Sotto le bordate inferte a colpi di dazi dagli Stati Uniti, vacilla l’intero sistema che regola il commercio mondiale, insieme alla sua incarnazione: la World Trade Organization. Il simbolo della globalizzazione e pertanto uno dei bersagli preferiti della Casa Bianca di Donald Trump. Mai come negli ultimi due anni è stato in discussione il destino dell’organismo con sede a Ginevra, dal 2013 guidato dal direttore generale Roberto Azevedo che ribadisce la necessità di regole condivise per evitare «la legge della giungla».
Che ruolo può avere la Wto in un mondo sovranista?
Quando le cose vanno bene, quando tutti sono per il libero scambio e l’economia mondiale cresce, la Wto è data per scontata. È quando si inizia a vedere questa tentazione verso l’unilateralismo, questo rigetto per il commercio e la globalizzazione, che la Wto diventa più importante. Perché è per questo che il sistema commerciale esiste: per scongiurare queste tendenze. Come accaduto dopo la recessione del 2008: anche allora c’era una spinta verso simili misure, ma il diffuso protezionismo che si temeva non si è materializzato, in gran parte, proprio per l’esistenza della Wto. Oggi, la Wto può aiutare, fornendo le regole che impediscono agli Stati di spingersi troppo in là, per quanto possibile.
Crede sia possibile disinnescare le tensioni commerciali o teme che l’escalation sia inevitabile?
No, c’è sempre la possibilità di fermare l’escalation. Il modo migliore è attraverso il dialogo. C’è spesso la tentazione di prendere la situazione in mano e far da sé, perché aggiustare le cose attraverso un’architettura multilaterale come la Wto richiede più tempo, è più difficile. Ma il sistema multilaterale esiste proprio per evitare le escalation. Le tensioni non svaniranno da sole. Non possiamo incrociare le dita e sperare che tutto vada bene. Dobbiamo impegnarci, far dialogare i leader politici, cercare il modo di allentare le tensioni. Ed è quello che sto facendo.
Gli Usa chiedono con forza la riforma del sistema commerciale, lamentano che permetta pratiche distorsive e puntano il dito soprattutto sulla Cina. Ora ci sono proposte avanzate dagli stessi Usa, Europa e Giappone. Che ne pensa?
Gli Usa hanno denunciato di avere problemi su una serie di aree, come i sussidi all’industria, il trasferimento forzato di tecnologie, le aziende statali, la mancanza di trasparenza. Altri Stati indicano altre questioni. La discussione sulla riforma della Wto e sulla possibilità di rafforzare e migliorare il sistema multilaterale può affrontare alcune di queste preoccupazioni. È una cosa benvenuta. Ovviamente ci sono punti di vista differenti e spetta agli Stati decidere cosa viene discusso, come e quanto in fretta.
Lei è ottimista?
Io sono un ingegnere di formazione: un ingegnere non può essere ottimista, né pessimista, deve essere realista. Credo sia possibile raggiungere risultati. Certo, sarà difficile.
Il settore privato può avere un ruolo nella riforma del sistema commerciale?
Assolutamente. È il settore privato a vedere immediatamente gli effetti delle politiche governative e a comprendere meglio come funzionano le cose nella realtà. È molto utile ascoltarne opinioni, suggerimenti e preoccupazioni. Ed è quello che stiamo facendo.
C’è chi crede che la Wto non sia più in grado di raggiungere accordi generali e che a questo punto sarebbe meglio procedere con trattati regionali. Questo non marginalizzerebbe la Wto?
Per nulla. Quasi tutto ciò che abbiamo qui alla Wto è cominciato non a livello multilaterale, ma con accordi regionali, bilaterali o plurilaterali. Perché è più facile negoziare tra pochi Paesi. Se questi accordi funzionano bene, vengono portati alla Wto, e se accettati da tutti, diventano accordi multilaterali. I negoziati bilaterali o regionali non sono in competizione con quelli multilaterali, li completano.
Come si affronta il problema delle persone che perdono il lavoro a causa della globalizzazione?
L’80% dei posti persi oggi, non è perso a causa delle importazioni o di qualche sorta di forza straniera. Sono posti persi a causa dell’evoluzione delle tecnologie, che sostituiscono i lavori tradizionali. Da un lato si perdono posti, dall’altra se ne creano di nuovi. Oggi c’è però un grande scarto tra le opportunità che esistono nell’economia e le competenze della forza lavoro. Il problema è che il lavoratore che perde il posto non necessariamente ha le competenze richieste per svolgere gli impieghi che si creano nei settori più dinamici dell’economia. Negli Usa, otto milioni di posti restano vacanti semplicemente perché le aziende non riescono a trovare personale con le competenze necessarie. Secondo Dell, l’80% dei posti che saranno creati entro il 2030, oggi non è ancora stato inventato. Il mondo e il mercato del lavoro cambiano in modo radicale. L’unico modo per adattarsi è fornire alla forza lavoro le competenze necessarie per la prossima fase della rivoluzione industriale. Serve una strategia a lungo termine, un impegno a lungo termine. Ma c’è una discrepanza tra i tempi della politica e quelli dell’economia. I politici guardano alle prossime elezioni. E questo tipo di impegno non dà risultati dal giorno alla notte, ha tempi più lunghi. Allora è più facile dare la colpa alle importazioni, alla globalizzazione o a qualsiasi cosa che non abbia nulla a che vedere con quello che i politici possono davvero fare.
Gli Usa stanno bloccando la nomina dei membri dell’Organo di appello del Sistema di soluzione delle dispute commerciali della Wto. Quali effetti può avere la sua paralisi?
Questa è una cosa molto preoccupante. Oggi abbiamo solo tre membri nell’Organismo d’appello e per la fine dell’anno scenderemo sotto questo numero, se il blocco continuerà. Tre è il minimo richiesto per il funzionamento dell’Organo di appello. Quando si scenderà al di sotto di questa soglia, sarà la paralisi e tutto il sistema di soluzione delle dispute commerciali sarà compromesso. Stiamo cercando di risolvere il problema, discutendo in particolare le preoccupazioni che gli Usa hanno, dato che sono loro a bloccare la nomina dei membri dell’Organo di appello. Al momento, il confronto non è andato molto avanti, quindi ancora non sappiamo cosa serve per risolvere la situazione. Ma cercheremo di trovare al più presto una soluzione accettabile per tutti.
E se non fosse possibile trovare una soluzione? Sarebbe la legge della giungla, liberi tutti di fare quello che si vuole, senza rispetto per le regole della Wto?
Credo che gli Stati stiano guardando la cosa con molta attenzione, stanno anche esplorando opzioni che permettano al sistema di continuare a funzionare. Credo che i membri comprendano molto bene le conseguenze della legge della giungla e penso che alla gran maggioranza di loro non piacerebbe uno scenario simile.Perciò confido che faranno del loro m
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