Un colpo al cuore - economico – della Libia. Non è passata nemmeno una settimana dall'accordo di cessate il fuoco tra milizie rivali a Tripoli, che hanno messo in pericolo la sopravvivenza del Governo di accordo nazionale, ed ecco che un nuovo e preoccupante episodio di violenza sta scuotendo la capitale della Libia. Questa volta ad esser stata colpita da un commando di ribelli, o di terroristi islamici (non è ancora chiaro), è la sede centrale della compagnia petrolifera nazionale (Noc).
L’ombra dell’Isis sull’attacco
Nella mattinata forti esplosioni seguite da colpi di armi da fuoco sono state udite all'interno della sede della Noc. Media
locali riportano che un commando di terroristi, sembra sei, abbiamo fatto irruzione nel compound aprendosi la strada con un
kamikaze (notizia ancora tutta da verificare). Per ora circolano notizie di sei feriti a cui è stato prestato soccorso e di
un numero non precisato di vittime (sembra almeno due).
Mustafa Sanallah, il presidente della Noc ha dichiarato all'emittente “al Libya” che tutti gli impiegati rimasti coinvolti
nell'attacco sono stati portati fuori dall'edificio. L'alto funzionario libico ha aggiunto di essere uscito dalla sede dell'azienda
pochi minuti dopo l'attacco.
Le forze militari governative, che fanno capo al ministero della Difesa del governo di accordo nazionale, hanno circondato
la sede della compagnia petrolifera. Si teme che possano essere entrati in azioni gruppi di estremisti islamici legati all'Isis.
Per qunato l'organizzazione terroristica sia stata smantellata nelle maggiori città, tra cui Sirte, nelle aree desertiche
sarebbero attive ancora cellule armate.
Lo scorso Maggio terroristi affiliati all'Isis avevano rivendicato l'attentato contro gli uffici della commissione elettorale
di Tripoli. Sempre l'Isis aveva rivendicato il sanguinoso attacco contro l'Hotel Corinthia nel 2015, sempre nella capital
libica, in cui erano morti anche diversi stranieri.
La Noc, il cuore economico della Libia
Attaccare la Noc equivale ad assestare un duro colpo al settore che tiene in piedi tutta la Libia, un paese che ricava da
greggio e gas naturale il 95 delle entrate governative e dell'export nazionale in valore. Per quanto sia stata colpito solo
il quartier generale, dove si trovano gli uffici, tutta l'industria petrolifera nazionale è ora in fermento. Con un messaggio
pubblicato dai dipendenti sulla pagina di facebook, la compagnia petrolifera Mellitah Gas and Oil, joint-venture tra l'italiana
Eni e Noc, ha deciso di evacuare i suoi dipendenti dagli impianti dalle città dell'ovest della Libia. “In seguito a quanto
sta accadendo ora nella sede della National Oil Corporation, per motivi di sicurezza e per garantire la sicurezza del personale,
l'amministrazione ha deciso di evacuare tutti i dipendenti dalla sede della società a Dahra, a Dat al Imad e a Tajura”.
Tripoli, una capitale ancora troppo vulnerabile
In attesa di conoscere gli ulteriori sviluppi, questo grave attentato mette in luce i diversi punti critici di cui è prigioniera
la Libia ed il suo Governo di accordo nazionale sostenuto dalla Comunità internazionale.
Le maglie della sicurezza della capitale Tripoli sono ancora molto larghe. Se gruppi armati riescono ad entrare con facilità
in quello che dovrebbe essere uno dei compound più blindati di tutto il Paese, è legittimo domandarsi quanto sia ancora vulnerabile
la capitale Tripoli e come le maggiori istituzioni possano cercare di funzionare correttamente.
“Il potente generale Khalifa Haftar, signore incontrastato della Cirenaica, ha sempre criticato l'operato della Noc accusandola di vendite sotto banco, di corruzione e di discriminazioni nei confronti della Cirenaica”
Il petrolio che divide, e non unisce la Libia
In secondo luogo, ancora una volta emerge quanto il petrolio, o meglio la spartizione della ricca torta energetica del Paese,
sia argomento di profonde divisioni tra le diverse milizie e forze armate presenti in un Paese da quattro anni spaccato in
due, tra Cirenaica e Tripolitania.
Il potente generale Khalifa Haftar, signore incontrastato della Cirenaica, ha sempre criticato l'operato della Noc accusandola di vendite sotto banco, di corruzione e di discriminazioni nei confronti della Cirenaica. Una situazione così tesa da aver spinto le autorità del Governo parallelo della Cirenaica ad aprire una seconda sede della Noc a Bengasi. Per quanto le forze di Haftar abbiano fino a poco fa controllato i maggiori terminali della Mezzaluna petrolifera (da cui viene esportato il 50% del greggio nazionale) , la Noc di Bengasi, definita non legittima da una risoluzione Onu, non è mai riuscita a vendere greggio, almeno ufficialmente, per suo conto. In luglio Haftar, le cui forze sono ancora dispiegate nei paraggi, ha così consegnato i terminali della Cirenaica nelle mani della Noc di Tripoli, ponendo delle dure condizioni che tuttavia non sono state soddisfatte.
Questa è la Libia di oggi. Ancora profondamente instabile, ancora spaccata in due, ancora a rischio di sprofondare in una nuova guerra civile. Gli attori internazionali impegnati nelle delicate trattative, tra cui l'Italia, devono superare le divergenze (soprattutto quelle tra Parigi e Roma) e trovare una linea comune per tracciare una credibile transizione democratica in cui siano coinvolte le diverse anime del Paese. E farlo in fretta. Perché se cade l'industria petrolifera, la Libia non avrà più futuro.
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