NEW YORK - «Un sacco di soldi torneranno in America grazie ai miei dazi». Nella serata di ieri, dopo la chiusura dei mercati, Donald Trump ha formalizzato la sua decisione largamente annunciata di imporre nuovi dazi contro la Cina. Le tariffe sull'import cinese entreranno in vigore il 24 settembre. Saranno del 10% in un primo periodo, ma saliranno al 25% dal primo gennaio. E interesseranno migliaia di prodotti di largo consumo importati dalla Cina negli Stati Uniti per un valore di 200 miliardi di dollari.
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La guerra commerciale tra le due principali potenze economiche mondiali sale di livello. I dazi su 200 miliardi di dollari di import decisi ieri, seguono i 50 miliardi di dazi americani anti-Cina, già in vigore da mesi, su acciaio e alluminio. Con questo secondo round di barriere tariffarie circa la metà di tutto l'import cinese che arriva negli Stati Uniti viene tassato.
Il ministro del Commercio cinese ha già fatto sapere che Pechino è pronta a imporre tariffe simili su 60 miliardi di dollari di merci americane esportate in Cina ogni anno, in risposta all'escalation commerciale di Trump. Muro contro muro.
In una nota diffusa dalla Casa Bianca, il presidente si dice pronto a decidere «immediatamente» un'altra ondata di dazi su ulteriori 267 miliardi di dollari di prodotti «se la Cina deciderà azioni contro i nostri agricoltori e le nostre industrie». «Per mesi abbiamo chiesto alla Cina di modificare le sue pratiche commerciali sleali, e di concedere un trattamento equo sulla base della parità di condizioni alle aziende americane», ha detto Trump. «Siamo stati molto chiari sul tipo di cambiamenti che devono essere apportati e abbiamo dato alla Cina ogni opportunità per trattarci in modo più equo. Ma, finora, la Cina non ha voluto cambiare le sue pratiche».
Dalla lista dei prodotti cinesi tassati la Casa Bianca ha stralciato 300 prodotti. Tra questi ci sono gli Apple Watch e gli
AirPods prodotti e assemblati in Cina.
Negli ultimi mesi l’economia cinese ha mostrato segnali di rallentamento con una diminuzione della spesa al consumo e un calo
degli investimenti infrastrutturali. La situazione rischia di peggiorare ulteriormente con i nuovi dazi americani.
Negli Stati Uniti, al contrario, l’economia sta conoscendo negli ultimi mesi un periodo di forte crescita, con il Pil che aumenta del 4% e livelli bassi di disoccupazione, grazie anche agli effetti della riforma fiscale che ha abbassato le imposte societarie (facendo schizzare il deficit) e all'onda lunga della ripresa economica partita nell'era Obama e continuata nei primi due anni dell'era Trump. I nuovi dazi si teme ora che possano impattare sull’economia americana poiché vanno a colpire molti prodotti di uso comune, prodotti che aumenteranno di prezzo nei prossimi mesi, come alimentari, elettronica di largo consumo, condizionatori, prodotti per la casa, mobili, lampade ricambi auto e così via.
L'associazione dei produttori manifatturieri e della grande distribuzione sostiene che gli Stati Uniti non hanno la capacità produttiva per sostituire i prodotti importati dalla Cina: saranno penalizzate le aziende americane che utilizzano componenti cinesi per produrre auto, televisori, computer, telefonini.
Gli economisti intravedono un rallentamento nella crescita economica americana a causa dei dazi: i ricercatori di Morgan Stanley hanno calcolato che quest'anno il Pil Usa scenderà di almeno uno 0,2% per effetto dei due round di barriere tariffarie imposte da inizio anno dall'amministrazione Usa.
La seconda ondata di dazi decisa da Trump mette la pietra tombale sui negoziati commerciali bilaterali tra Cina e Stati Uniti che in questi mesi hanno tentato inutilmente di lavorare a una soluzione diplomatica della crisi. I nuovi negoziati previsti per la fine del mese a questo punto, con estrema probabilità, salteranno. Yang Weimin, il vice direttore degli affari economici del Partito comunista cinese, domenica ha detto che la Cina non accetta di negoziare sotto pressione, con la pistola puntata alla tempia.
L'associazione americana delle industrie chimiche ha pubblicato una ricerca poche settimane fa nella quale sostiene che circa 28mila aziende tra società di distribuzione e società di lavoro interinale rischiano di scomparire per gli alti prezzi delle materie prime e dei prodotti importati dalla Cina compresi nei 200 miliardi di nuovi dazi che impattano sul settore.
Anche l'industria dell’hi-tech si è detta contraria ai nuovi dazi perché andranno a impattare «sui consumatori americani, mentre non cambieranno le pratiche commerciali cinesi».
Resta tutto da capire l’impatto che questa decisione avrà sui mercati mondiali nei prossimi giorni e qui, negli Stati Uniti, sulle prossime elezioni di midterm per il rinnovo della Camera e di un terzo del Senato. Mancano solo 50 giorni.
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