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Germania, dilemma Cdu per il dopo Merkel

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Servizio |continuità o strappo?

Germania, dilemma Cdu per il dopo Merkel

Chiudere un’era significa aprirne un’altra, e la Germania ha iniziato a fare i conti con le incognite ramificate provocate dalla lenta uscita a tappe di Angela Merkel, una protagonista assoluta del palcoscenico politico tedesco nell’ultimo ventennio. La nomina del leader della Cdu, sancita il 6 dicembre al Congresso del partito ad Amburgo, avrà infatti implicazioni profonde sul destino (e sulla tenuta) dell’attuale Grande Coalizione, sulle elezioni europee del 2019 e su quelle prossime federali in Germania, e anche sulla cancelleria dal 2021: se la nuova leadership della Cdu non andrà d’accordo con la cancelliera, questa incompatibilità potrebbe accorciare la vita alla GroKo e addirittura far precipitare il Paese in elezioni anticipate, lo scenario peggiore per i tre partiti dell’establishment (Csu, Cdu e Spd) in caduta libera nel consenso degli elettori dal settembre 2017.

I tre candidati che si sono fatti avanti finora per prendere il posto della Merkel alla guida della Cdu rappresentano correnti divergenti e diverse interne al partito. La cancelliera ha detto che non si intrometterà in quello che deve rimanere un libero processo democratico: ma non è segreto che appoggerà l’attuale segretario generale Annegret Kramp-Karrenbauer, che ha alle spalle un successo elettorale nella Saarland (40,7% nel 2017 contro il 35,2% del 2012), è altrettanto moderata (piace il suo modo informale e diretto) e rappresenterebbe la continuità. AKK, divenuta segretario del partito grazie alla Merkel, è una politica di lungo corso e di merkeliano pragmatismo: a carnevale si traveste da donna delle pulizie, forse un richiamo alla casalinga sveva (che in Italia è di Voghera), ricorrente nei discorsi della Merkel.

Ma per molti è stata la stessa Merkel la fonte principale della disaffezione dell’elettorato, per un errore politico una tantum come quello dell’apertura ai rifugiati nel 2015 o per un metodo oramai logoro della ricerca a oltranza del compromesso: una corrente importante nel partito preme per voltare pagina, anche se non è chiaro fino a che punto intenda rischiare una nuova linea agli antipodi con quella della Merkel.

Nel segno della discontinuità, soft oppure hard, si sono presentati due candidati che non amano la cancelliera: l’attuale ministro federale della Sanità Jens Spahn e l’ex leader del gruppo parlamentare Cdu-Csu Friedrich Merz. Spahn ha 38 anni, gay, è a capo della corrente dei giovani del partito e si posiziona a destra della Merkel. Sull’immigrazione, Spahn è stato molto più duro (come sulle norme sugli aborti) ma da quando dirige la Sanità ha ammorbidito i toni. Rappresenterebbe il cambiamento generazionale, e darebbe una sterzata a destra, ma verrebbe visto anche come un discepolo della Merkel essendo ministro nel suo governo.

Merz invece, che rappresenta il mondo del business e della finanza, è antagonista e rivale della Merkel: si dovette dimettere dal ruolo di leader del gruppo parlamentare nel 2002, per volere della leader della Cdu che vedeva in lui un temibile antagonista, pupillo di Wolfgang Schäuble. Merz, 62 anni e dal 2009 fuori dalla politica e dal Bundestag, ha dichiarato ieri che il partito ha bisogno di un «nuovo inizio» anche se lui è il passato che ritorna. La comunità degli imprenditori e delle banche comunque gli sta già dando apertamente supporto: la tendenza verso il centrosinistra della Merkel verrebbe corretta da Merz che sarebbe più incisivo su sfide come Brexit, digitalizzazione, intelligenza artificiale, spesa pensionistica in vista dell’invecchiamento della popolazione. Il tanto atteso taglio alla corporate tax, in un momento in cui gli Usa e la Francia stanno surclassando la Germania, è un altro tema caldo pro-Merz. Ma un leader della Cdu in rotta di collisione con la cancelliera Merkel sarebbe un cambiamento ad alto costo. Per questo dietro le quinte si muovono anche Peter Altmaier e Ursula von der Leyen, ministri dell’Economia e della Difesa molto vicini alla Merkel, e il moderato Armin Laschet, premier in Renania Settentrionale-Vestfalia

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