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Servizio |la bocciatura dei sovranisti

Manovra, anche l’Ungheria non fa sconti: rispettare le regole

L’internazionale sovranista sembra sfaldarsi prima ancora di nascere. Se non sulla gestione dei flussi migratori (argomento peraltro spinoso quando non si tratta solo di respingere i profughi in mare o con il filo spinato, ma di condividerne la ricollocazione), è sul Fiscal compact, quindi sul rispetto dei patti di bilancio, che i governi populisti dell’Europa che avanza si stanno dividendo, prendendo le distanze dall’Italia. La finanziaria a debito del governo italiano, già bocciata dall’Austria e osteggiata perfino dalle destre anti-europee del Nord, è stata stroncata ieri dal governo ungherese: «Le regole dell’Unione europea ci sono e vanno rispettate», ha spiegato Zoltan Kovacs.

Sul biglietto da visita c’è scritto “portavoce del governo di Viktor Orban”, ma Kovacs è molto di più, è il ministro della Propaganda internazionale, l’inviato del premier ungherese nelle capitali occidentali, la sua parola è quella di Orban, su temi tanto sensibili a maggior ragione. Come al solito l’ha presa larga, con arguzia e modi felpati, ha fatto capire che in questi giorni a Roma vedrà Matteo Salvini, ha rinnovato la dichiarazione d’amore verso l’Italia, e ancora di più verso l’Italia populista della Lega e dei Cinquestelle. Ha anche tratteggiato la nuova Unione sovranista che verrà dopo le elezioni europee di maggio: «Non facciamo previsioni – ha detto – ma se guardiamo alle novità politiche in Italia, Austria e anche in Germania, possiamo aspettarci qualche novità, avremo probabilmente un Parlamento europeo molto diverso da quello attuale».

Poi, sulla manovra di bilancio italiana, non si è tirato indietro e, pur con molta diplomazia, ha dettato la linea di Budapest agli amici di Visegrad, Polonia inclusa: «Non siamo abituati a intrometterci nelle vicende degli altri governi. C’è una discussione in corso tra la Commissione europea e Roma. Ma la recente storia del nostro Paese – ha detto - insegna che è possibile rilanciare la crescita economica e ridurre la disoccupazione rispettando il patto di stabilità che tutti abbiamo sottoscritto in Europa. Il nostro governo ha ereditato un Paese in piena recessione nel 2010 e l’ha guidato verso una fase di espansione costante e sostenuta facendo allo stesso tempo grande attenzione a restare dentro i parametri comunitari sul deficit e sul debito».

La stessa Commissione europea che ha più volte manifestato forti perplessità sulla deriva antidemocratica dell’Ungheria, ha sempre riconosciuto i risultati economici ottenuti da Orban, anche utilizzando i fondi europei. aprendosi agli investimenti diretti dall’estero e agganciando la ripresa della Germania, per estremo paradosso del nazionalismo e dell’euroscetticismo. Il debito è sceso al 71% del Pil, il deficit supera di poco il 2% e la crescita quest’anno si confermerà al 4% del 2017. Altri numeri insomma rispetto all’Italia.

Ieri a Palazzo Falconieri, nelle sale romane dell’Accademia d’Ungheria, Kovacs ha mescolato la solita trita retorica sui migranti, ha ribadito la necessità di una forza militare per la difesa comune dei confini e ha rivendicato maggiori risorse dal prossimo budget europeo da definire per il periodo 2021-2027.

Non si è spinto a dichiarare che l’Ungheria voterà per aprire contro l’Italia una procedura di infrazione su debito. Ci è andato però vicino: «Serve coerenza e bisogna avere una strategia di lungo termine i governi nazionali hanno gli strumenti per rilanciare l’economia. Senza per questo infrangere le regole europee. Perché le regole sulla stabilità vanno rispettate, da tutti». La manovra italiana così non va: parola di Zoltan Kovacs, e quindi di Orban, e quindi dei sovranisti europei.

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