DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
BRUXELLES – Non poteva essere una fine d'anno più complicata per l'establishment comunitario. Improvvisamente, le crisi si
moltiplicano, si accavallano, si influenzano a vicenda, con esiti potenzialmente dirompenti. All'uscita della Gran Bretagna
dall'Unione e al braccio di ferro con Roma sul bilancio 2019, si è aggiunta la crisi politica a Parigi, e le scelte del presidente
Emmanuel Macron di aumentare la spesa pubblica, mettendo in dubbio il percorso dei conti pubblici anche in Francia.
Londra in pieno caos Brexit
A Londra prevale il caos dopo la scelta della premier Theresa May di rinviare il voto a Westminster sull'accordo di divorzio. Preoccupata dal perdere lo scrutinio e affidare il paese a un hard Brexit, la signora May vuole strappare nuove concessioni
ai suoi ormai ex partner europei. Da Bruxelles è giunta una netta opposizione. Ha spiegato stamani su Twitter il presidente
della Commissione europea Jean-Claude Juncker: «Non vi è spazio per ulteriori negoziati, ma nuove chiarificazioni sono possibili».
Macron rischia di sfondare il tetto del 3% di deficit
A Parigi, il presidente Macron ha annunciato lunedì sera nuove e generose misure di finanza pubblica per calmare gli animi e arginare le manifestazioni dei gilets gialli che da un mese ormai mettono a soqquadro Parigi ogni sabato. Tra le altre cose,
ha deciso di aumentare lo stipendio minimo e di defiscalizzare in parte gli straordinari. Secondo Les Echos, le misure potrebbero
portare il deficit al 3,5% del PIL nel 2019, ben sopra al 3,0% del PIL.
La Francia è a rischio di di una nuova procedura per disavanzo eccessivo, proprio mentre l'Italia sta negoziando per evitare
una procedura per debito eccessivo. Finora Bruxelles si è voluta ferma sulla necessità che il governo Conte mostrasse nel
2019 una correzione strutturale del deficit italiano. Rimarrà altrettanto rigida dopo gli annunci di Parigi? O sarà costretta
ad ammorbidire la sua posizione in un momento in cui è sotto pressione anche da Londra?
Bruxelles inflessibile su Brexit
Le tre situazioni sono diverse. Il caso britannico è una questione di vita o di morte per l'attuale assetto europeo. È difficile per i Ventisette cambiare atteggiamento con il governo May perché qualsiasi compromesso metterebbe a rischio il futuro stesso del mercato unico e delle quattro libertà di circolazione.
Sul fronte inglese, Bruxelles vorrà mantenere una linea inflessibile, almeno per quanto riguarda la sostanza, pur di evitare
di mettere in pericolo la stessa Unione.
Le similitudini tra Francia e Italia
In compenso, le crisi francese e italiana sembrano relativamente simili. Nei due casi il governo intende aumentare la spesa
pubblica per rispondere alle pressioni sociali. Per il governo Conte sarà gioco facile usare la sponda francese per ammorbidire le richieste comunitarie. Con quale successo? Difficile da dire. Non solo le due procedure sono strutturalmente diverse – l'italiana in parte ex ante;
la francese tendenzialmente ex post -, ma la Francia stessa ha margini di manovra superiori all'Italia.
Le misure annunciate dal presidente Macron comporteranno un aumento del deficit, ma al netto di una misura di riforma una
tantum, legata all'abolizione del CICE (il credito d'imposta per la competitività e l'occupazione), il disavanzo nel 2019
potrebbe essere del 2,6% del PIL. La flessibilità di bilanco accordata all'Italia negli anni passati potrebbe giocare in questo
caso a favore della Francia. Ciò detto, stamani in Germania Die Welt titolava: «Macron fa della Francia la nuova Italia».
Le istanze opposte di Nord e Sud Europa
Tutto sarebbe più facile per Bruxelles se in maggio non si votasse per il Parlamento europeo. Mentre nel Sud Europa, crisi
sociale e incertezza politica esortano tendenzialmente a un ammorbidimento delle regole, nel Nord Europa gli stessi fenomeni
provocano sospetti ed inducono a chiedere un'applicazione rigida del corsetto. Stretto fra opposte pressioni culturali e politiche
la Commissione sarà chiamata probabilmente a un nuovo compromesso, tra rinvio delle scelte e atteggiamento (più) accomodante.
Il cantiere di riforma della zona euro
Infine, le tre crisi giungono mentre tra giovedì e venerdì i capi di stato e di governo dell'Unione si riuniranno qui a Bruxelles
per approvare una tabella di marcia in vista di un rafforzamento della moneta unica. La scelta inglese di lasciare l'Unione
è certo un fattore di maggiore integrazione. In compenso, la politica economica italiana e francese rischia di provocare a
lungo andare nuovi dubbi, soprattutto in quei paesi che temono di suscitare azzardo morale con la nascita di un bilancio della
zona euro.
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