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Servizio |il viaggio in russia

Salvini a Mosca con le imprese: «Il regime delle sanzioni finirà»

MOSCA - «Non è normale che io sia qui, di mercoledì pomeriggio - esordisce Matteo Salvini prendendo la parola in un hotel di Mosca all'Assemblea annuale di Confindustria Russia -. Voi dovreste essere in azienda, e io al ministero a occuparmi di antiterrorismo o di cyberattacchi. E invece ci troviamo qui insieme, a ragionare di assurdità». Va subito al punto: «Sono qui perché sono convinto che le sanzioni siano una follia economica, sociale e politica».

La prossima settimana, il 24 ottobre, Giuseppe Conte sarà in visita ufficiale a Mosca: incontrerà Vladimir Putin al Cremlino, terrà una conferenza stampa congiunta, assisterà alla firma di accordi economici, seguito dai grandi imprenditori italiani. È la consueta cornice istituzionale delle visite di Stato: e tuttavia mercoledì - circostanza meno consueta - è stato Matteo Salvini, vicepremier e ministro dell'Interno, ad atterrare per primo a Mosca, anticipando il presidente del Consiglio di una settimana. Invitato da Confindustria Russia, ha preso parte (nella parte ufficiale del suo soggiorno) ai lavori dell'Assemblea annuale dell'associazione che riunisce gli imprenditori italiani impegnati nel Paese.

È qui per ascoltarli, stile e circostanze sono diversi: il vicepremier è attento a rimarcare che è lui l'uomo che conta davvero in Russia, anche a scapito di altri. Con un approccio imprenditoriale più autonomo. «Salvini - commenta un osservatore italiano - interpreta bene, in modo istintivo ed efficace, il bisogno dei russi di avere un reale punto di riferimento».

Salvini entra a gamba tesa sul tema, attaccando l’Ue che sanziona la Russia mentre concede finanziamenti alla Turchia che occupa Cipro, o all'Ucraina per le tensioni religiose che stanno dividendo il mondo ortodosso. «Voi imprenditori italiani - dice - siete portatori di pace, non di interessi economici». Lo applaudono in continuazione: la ragione per cui Confindustria Russia lo ha invitato qui, spiega il suo presidente Ernesto Ferlenghi, è il bisogno di un governo che ascolti. Obiettivo dell'incontro era dare alle imprese la possibilità di condividere esperienze di successo, o le complicazioni incontrate sul mercato russo: «Per noi - gli dice Ferlenghi - lei è garante del fatto che gli interessi del business che lavora in Russia vengano presi in considerazione».

Ferlenghi fa una cifra: 12 milioni di euro al giorno è il calcolo delle perdite subite negli ultimi cinque anni dal business italiano a causa delle sanzioni imposte da Europa e Stati Uniti dopo la crisi ucraina del 2014, seguite dall'embargo russo sulle importazioni di generi alimentari europei e americani. Perdite che è scorretto ascrivere solo alle sanzioni e all'embargo, perché nel calo dei consumi russi più decisivi sono stati la crisi economica e la perdita di potere d'acquisto del rublo. Ma ora che l'economia russa ha imboccato la ripresa, temprata proprio dalle sanzioni che l'hanno spinta a diversificare ciò che produce, agli investitori stranieri chiede tecnologie e competenze, partnership come quelle di cui racconta all'Assemblea di Confindustria Valerij Bondarenko, presidente di Konar legata in diverse joint venture con aziende italiane nel settore dei macchinari e delle attrezzature oil and gas.

Sergio Comizzoli, direttore di Marr Russia, gruppo Inalca/Cremonini, ha ricordato la storia di successo di un'azienda sempre più coinvolta nella produzione locale di carne bovina, e che in Russia ha potuto fare da “ariete” ad altri che da soli non sarebbero riusciti a entrare in questo mercato. Comizzoli ha una richiesta per Salvini: «Con le sanzioni e le controsanzioni - spiega - si è chiuso per noi un mercato enorme. Il danno è economico, è la perdita di un mercato ma anche il fenomeno dell'Italian sounding (la diffusione di prodotti che si atteggiano a prodotti italiani, ndr)». Auspico che con la Ue si arrivi in modo ragionevole a una revoca o un ammorbidimento delle sanzioni», ha concluso Comizzoli.

Anche Pierroberto Folgiero, ad di Maire Tecnimont (engineering e costruzioni), ha affrontato le difficoltà delle piccole e medie imprese ad affrontare la localizzazione: «Noi siamo pronti a fare da locomotiva, perché abbiamo una filiera di altissimo livello tecnologico. Le grandi aziende hanno delle responsabilità». Perché è proprio questo tessuto industriale italiano fatto di piccole e medie imprese, spiega Eros Goi di Finest (finanziaria che promuove la cooperazione economica con i Paesi dell'Est europeo) a complicare il lavoro rispetto alla concorrenza di tedeschi e francesi. I quali, riconosce perfino Salvini, «possono avere tanti difetti ma quando si muovono lo fanno compatti». Enzo Papi, presidente del gruppo Termomeccanica (pompe industriali per l'estrazione e il trasporto di petrolio), ha messo l'accento sull'insensatezza di sanzioni che sono in realtà una testimonianza di diffidenza tra Europa, Russia e Italia che non ha ragione d'essere: «Se riusciremo a superarla - suggerisce Papi - ritroveremo margini di crescita».

«Quello che dico io - nota Ferlenghi -, è la voce di tutti i signori che sono qui. Abbiamo perso una parte del mercato russo, credo per sempre. Mentre i nostri concorrenti, imprese tedesche o francesi, sono cresciuti. Hanno maggiori garanzie, mentre per noi è diventato più complicato ottenere finanziamenti dalle banche italiane. Che pongono diverse domande: cosa vendete e a chi? L'acquirente non sarà nella lista dei sanzionati?». Abbiamo bisogno del suo sostegno, ripete a Salvini. Che assicura: «Farò di tutto per riaccompagnare nel mercato russo quanti più imprenditori possibile. Ce la metterò tutta, e un giorno il regime delle sanzioni finirà», promette alla platea che è venuta per sentire proprio questo. La sfida, osserva però una fonte, «è passare dalla demagogia a un discorso industriale strategico di medio e lungo termine».

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