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Salvini contro Merkel e Ong. Ma la Germania ricolloca un terzo dei migranti…

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Servizio |IL PARADOSSO

Salvini contro Merkel e Ong. Ma la Germania ricolloca un terzo dei migranti in Italia

Le ultime tragedie del Mediterraneo, come quella costata la vita a oltre 100 migranti, hanno riacceso le vecchie ostilità di Matteo Salvini contro le Ong e la cancelliera tedesca Angela Merkel. Il vicepremier è tornato a ribadire il suo slogan «#portichiusi», sottolineando che l’Italia non è disposta ad «accogliere nessuno», né dalle rotte del mare né dagli altri paesi europei. A parole. Perché nei fatti è successo, per mesi, il contrario: solo fra gennaio e novembre 2018, la Germania ha ricollocato in Italia un totale di 2.707 migranti.

Si parla dell’equivalente del 31,9% degli 8.658 richiedenti asilo espulsi da Berlino l’anno scorso, in brusco rialzo dai circa 7.100 del 2017. L’Ungheria dell’«amico» Viktor Orbán, per fare una parallelo, non ne ha accettato neppure uno. Il dato è emerso dallarisposta fornita dal ministero dell’Interno tedesco a un’interrogazione parlamentare di Ulla Jelpke, una deputata del partito di sinistra tedesco Die Linke. Jelpke chiedeva chiarimenti sulle statistiche delle espulsioni nel 2018, evidenziando la «disumanità» di un’applicazione troppo stringentedelle leggi Ue in materia. Il caso è stato sollevato in prima battuta dal quotidiano Süddeutsche Zeitung.

Le riassegnazioni-record verso la Penisola, effettuate via aereo e treno, sono avvenute ai sensi del regolamento di Dublino, l’impianto legislativo che disciplina l'assegnazione dei richiedenti asilo ai paesi membri della Ue . Fra settembre e ottobre 2018si era sfiorato un accordo bilaterale fra Italia e Germaniaproprio sul tema dei ricollocamenti, poi naufragato per incompatibilità tra le due parti al tavolo: «Firmo solo se per l'Italia non c'è un immigrato in più», aveva dichiarato Salvini, minacciando anche di chiudere gli aeroporti ai voli di rimpatrio in arrivo dalla Germania. A quanto pare, non è andata così.

Il boom improvviso di espulsioni e il regolamento di Dublino
Facciamo un passo indietro. Le espulsioni attuate da Berlino hanno riguardato le cosiddette migrazioni «secondarie»: i flussi di richiedenti asilo sbarcati altrove e migrati poi in Germania, dove hanno tentato di presentare domanda di asilo. Ai sensi del regolamento di Dublino (604/2013), il paese di primo ingresso diventa responsabile per la registrazione e la valutazione della domanda di asilo. Se nel frattempo il richiedente si sposta in un altro paese Ue, il governo in questione ha diritto di rinviarlo alla prima meta di approdo. Nel corso dell’anno, a quanto sottolineano anche i media tedeschi, la Germania ha chiesto agli stati membri della Ue il ricollocamento di 51.558 persone, ottenendo un responso positivo per 35.375 richiedenti asilo. Rispetto al 2017, però, è lievitata la quota di trasferimenti effettuati: dal 15,1% al 25,4% delle richieste. Oltre il 31% dei ricollocamenti si è indirizzato proprio sull’Italia, con una quota di 2.707 “rimpatri” che supera di netto quella registrata da paesi come Francia (685, il 7,9%) e Polonia (667, il 7,7%), oltre appunto alla cifra tonda messo a segno dall’Ungheria (zero) e ai soli cinque richiedenti asilo ri-accettati dalla Grecia. La Germania aveva già annunciato l’intenzione di intensificare le espulsioni, ricorrend anche a voli charter per velocizzare le pratiche.

Lo scorso autunno, Salvini e il ministro dell’Interno tedesco Horst Seehofer aveva provato a raggiungere un’intesa sul tema del ricollocamento dei «dublinati», come vengono chiamati i migranti coinvolti dai flussi secondari. Il patto è sfumato e la Germania, nonostante gli annunci contrari di Salvini, ha dato davvero atto al proposito di un’accelerazione dei ricollocamenti. Se si considera che nel primo semestre del 2018 erano già stati effettuati 1.692 “rimpatri”, per arrivare al bilancio di novembre (2.707) devono essersene aggiunti almeno 1.015: una media di 203 ingressi al mese, anche se in rallentamento rispetto al ritmo della prima metà dell’anno. Raggiunta dal Sole 24 Ore, Ulla Jelpke ha detto che si aspetta che «il numero di deportazioni ai sensi di Dublino inizierà a decrescere - dice - A quello che so, le deportazioni via charter non sono più accettate dalle autorità italiane. Inoltre le autorità non accettano bambini sotto l’età di tre anni, quindi le famiglie con bambini piccoli non vengono deportate in Italia al momento». Le condizioni dei rifugiati, dice Jelpke, «sono molto peggiorate sotto il governo di destra di Salvini. Quindi sono felice per ogni depotazione in meno che avviene».

L’autogol sulla riforma di Dublino
Al di là del muro contro muro con Berlino, il quadro legislativo che gioca a sfavore dell’Italia rientra per intero nel già citato regolamento di Dublino. La Commissione ha proposto nel 2016 una riforma del testo, poi passata nel 2017 nelle mani dell’Europarlamento. Una modifica dell’impianto avrebbe favorito l’Italia e aumentato i meccanismi di solidarietà fra gli stati membri, ad esempio attivando un sistema di quote più equo in fase di accoglienza. Peccato che l’Italia spicchi fra i paesi chehanno avversato la riforma, remandone contro l’approvazione in tempi utili per la scadenza della legislatura. Anche in fase di stesura del testo, d’altronde, si è registrata l’assenza di un relatori in rappresentanza della Lega, uno tra i pochi partiti a “saltare” per intero i round negoziali chehanno portato alla proposta finale dell’Eurocamera. Il mantenimento dello status quo avvantaggia il cosiddetto asse di Visegrad, il blocco dei paesi dell’Est capeggiato da Orbán, del tutto interessato a evitare meccanismi di ricollocazione. Un po’ meno l’Italia, in teoria, uno dei paesi esposti al carico della responsabilità del «primo sbarco».

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