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Il 2018 della Germania: tra politica ed economia, chi ha vinto e chi ha…

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L'Analisi |bilancio di un anno in chiaroscuro

Il 2018 della Germania: tra politica ed economia, chi ha vinto e chi ha perso

Angela Merkel (Ap)
Angela Merkel (Ap)
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FRANCOFORTE - Il 2018 in Germania chiude prendendo i colori della bandiera tedesca. Il bilancio dell'anno è nero, positivo o in attivo, per alcuni leader politici, partiti e grandi aziende: la nuova leader Cdu Annegret Kramp-Karrenbauer (AKK), i verdi Die Grünen e Afd (Alternative für Deutschland), il colosso Wirecard (debutto nel Dax con +37%), Deutsche Börse e la Borsa dei derivati Eurex. È un'annata buona anche perché ha visto la luce la bozza della prima legge in Germania sull'immigrazione: un intervento legislativo senza precedenti per la prima volta dovrebbe fissare regole chiare per facilitare l’ingresso di immigrati non rifugiati né richiedenti asilo ma immigrati semplicemente alla ricerca di un posto di lavoro.

Il bilancio dell'anno è rosso, in perdita o negativo, per molti altri politici e aziende ed eventi storici: il declino di Angela Merkel e della Cdu, di Horst Seehofer e della Csu, il crollo dell’Spd, la sconfitta di Friedrich Merz nella corsa alla leadership Cdu e l'altrettanto amara sconfitta dell’allenatore della nazionale di calcio Joachim Löw ai Mondiali (è la prima volta nella storia del calcio tedesco che la Germania viene eliminata nella fase a gironi di una Coppa del Mondo).

Deutsche Bankè stato il peggior titolo del Dax quest'anno (-56% chiude l'anno ai minimi storici sotto 7€) e gli strascichi del Dieselgate hanno zavorrato Volkswagen, che ha chiuso l'anno in Borsa “solo” a -17 per cento.

Il giallo della bandiera tedesca per il 2018 sta infine ad indicare il sole e dunque la lotta all'inquinamento atmosferico, le nuove sfide del cambiamento climatico e la tutela dell'ambiente che continuano, in accelerazione, a modificare strutturalmente e socialmente la Germania, sotto un profilo industriale, economico e politico: chiusa nel 2018 l'ultima miniera di carbone nella valle Ruhr, introdotti i primi divieti di circolazione delle auto vecchie diesel nelle grandi città e Amburgo la prima ad adottarli, crollo delle vendite delle auto diesel e riconversione della produzione in auto elettriche e ibride con l’industria automobilistica tedesca che dovrà continuare a trainare il Pil. Il 2018 è stato l’anno più caldo, più secco e più soleggiato in Germania dal 1881, da quando viene fatto questo tipo di rilievo.

Il 2018 è stata un’annata ancora buona sotto il profilo economico: la crescita del Pil è stimata per quest'anno attorno all'1,5%-1,6% con una consistenza attesa attorno ai 3.400 miliardi, l’inflazione all'1,9% circa, il surplus di bilancio dei conti pubblici in area 10-12 miliardi, il debito/Pil che mira a sfondare al ribasso al soglia del 60%, il più basso tasso di disoccupazione dalla riunificazione del 1990 sotto il 5% (4,8%), un'occupazione record pari a 45 milioni di occupati (+556mila quest'anno), un surplus della bilancia commerciale che già nei primi 10 mesi dell'anno era pari a 192 miliardi contro i 205 record dell'anno scorso. Ma il Dax, che risente dell'andamento dell'export delle case automobilistiche e dei venti di bufera del protezionismo Usa, ha chiuso il 2018 con una perdita del 18,26% a 10.559 punti: alla fine del 2017, l’indice si era attestato a quota 12.917 punti.

Immigrazione, invecchiamento della popolazione, sicurezza e difesa, globalizzazione e digitalizzazione, rivoluzione tecnologica e disuguaglianze (tra ricchi e poveri ma anche tra uomini e donne) sono alcuni dei grandi dibattiti che hanno incendiato la Germania nel 2018. In occasione di una manifestazione a Chemnitz (Sassonia) contro gli immigrati, con slogan razzisti e infiltrazioni neo-naziste, alcuni gruppi di estrema destra sono riusciti a radunare - tramite un tam-tam nei social network esteso a tutta la Germania - oltre 6.000 manifestanti: la violenza degli scontri durata giorni, l’intervento duro della polizia e le contro-manifestazioni pro-immigrati hanno lasciato un segno preoccupante sull’acuirsi delle tensioni sociali in Germania.

Il 2018 è stato anche l'anno di anniversari importanti in Germania tra i quali il bicentenario della nascita di Karl Marx a Treviri, gli 80 anni della Notte dei Cristalli, i 20 anni della Borsa dei derivati Eurex.

Nel 2018 sono arrivati in Germania due nuovi ambasciatori: a dicembre l’ambasciatore d'Italia Luigi Mattiolo, nato a Roma nel 1957. Dal marzo 2015 al novembre 2018 Mattiolo è stato ambasciatore d'Italia in Turchia, dal settembre 2008 al dicembre 2012 è stato ambasciatore d'Italia a Tel Aviv. A maggio Richard Grenell, ambasciatore per gli Usa: nato nel 1966, ai tedeschi piace che guidi qui in Germania una Bmw ma è molto “trumpiano” e molto provocatorio. La stampa tedesca fa notare come Grenell scriva più tweet di Trump.
Nel 2018 in Germania è piaciuta molto, con picchi di vendite, la birra non alcolica.

Germania 2018 – la politica in pillole
Il 2018 è iniziato male per Angela Merkel ed è finito peggio. La cancelliera ha impiegato quasi sei mesi per formare un governo, dopo le elezioni federali del settembre 2017 dove Cdu/Csu e Spd hanno registrato il peggiore risultato dal Dopoguerra. In Assia lo scorso ottobre la Cdu è crollata dell'11,3% calando al 27 per cento. In dicembre Angela Merkel ha chiuso l'era della sua leadership della Cdu, uno degli eventi politici più importanti del 2018 e che avrà ripercussioni forti per il 2019.

Nel marzo 2018 nasce a fatica la GroKo, quarto governo di coalizione sotto la guida della Merkel costretta a concessioni e compromessi estremi: il ministero delle Finanze va alla Spd e quello degli Interni alla Csu. Il germe della discordia si insidia così dentro la GroKo, formata da tre partiti (Cdu Csu e Spd) angosciati dai crolli elettorali: non è detto che questa Grande Coalizione reggerà nel 2019, anno della verifica. C'è chi prevede la caduta del Governo (e le dimissioni di Merkel cancelliera) già nel 2019 se la Cdu farà fiasco nelle elezioni europee a maggio: nell'ultimo sondaggio europee della Bild, Cdu/Csu è 30% (-5,3% dal 35,3% nel 2014) e l’Spd al 16,5% (-11% dal 27,3% del 2014). La caduta della GroKo dipende anche dall'esito delle elezioni in autunno in tre Länder in Germania dell'Est (Sassonia, Turingia, Brandeburgo) e da come andrà la Cdu; l’Spd potrebbe decidere di lasciare la GroKo dopo il suo Congresso in autunno oppure come risposta a un primo governo regionale di coalizione Cdu-Afd se dovesse emergere dopo le elezioni nell'Est della Germania.

Angela Merkel intanto ha lavorato nel 2018 per la sua sopravvivenza politica. Nel febbraio 2018 ha nominato AKK come segretario del partito, una nomina che spiana la strada alla leadership. E in effetti in ottobre Merkel ha annunciato che non si sarebbe ricandidata alla guida della Cdu nel congresso di dicembre, mettendo fine a una leadership durata 18 anni. In ottobre AKK viene nominata leader della Cdu, ma di misura contro un vecchio rivale della Merkel, Friedrich Merz, che ha portato avanti posizioni leggermente più a destra di AKK: Merz, avvocato e uomo d'affari e di finanza, viene sostenuto dal mondo del business. La sua candidatura è stata talmente forte che in molti lo vorrebbero ministro e lui stesso ha detto di ambire a tanto. Ma AKK e Merkel per ora hanno sbarrato la strada a questa ipotesi: il nodo Merz resta. Sono previsti incontri ai vertici del partito Cdu sul futuro di Merz già il prossimo gennaio e febbraio.
Nei sondaggi della Bild, la Cdu/Csu ha iniziato il 2018 al 32,5% e lo termina ora al 29 per cento.

Quanto alla Csu, lo storico leader Horst Seehofer ha pagato il prezzo delle sconfitte elettorali (compresa quella sonora in Baviera nell'autunno 2018) cedendo la leadership del partito a Markus Söder, che verrà formalmente votato nel gennaio 2019. Ma non è detto che questo basti ad arrestare il declino del partito, perché restano ai vertici i soliti volti, senza rinnovamento e con quote rosa bassissime. Seehofer potrebbe dimettersi nel gennaio 2019 da ministro dell'Interno della GroKo.

Anche l’Spd ha ancora molti nodi da sciogliere: sebbene nel febbraio 2018 abbia messo alla porta il presidente Martin Schulz, per le disastrose elezioni in settembre, questo a poco è servito. La nuova leader Andrea Nahles non è riuscita a invertire la rotta della perdita di consensi elettorali. Nel sondaggio Bild per quest'anno, la Spd inizia il 2018 al 19,5% e lo termina al 15%: in alcuni Stati nell'Est della Germania, gli ultimi sondaggi vedono la Spd crollata all'8 per cento.

Il 2018 è stato invece l'anno dei successi elettorali per i Verdi e il nuovo partito di estrema destra Afd. Nell'ultimo sondaggio Bild Die Grünen inizia il 2018 al 10% e lo termina al 18%: resta da vedere se riuscirà a prendere il posto dell'Spd in un futuro Governo federale e se riuscirà a sfondare in tutta la Germania quota 20 per cento. Le elezioni europee di maggio potrebbero segnare la grande svolta di questo partito storico tedesco.

Nel 2018 Afd ha tagliato un traguardo, entrando per la prima volta nei Parlamenti di tutti i 16 Länder. Nelle tre elezioni regionali del 2019 in Germania dell'Est, Afd tenterà di superare il 20% e di entrare per la prima volta in un Governo di Coalizione con la Cdu: Sassonia (sondaggio fine dicembre 2018 Cdu 29% e Afd 24% Linke 18% Spd 10% Fdp 6%); Turingia (ultimo sondaggio Cdu 23%, Linke 22% e Afd 22%); Brandeburgo (sondaggio settembre Afd al 23%).

2018: Dax 30 in pillole
Dax, l'indice delle 30 blue chip tedesche che danno lavoro a 4milioni di dipendenti, ha chiuso l'annata 2018 in rosso con una perdita del 18,26% a quota 10.559 punti. Colpa del rallentamento della crescita visibile già nell'ultimo semestre di quest'anno e confermata per il 2019, colpa dell'incertezza politica in Germania e in Europa. Ha pesato però soprattutto il protezionismo di Donald Trump e i contraccolpi della guerra dei dazi sul commercio mondiale. L'incertezza frena i consumi delle famiglie, gli investimenti delle imprese. Il settore automobilistico tedesco, che traina il Pil, risente anche del dieselgate, dei nuovi standard europei contro l'inquinamento e la sfida delle auto elettriche, ibride e dell'intelligenza artificiale nella guida automatica senza conducente.
Nessuna altra società del Dax ha perso tanto quanto Deutsche Banknel 2018, che ha segnato un -56% ed è di conseguenza uscita il 24 settembre dall'EuroStoxx 50 (Commerzbank è uscita lo stesso giorno dall'indice Dax). Un giorno prima della fine dell'anno, nella penultima seduta, il prezzo delle azioni di DB ha raggiunto il minimo storico a 6,68 euro. Il 2018 è stato un anno importante per DB perché da febbraio è arrivato al timone il nuovo Ceo Christian Sewing che ha promesso ad azionisti e stakeholders di riportare il bilancio in nero e fare utili, di centrare il doppio obiettivo di taglio dei costi e riduzione di personale. Ma il 2018 non è l'anno del giro di boa. DB ha continuato a ridurre i rischi in bilancio (esposizioni negli Usa, posizioni in derivati e in Level3) ma il problema resta la redditività: non è detto che basterà tagliare i rami secchi nell'investment banking, che resta una fonte di potenziale profitto in vista della Capital Market Union e Brexit, e consolidare il retail banking in Germania.

Male anche Deutsche Postche è stata costretta a rivedere gli obiettivi a metà anno. Invece di superare i 4 miliardi di profitti, il Gruppo delle poste punta al 2018 con un utile operativo (EBIT) di 3,2 miliardi: nel 2018 ha perso il 40,61% nell'indice Dax.

Nel settore dell'assicurazione, Allianz punta sul mega-mercato cinese ma intanto il titolo ha perso il 9% nel 2018 mentre Munich Re è salita del 5,4% nonostante non abbia centrato gli obiettivi per le calamità naturali. Deutsche Börse ha chiuso il 2018 a +8% ma le sfide non mancano. Per Adidas, infine, l’anno di Borsa 2018 è stato un successo: +9 per cento. Wirecard, fornitore di servizi di pagamento con sede a Monaco, è entrata nel Dax nel 2018 ed è decollato a razzo: + 37% nel 2018.

Il produttore di plastica Covestro ha avuto una pessima performance sul Dax chiudendo a -50,44%, seguito da Continental (produttore automobilistico e di pneumatici) che si trova nel mezzo di un processo di trasformazione verso l'era elettrica pur continuando il business dei motori a combustione. Il gruppo HeidelbergCement non ha centrato gli obiettivi e a novembre ha annunciato un programma di austerità e un riacquisto di azioni: nel 2018 ha perso il 41% circa. La società farmaceutica Bayer ha avviato un'importante ristrutturazione: un taglio del 10% dei posti di lavoro e vendita di alcune attività non core: nel 2018 ha chiuso con un calo del 40,90% delle azioni nel Dax.

Basf ha accusato a fine un massiccio calo dei profitti, con conseguente taglio in dicembre degli obiettivi. Le azioni di Basf hanno perso circa il 34% nel 2018.
Anche Siemens, nonostante draconiani tagli con 2900 posti di lavoro in meno e un nuovo business plan presentato verso fine anno, le azioni nel 2018 hanno perdo il 16% circa.

Thyssen-Krupp ha nominato un nuovo Ceo nel 2018 e Guido Kerkhoff, è riuscito a ridurre significativamente i costi e ad ottenere risparmi. Ma i profitti nel settore degli ascensori e componenti sono diminuiti in modo drastico. Nel 2018, le azioni hanno perso circa il 38% quest'anno.

Lufthansa, dopo un eccezionale +140% nel 2017, nel 2018 ha perso il 36%: pesa ancora la bancarotta di Air Berlin e la conseguente la riorganizzazione del gruppo, ma ha pesato anche il caos negli aeroporti in Germania con ritardi e cancellazioni nel periodo delle vacanze.

Il titolo Daimler è calato per tutto il 2018, nonostante il buon risultato dei Suv: segna -35% nell'ultima seduta dell'anno.
La casa automobilistica Bmw lo scorso settembre ha dovuto rivedere al ribasso le sue previsioni sugli utili per la prima volta in dieci anni, principalmente a causa del mercato automobilistico in Europa, anche se di recente la Corea del Sud ha richiesto alla Bmw circa 9 milioni di euro a causa di motori che si sono incendiati: chiude il 2018 a - 19%.

Volkswagen vuole investire 44 miliardi di euro nei prossimi anni in mobilità elettrica e costruire le nuove auto negli stabilimenti di Emden e Zwickau. Ma mentre l'azienda investe sul futuro, continua a fare i conti con l’eredità del Dieselgate. Le azioni Vw sono calate del 17% nel 2018, anche se quest'anno le vendite e l'export dovrebbero avvicinarsi a livelli record.

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