La Cina rallenta e il mondo si preoccupa. L’Ufficio nazionale di statistica lo ha confermato stamane: la crescita economica
nell’intero 2018 è scesa al tasso annuo più lento dal 1990 - ai tempi delle sanzioni economiche dopo la repressione di Piazza
Tiananmen - e nell’ultimo trimestre dell’anno ha toccato il livello più basso dalla crisi finanziaria globale del 2008. Le
tensioni commerciali con gli Stati Uniti hanno minato la fiducia dei consumatori e gli investimenti.
La crescita del Pil per l'intero anno è stata del 6,6 per cento, in calo rispetto al 6,8 per cento del 2017. Nel quarto trimestre il Pil è cresciuto del 6,4 per cento (in linea con le attese), il terzo trimestre consecutivo di frenata, suscitando la preoccupazione degli investitori sul contagio nei confronti dell’economia mondiale.
La Cina ha adottato dal mese di luglio una serie di misure di stimolo fiscale e monetario che non sono riuscite a invertire
la tendenza. La settimana scorsa, il ministero delle finanze ha presentato un piano per ulteriori tagli fiscali.
Guerra commerciale, impatto sulla fiducia
Le tariffe americane sulle esportazioni cinesi non hanno arrecato gravi danni al Pil ma gli economisti e i dirigenti aziendali
sostengono che il conflitto commerciale ha avuto un pesante impatto sdugli indicatori di fiducia. «I dati aggregati continuano
a ritrarre un quadro relativamente positivo che sembra in contrasto con un senso di crescente malessere economico e il sentimento
dei consumatori e degli investitori», osserva Eswar Prasad, professore alla Cornell University ed ex capo per la Cina al Fondo
Monetario Internazionale.
La crescita delle vendite al dettaglio, un indicatore della spesa al consumo, ha raggiunto l'8,2 percento in dicembre, ma
rimane vicina al minimo storico dell'8,1 percento toccato in novembre.
Ning Jizhe, direttore dell'ufficio statistico cinese, lunedì scorso ha cercato di trasmettere ottimismo, osservando che la
crescita della Cina è stata ancora di gran lunga superiore a quella di Stati Uniti, Ue e Giappone. Ma ha anche riconosciuto gli effetti della guerra commerciale scatenata da Trump sull’economia cinese.
L’ANALISI / La soglia del 6% che preoccupa il mondo
Natalità mai così bassa dal 1980
La Cina rallenta anche sul piano demografico. Nel 2018 si è registrato il tasso di
natalità più basso da quando nel 1980 è diventata effettiva la politica del figlio unico, con 2 milioni di donne in meno sul
2017 che sono diventate madri, e registra la seconda contrazione di fila dopo il via libera alla politica dei «due figli»
del 2016 (li possono avere le coppie in cui uno dei due coniugi sia a suia volta figlio unico). La popolazione, secondo i
dati diffusi dall'Ufficio nazionale di statistica, è salita comunque di 15,23 milioni di unità grazie all’allungamento dell’aspettativa
di vita: la nazione più popolosa al mondo conta adesso 1,395 miliardi di persone (+3,81% annuo).
Picco di popolazione previsto nel 2029
Il governo di Pechino stima di raggiungere un picco al 2029 pari a 1,442 miliardi di abitanti, prima di cominciare il ciclo
al ribasso negli anni successivi che porterà alla contrazione della popolazione.
La Cina ha registrato nascite oltre quota 17 milioni nel 2016 (a 17,86 milioni al massimo dal 1999) e nel 2017 grazie alla
rottamazione della politica del figlio unico con l'obiettivo dichiarato di battere quota 20 milioni, ma la spinta demografica
sembra per ora aver perso slancio tanto da richiedere forse una revisione.
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