NEW YORK - Ogni secondo che passa Amazon spedisce 400 pacchi nel periodo di picco degli acquisti natalizi o dei saldi. Nei cinque secondi che avete impiegato per leggere questa frase ha già inviato 2mila articoli in tutto il mondo. Jeff Bezos nel 1995 ha fondato il sito di e-commerce come libreria nel garage di casa. Oggi è l'uomo più ricco del mondo. La sua società è leader di mercato in 15 Paesi, tra i più sviluppati.
Si stima che metà della popolazione mondiale abbia acquistato almeno una volta su Amazon, che ormai vale di più dei primi 10 global retailer messi assieme: a settembre ha superato i mille miliardi di capitalizzazione
– ora è scesa a 770 miliardi – nel 2017 ha fatturato 177,9 miliardi di dollari (erano 136 nel 2016). Nelle metropoli americane,
dove sono tutti abbonati al servizio Prime per le consegne veloci, si compra ormai quasi solo online. I marciapiedi delle
città al mattino si animano di nuovi oggetti di arredo urbano: le scatole di cartone vuote con i loghi azzurri su sfondo nero
di Amazon Prime.
Bollettino di guerra
L'e-commerce sta ridisegnando il settore del retail. Chi riesce a rinnovarsi e a mettersi in scia si salva, chi non riesce
porta i libri in tribunale. Qualche settimana fa è toccato a Sears. Durante l'anno sono stati almeno 15 i retailer negli Stati
Uniti a finire in bancarotta, più o meno noti. L'elenco sembra un bollettino di guerra: Nine West, Claire's, The Walking Company,
The Bon-Ton Stores, Toyr R Us, Remington Outdoor, A'gaci, Kiko Usa, Bertucci's, Southeastern Grocers, Tops Markets, Brokstone,
National Stores, Mattress Firm.
Diversi operatori chiudono, tutti soffrono la potenza “disruptive” delle vendite digitali: negli ultimi due anni hanno annunciato
massive chiusure di punti vendita – 6.885 store chiusi negli Usa nel solo 2017 secondo Deloitte - e tagli al personale marchi
noti del retail come J.C. Penney, Macy's, Nordstrom, Barnes & Noble, Costco, Foot Locker, Kohl's, Finish Line.
Un pezzo di storia americana
La bancarotta di Sears ha destato un certo scalpore negli Stati Uniti perché questa società era un pezzo di storia americana. Fondata 132 anni fa
a Minneapolis da Richard W. Sears che cominciò vendendo orologi ai capistazione - grazie al suo celebre catalogo di vendita
per corrispondenza Sears, Reobuck & Co., sorta di Amazon ante litteram - nel Novecento ha permesso alle merci di arrivare
ovunque, nei villaggi più piccoli dell'America profonda, nell'epoca in cui non c'erano ancora i negozi. Sul suo catalogo di
oltre mille pagine – il volume più diffuso dopo la Bibbia negli Stati Uniti - si poteva comprare di tutto: dai materassi all'oppio,
dai cappelli floreali per le signore ai frigoriferi, fino a un'intera casa da costruire. Nel secondo dopoguerra arrivarono
gli store di Sears, più di 300 in tutta la nazione. Fino agli anni Novanta e all'avvento di Walmart, Sears è stata la prima
società mondiale nella grande distribuzione, con 350mila dipendenti. Un lungo declino, i troppi debiti e il calo delle vendite
l'hanno portata al fallimento. La capogruppo Sears Holdings ha presentato richiesta di accesso al “chapter 11 presso il tribunale
fallimentare di White Plains, stato di New York. I creditori hanno accettato di tenere aperti i negozi fino alla prossima
stagione dello shopping che si preannuncia da record, ma vantano debiti per 10 miliardi di dollari. Le azioni dai 120 dollari
del 2007 sono scese ai 40,7 centesimi di ora.
Mnuchin nel board di Sears
Sul fallimento di Sears è intervenuto persino il presidente Trump, un fastidioso sassolino nella scarpa per la sua teoria
dell'America First: 68mila americani con la chiusura della società perderanno il loro lavoro. Trump ha detto che il fallimento di Sears è stato
causato da anni di scelte manageriali sbagliate. Amazon non c'entra. O, almeno, non solo. La principale scelta sbagliata è
stata quella di puntare solo al taglio dei costi, mentre i competitor come Macy's e Kohl's cercavano di reinventarsi, rinnovando
i loro magazzini e investendo per costruirsi un futuro nell'era digitale. Centrale è stata la figura di Edward Lampert, hedge
fund manager che nel 2005 rilevò la società unendola alla catena Kmart. All'epoca i giornali americani lo descrivevano come
“il prossimo Warren Buffett”. Oggi ne parlano come di un “pirata finanziario” accusato di aver scorporato o venduto gli asset migliori della società:
nei 13 anni della sua gestione, tra Sears e Kmart, ha chiuso 2.800 magazzini, e ceduto gli spazi commerciali a società immobiliari.
Steven Mnuchin, attuale segretario al Tesoro Usa, è stato compagno di stanza di Lampert a Yale, ed ha occupato una poltrona
nel cda di Sears dal 2006 al dicembre 2016, quando è entrato a far parte dell'amministrazione Trump.
Asia e Medio Oriente driver della crescita
Amazon, dunque, ha cambiato le regole del gioco. Ma il settore non è affatto in crisi per chi ha saputo rinnovarsi. Il Global
retail market report 2018 parla di un settore che vale 23.420 miliardi di dollari nel 2017, e che nei prossimi cinque anni
avrà un tasso di crescita composto del 5,3% (Cagr), vale a dire un incremento dei ricavi nel mondo a 31.881 nell 2023. Insomma
la crescita c'è, cambia il modo di fare business: il mercato del retail è ritenuto maturo e ad alta competitività nelle economie
sviluppate di Europa e Nord America. La crescita maggiore arriva da Asia e Medio Oriente.
“L'e-commerce è triplicato negli ultimi tre anni fiscali. Tuttavia, nel complesso, vale appena l'1,5% del mercato rispetto al totale delle vendite retail in tutto il mondo”
Lo smartphone guida ormai le scelte di acquisto nei canali e-commerce, ma anche le scelte nei negozi fisici prima passano
attraverso ricerche digitali. L'e-commerce è triplicato negli ultimi tre anni fiscali. Tuttavia, nel complesso, vale appena
l'1,5% del mercato rispetto al totale delle vendite retail in tutto il mondo. Cina e India sono i due Paesi con la maggiore
diffusione delle vendite online. L'Asia Pacifico è il principale driver del mercato, nel 2017 pesava per circa il 30% sul
totale globale, con una elevata domanda di prodotti di alta qualità. Il secondo mercato per il retail resta quello americano
con una quota del 25%.
Dal sito al negozio
Un fenomeno interessante è l'apertura di store fisici da parte delle società di e-commerce. Amazon, su tutte ma non è la sola.
Il gruppo di Bezos con l'acquisizione miliardaria della catena Whole Foods nell'agosto 2016 ha avuto accesso a 450 supermercati
in tutti gli Stati Uniti per la vendita del “fresco”. Ora ha un piano per aprire 10 negozi Amazon Go entro l'anno, librerie
fisiche dove i volumi sono esposti in ragione delle preferenze dei clienti riscontrate sul web. Le librerie saranno 50 nelle
principali città occidentali entro il 2019 e addirittura 3mila entro il 2021. Amazon secondo i dati di Consumer Intelligence
sarebbe comunque vicina al punto di saturazione per il numero di abbonati al suo servizio Prime, principale motore della crescita
delle vendite. Abbonati che nell'ultimo anno sono saliti dell'8%, al livello più basso dal 2012. La concorrenza degli operatori
tradizionali che si sono attrezzati per l'e-commerce e soprattutto per la consegna a domicilio della spesa comincia a farsi
sentire.
La rivincita di Walmart
Walmart è quella più avanti nella strategia per resistere all'avanzata di Amazon. Ha investito molto sul digitale con acquisizioni,
per allargare il catalogo online oltreché la rete per le consegne a domicilio che a fine anno raggiungeranno il 40% delle
case degli americani in giornata. Servizio gratuito oltre i 35 dollari di spesa nelle città. Per gli investimenti sul digitale
la prima società mondiale della grande distribuzione ha rivisto al ribasso le stime su utili e ricavi per l'anno fiscale in
corso che si concluderà il 31 gennaio 2019. I risultati arriveranno: negli ultimi mesi il canale e-commerce è cresciuto del
35%. Il numero di clienti nei suoi store è aumentato del 2,2%, così come la spesa media per cliente che è salita.
Sul sito Walmart.com nell'ultimo anno sono stati aggiunti oltre 1.100 marchi, dal surf O'Neil all'attrezzatura per ciclismo di Shimano. Secondo uno studio di Rakuten Intelligence le vendite online di Walmart negli Stati Uniti sono salite tanto da essere ormai considerate la “top alternative” ad Amazon per i consumatori americani.
Amazon ha il primo posto nella market share delle vendite online Usa con il con il 46%, seguita da EBay (7,4%) e da Walmart salita al terzo posto con il 4,3% delle vendite online. Walmart cresce soprattutto nel servizio “pickup
today”, raddoppiato in pochi mesi. La controllata Jet.com ha aperto un centro di distribuzione a New York del fresco per le
consegne in un giorno ai millennials. Poi ci sono i nuovi mercati in Asia. Walmart ha appena acquisito per 16 miliardi la
quota di maggioranza di Flipkart primo gruppo di e-commerce in India. In Cina Walmart è il primo operatore nel retail attraverso
la joint venture con il sito JD.com.
Alleanza tra due mondi
La tecnologia ha cambiato le modalità di spesa e ridefinito la customer experience sia online che offline. In modo rapidissimo.
Ormai l'interazione digitale condiziona le scelte d'acquisto per 56 centesimi su ogni dollaro speso negli store fisici, il
36% in più rispetto a tre anni fa. È vero che Amazon ha scalato rapidamente la classifica mondiale dei retailer, ma è solo
al sesto posto in termini globali. I giganti della Gdo come Walmart sono più grandi e potenti di sempre. Continuano a entrare
in nuovi mercati e a espandersi in nuove categorie di prodotti e a testare nuove tecnologie per migliorare le esperienze d'acquisto.
La Cina (+52%) è il Paese che cresce di più nella spesa online da “mobile”, seguita da Corea del Sud (+41%), Regno Unito (+8%), Francia (+7%), Giappone e Stati Uniti (+5%). La strada sembra essere quella di un'alleanza tra i due mondi. Anche perché le vendite retail non stanno diminuendo: come detto al contrario il 90% delle -vendite mondiali avviene ancora in negozi fisici. Un report di Kpmg riassume i trend del retail nel 2018 in pochi punti: la customer experience resta la chiave del successo, non solo la politica di prezzo. Per raggiungere i clienti ci vuole un giusto mix tra e-commerce, digitale e negozi fisici. Cruciali sono le nuove tecnologie, come l'intelligenza artificiale o i social per orientare le scelte di acquisto. I clienti ci sono, sono solo cambiati. Il settore retail in questo scenario data-driven è chiamato a ridisegnare le sue strategie. Cambiamento rivoluzionario, costoso e estremamente rapido.
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