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Nove Paesi contro Facebook: «Sapeva del Russiagate». Ma…

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al parlamento inglese

Nove Paesi contro Facebook: «Sapeva del Russiagate». Ma Zuckerberg diserta l’audizione

La sedia di Mark Zuckerberg vuota, nella sala del parlamento inglese dove è in corso una lunga requisitoria su Facebook e il trattamento dei dati personali, è l’immagine più significante della giornata. Il ceo del social network più grande e potente al mondo, finito nel mirino della critica per un antipatico susseguirsi di scandali relativi alla privacy degli utenti, ha disertato l’invito a comparire giuntogli dai parlamentari britannici. E all’inizio dell’udienza, la commissione ha condiviso la foto della sedia lasciata vuota da Zuckerberg, con tanto di targhetta del suo nome, aggiungendo: «Nove Paesi, 24 rappresentanti ufficiali, 447 milioni di persone rappresentate, una domanda: dov'è Mark Zuckerberg?».

Eppure la sua assenza non ha impedito ai legislatori inglesi, e a quelli di altri Paesi arrivati a Westminster per l’occasione (Argentina, Brasile, Canada, Irlanda, Lettonia e Singapore), di mettere sotto torchio Richard Allan, uno dei vicepresidenti di Facebook, con delega alle questioni politiche, che di fatto ha preso il posto di Zuckerberg.

“Nove Paesi, 24 rappresentanti ufficiali, 447 milioni di persone rappresentate, una domanda: dov'è Mark Zuckerberg”

 

Alla base della requisitoria odierna c'è lo scandalo cardine di questo 2018: Cambridge Analytica. Gli 87 milioni di account Facebook finiti nelle mani di una società privata e probabilmente utilizzati a scopi elettorali, sono un fatto grave e ancora non smarcato. Anche perché, i sospetti che questa faccenda abbia potuto influenzare direttamente la campagna elettorale americana sono tantissimi. Ed è strettamente legata al capitolo del Russiagate, altro tallone d’Achille di Facebook. Ma c'è anche il sospetto che quell’incidente possa aver avuto un impatto sul voto per Brexit nel 2016.

I parlamentari riunitisi a Westminster hanno criticato la scelta di Zuckerberg di disertare l'audizione e non risponder alle loro domande. «La decisione del signor Zuckerberg di non apparire qui a Westminster parla da sé», ha detto il parlamentare canadese Charlie Angus, che ha parlato del rischio concreto che le aziende californiane possano mettere in pericolo le istituzioni democratiche.

Richard Allan, da parte sua, ha ammesso che Facebook ha commesso degli errori, ma allo stesso tempo ha chiarito che l’azienda ha accettato l’idea e la necessità di rispettare le regole sui dati.

“La decisione del signor Zuckerberg di non apparire qui a Westminster parla da sé”

Charlie Angus, parlamentare canadese  

Russiagate: l’ingegnere che informò Facebook nel 2014
Giova ricorda che l’udienza odierna segue il sequestro di documenti interni di Facebook, derivanti da una protratta battaglia legale tra Facebook e lo sviluppatore di app Six4Three. Si tratta di documenti che hanno posto diversi dubbi, ai quali Facebook – a quanto pare – non è riuscito a dare risposta. Uno su tutti riguarda il capitolo Russiagate. Il presidente della commissione, Damian Collins, rivolgendosi ad Allan ha reso noto che dai documenti sequestrati emerge – tra le altre cose – un incidente abbastanza importante. Un caso che riguarda la notifica, da parte di un ingegnere di Facebook ai vertici, di alcune azioni riconducibili ad Ip russi. Azioni tese a scaricare enormi quantità di dati. Collins ha chiesto ad Allan se Facebook avesse segnalato, a suo tempo, questa azione agli enti preposti: «Se degli indirizzi IP russi stavano tirando giù un'enorme quantità di dati dalla piattaforma, questo è stato riportato o è stato tenuto tutto al vostro interno?». Il vicepresidente di Facebook non ha fornito una risposta esaustiva, chiedendo di poter tornare nei prossimi giorni per fornire una risposta a questa domanda. Tuttavia ha ritenuto del tutto fuorvianti le informazioni contenute nei documenti citati da Collins.

I documenti rimarranno segreti (per ora)
Al contrario di quanto si pensava in principio, durante l’udienza è trapelato che i documenti in possesso della commissione rimarranno segreti. Almeno per ora. I file sono sotto sigillo per ordine di un tribunale della California, ma potrebbero essere pubblicati dalla commissione nei prossimi giorni. Si tratta, lo ricordiamo, di documenti che derivano dalla battaglia legale fra Facebook e Six4Three, nata da un'azione del fondatore dell'azienda di sviluppo, secondo il quale la sua app Pikinis sarebbe stata “cancellata” quando Facebook, nel 2015, ha impedito agli sviluppatori di app di accedere ai dati degli amici.

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