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Il disagio degli hedge fund a caccia di leader moderati

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nel distretto dei fondi d’investimento

Il disagio degli hedge fund a caccia di leader moderati

Esce da una tabaccheria, sigaro in mano, e s’accomoda in un caffé poco lontano. Niente divisa giacca e cravatta, un comodo maglioncino sportivo. L’apparenza non inganni: Cliff Asness è il 52enne co-fondatore e cervello di AQR Capital Management, colosso dei fondi d’investimento e pioniere dei Quant, gli hedge fund quantitativi. Patrimonio personale 3,6 miliardi; asset in gestione 226 miliardi. L’ufficio è a poche centinaia di metri, nei palazzi di vetro oscurato di Greenwich Plaza. Già, Greenwich, la capitale informale dei fondi, in passato cassaforti elettorali repubblicane. Non più. Asness si schermisce con un “no comment” sulle combattute elezioni di Midterm, diventate referendum nazionale sulla leadership di Trump. Su Twitter non fa però “hedging”, si sbilancia: conservatore classico, alfiere del libero mercato, dà voce al disagio sul presidente. A epiteti di Trump contro i critici d’una delle sue ultime uscite - correggere per diktat la Costituzione e negare la cittadinanza a chi nasce da immigrati illegali «invasori» - risponde: «È terribile quando qualcuno insiste a pronunciarsi su ciò di cui non sa nulla». Agli attacchi di Trump alla Fed e al suo chairman Jay Powell replica terso: «Che sciocchezza».

Il disagio di Asness per il populismo aggressivo e ultra-conservatore è lo stesso che serpeggia nella comunità finanziaria. Un ripudio di comportamenti più che di politiche, ma comportamenti che spesso oggi fanno politica. Un gestore che preferisce l’anonimato riassume la speranza diffusa: che Trump, finita una benvenuta deregulation e riforma delle tasse, sia un raro presidente da singolo mandato. I fondi, aggiunge, guarderanno ai “papabili” democratici che emergeranno in vista del 2020, auspicando personalità moderate e popolari alla Joe Biden.

Tanti questa attenzione la presteranno proprio da Greenwich, cuore della Gold Coast, la costa d’oro del Connecticut. Un riferimento esplicito al ruolo dell’alta finanza: a mezz’ora da New York, ospita gran parte dei 400 gruppi d’investimento dello stato con asset per 750 miliardi stando a Bruce McGuire, direttore della locale Hedge Fund Association. Per asserire nuova autorevolezza e indipendenza, a metà novembre McGuire ha orchestrato una “Davos degli hedge” - la tre giorni del Greenwich Economic Forum. Tra decine di partecipanti di prestigio, accanto ad Asness, ecco Ray Dalio, una fortuna da 18,1 miliardi e alla guida di Bridgewater con 160 miliardi in gestione. Ecco Paul Tudor Jones. Tra le bucoliche strade pullulano anche le ville - e le tenute - di altri re Mida: residenti di lusso quali Steven Cohen, di controversa fama Sac Capital, inciampata nell’insider trading, e fondatore di Point72. O Stephen Mandel di Lone Pine Capital e Mario Gabelli di Gamco.

Nel 2018 questa “costa d’oro” ha tradito aperta insofferenza, prima che alle urne, con il voto del suo portafoglio. Le cifre delle donazioni politiche in due anni si sono ribaltate. L’associazione OpenSecrets alla categoria hedge evidenzia il 64% dei 28 milioni in contributi individuali a favore dei democratici e il 36% per i repubblicani, rispetto a 48 contro 52%. I casi eclatanti di “tradimento” si sono moltiplicati: Seth Klarman, gran gestore nel vicino Massachusetts e noto contribuente conservatore, stavolta ha puntato tutto sugli ex avversari. Più difficile calcolare la spartizione dell’intero tesoro immesso dal settore, oltre 100 milioni, compresi finanziamenti a campagne tematiche; anche qui però propende per democratici e liberal con debite eccezioni, Point72 e Elliot. È un ribaltone che rispecchia la dinamica nei servizi finanziari e immobiliari, dove i democratici superano i repubblicani con il 49,9 contro il 49,8%.

McGuire chiarisce i crescenti limiti del sostegno ai repubblicani dell’era Trump. Apprezza «politiche pro-business, quali il taglio delle imposte» e qualche giro di vite nei rapporti con la Cina. Ma inorridisce ad «atteggiamenti» e «intemperanze», anzitutto verso la Fed, volte a trasformare «il mercato azionario in un plebiscito per la sua presidenza». Chris Marangi, da 16 anni a Gabelli con uffici tra Greenwich e Rye, prevede un esito ecumenico nel Midterm - Camera democratica, Senato repubblicano - ma è innervosito da una sgradita volatilità in agguato tra tensioni globali e domestiche che la Casa Bianca incita. E Dalio e Tudor Jones vogliono portare alla ribalta sfide epocali che vanno ben oltre le elezioni di martedì e si scontrano con una politica che appare gretta e inadeguata.

Jones suggerisce «un capitalismo riformato», citando la crescente sperequazione di cui la contea di Fairfield che ospita Greenwich, la più iniqua dello Stato, si fa esempio. Dalio teme «il prossimo rovescio in una fase di polarizzazione sociale e politica simile agli anni 30. Abbiamo crescente populismo nel mondo perché il capitalismo non sta funzionando per molta gente che si sente impotente. Una crisi moltiplicherà conflitti interni ed esterni». Asness, scegliendo l’ironia, si ispira ai fumetti di Capitan America per auspicare l’avvento d’un “eroe” anti-Trump: «Non vanta poteri speciali, è patriottico ma non una caricatura, è scettico e profondo». Un costume che al presidente andrebbe decisamente largo.

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