L’euro è sopravvalutato o sottovalutato? E il dollaro? Domanda difficile, alle quali a volte si risponde - il Fondo monetario internazionale si comporta così - usando insieme più modelli, molto complessi, per giungere a una valutazione inevitabilmente incerta. Oppure si usa il BigMac, l’hamburger della McDonald’s che ora festeggia i suoi cinquant’anni, attraverso il BigMac Index che l’Economist elabora dal 1986.
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La parità del potere d’acquisto
È un sistema “naif”, che si utilizza per avere una prima idea sul valore di equilibrio di una valuta (un altro sistema calcola
la media di lungo periodo). Non a caso fu introdotto quasi per scherzo dal settimanale economico britannico. Si basa su un
modello, piuttosto semplicistico, sull’andamento del cambio, quello della parità del potere d’acquisto: nel tempo, e immaginando
economie concorrenziali, zero dazi e zero costi di trasporto, i prezzi dei beni di due paesi diversi dovrebbero eguagliarsi.
Dal momento che questi prezzi sono espressi in valute diverse, il tasso di cambio dovrebbe muoversi in modo da rendere possibile
questa equiparazione. Diversi centri di ricerca economica o statistica si industriano a calcolare i cambi in base alla parità
del potere d’acquisto, utilizzando vasti panieri di beni.
Perché il BigMac
L’Economist invece usa il BigMac. Perché? Perché la McDonald ha spesso sottolineato, per ragioni pubblicitarie, che il panino
è uguale in tutto il mondo (e quindi “uguali” devono essere i prezzi). Non è esattamente così: i BigMac variano per peso,
per misure, per valori nutritivi. In India, per esempio, la carne non può essere di vitello, ed è infatti di pollo. Si assomigliano
molto però.
Un euro sottovalutato
Se si confrontano allora il prezzo di un BigMac negli Stati Uniti (per esempio 5,51 dollari, rilevato a luglio) e quello
in Eurolandia (4,04 euro) emerge che il cambio di equilibrio è 1,36 dollari (5,51 diviso 4,04). Dal momento che sui mercati
l’euro/dollaro non aveva superato, a luglio, quota 1,18, si può concludere che la valuta comune è sottovalutata. Secondo l’Economist
del 14,1%. Sopravvalutate, rispetto all’euro, sono franco svizzero, corona svedese, corona norvegese e dollaro canadese (oltre
a quello Usa, ovviamente). Sottovalutate le altre: il rublo del 55%, la lira turca del 51%,il peso argentino del 49%, il fiorino
ungherese del 35%, la sterlina del 10,6% L’Economist calcola anche un indice “corretto” in base al pil pro capite (una misura
del reddito), che dà valori diversi: l’euro, in questa seconda versione, risulta sopravvalutato del 5,1% rispetto al dollaro.
Strumento di analisi o di previsione?
Se ne può trarre la conclusione che nel tempo l’euro tenderà a salire verso il valore di equilibrio? Il mondo reale non è
così semplice. Il BigMac è un singolo prodotto e se può dare qualche indicazione utile (non mancano studi scientifici su
questa misura), è inevitabilmente impreciso. Le valute, poi, si muovono guidate più da fattori finanziari che commerciali
e le attese sui tassi di interesse hanno un peso maggiore dei prezzi dei bani. Senza contare che le previsioni sulle valute
sono soggette a forti incertezze: tirare una moneta, a volte, può dare risultati migliori.
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