La Commissione ricorda che i cittadini europei residenti nel Regno Unito non beneficerebbero di alcun meccanismo specifico; che i trasporti tra Gran Bretagna e Ue farebbero i conti con un impatto severo; che il commercio sarebbe regolato dalle norme internazionali con significativi svantaggi rispetto alla situazione attuale.
In quest’ottica, l’esecutivo comunitario distingue tra misure di preparazione (preparedness) e misure cautelari (contingency). Le prime sono da adottare in tutti i casi, tenuto conto di quanto l’uscita anche ordinata cambierà radicalmente i rapporti con Londra. Le seconde, invece, riguardano più precisamente l’ipotesi di una hard Brexit. È da ricordare che solo un accordo di divorzio permette l’adozione di un periodo di transizione fino alla fine del 2020.
A otto mesi dall’uscita del Paese dall’Unione, a prepararsi devono essere anche gli operatori economici e professionali, esortati a prendere le proprie responsabilità nel gestire il rapporto con il Regno Unito, futuro Paese terzo. Un ruolo importante nell’aiutare cittadini e aziende hanno le autorità pubbliche, ma anche le associazioni di categoria. Quanto alle misure cautelari, queste devono servire «a mitigare gli effetti di un’uscita senza un accordo di divorzio e senza un periodo di transizione». Si precisa comunque che un Piano B non deve essere interpretato come è un segno di sfiducia sul futuro del negoziato, ma come un atto di responsabilità.
Nel suo documento, l’esecutivo comunitario ricorda che scelte legislative non spettano solo all’Unione, ma anche ai Paesi membri. La Commissione elenca sette campi nei quali misure di preparazione sono importanti. Sul fronte della sicurezza alimentare, Bruxelles ricorda la necessità di infrastrutture fisiche ai confini; mentre per quanto riguarda le qualifiche professionali inglesi, l’esecutivo comunitario suggerisce di chiedere fin da ora il riconoscimento europeo.
Inoltre, la Commissione sottolinea che medicinali prodotti in Paesi terzi sono sottoposti a particolari controlli al momento dell’importazione; che in assenza di una decisione di adeguatezza le imprese saranno chiamate a verificare se vi sono differenze normative nel caso di trasferimento di dati personali tra l’Unione europea e la Gran Bretagna; e che nel delicato campo dei servizi finanziari le imprese britanniche perderanno il passaporto che consente loro di operare nel mercato unico.
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