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Franco CFA, perché non penalizza lo sviluppo africano

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pARIGI E LE SUE COLONIE

Franco CFA, perché non penalizza lo sviluppo africano

L’accusa italiana è pesante. La Francia non permetterebbe alle sue ex colonie africane di svilupparsi, anche attraverso le due monete comuni legate all’euro, il franco della comunità finanziaria in Africa (Uemoa) e il franco della cooperazione finanziaria in Africa centrale (Cemac). I dati dicono però un’altra cosa, del tutto compatibile con quanto insegna la scienza economica (ortodossa): nel lungo periodo la moneta non incide sulla crescita che dipende da altri fattori, come il capitale, il lavoro, le tecnologie e la capacità di usarle.

Tra Guinea equatoriale e Repubblica centrafricana
L’esame della crescita degli ultimi dal 1980 al 2018 non dà alcuna indicazione di una particolare penalizzazione delle ex colonie francesi. Il paese con la crescita media (geometrica) più alta, la Guinea Equatoriale (+13,3% annuo) - ricca di petrolio - usa il franco Cemac, esattamente come la Repubblica centrafricana, che ha il ritmo più basso (0,94% annuo). La Guinea equatoriale ha, è vero, grandi problemi di distribuzione, ma sono legati alla struttura politica e tribale del paese, non certo all’adozione del franco.

Ritmi di crescita molto diversificati
Diversi paesi delle due aree monetarie sono cresciuti a un ritmo superiore della mediana dell’intero continente e quasi tutti sono più rapidi del Sud Africa, la potenza regionale economica (a rigore, però, i tassi di crescita andrebbero valutati e confrontati anche in relazione al livello di sviluppo economico). Il Burkina Faso è cresciuto a un ritmo annuo - in quasi 40 anni - del 4,9%, il Ciad del 4,6%, il Mali del 3,9% il Benin del 3,8%, la Repubblica del Congo del 3,8%. Un gruppo di paesi si è effettivamente mosso più lentamente: Niger e Guinea Bissau - che hanno subìto entrambi una recessione brutale, sia pure breve - e la Costa d’Avorio, il Togo e il Gabon. La media dei tassi di crescita delle due aree Fca è comunque superiore a quella degli altri paesi africani (la mediana è appena inferiore).

Il caso della Guinea Bissau

IL CASO DEL GUINEA BISSAU
Valori in percentuale. (Fonte: Fmi)

Fin qui il caso potrebbe essere considerato ancora aperto: i tassi di crescita da soli non permettono in realtà una conclusione definitiva anche perché andrebbero valutati, come mostra il caso del SudAfrica, insieme al livello di sviluppo delle economie. Occorrerebbe inoltre tener conto anche delle incertezze politiche (i colpi di stato, per esempio) e delle guerre. La Guinea Bissau è però la controprova di quanto sia ininfluente la moneta in generale e il franco Cfa in particolare. Il Paese è entrato nell’unione monetaria nel 1997. In precedenza - dal 1980 - era cresciuta del 3,1% annuo, mentre dopo l’ingresso e la pesante recessione del ’98 - causata dalla guerra civile, non dalla nuova moneta - e il rimbalzo del ’99, è cresciuta del 3,2%. Tra prima e dopo non è cambiato, praticamente, nulla. Il brillante ritmo di crescita è rimasto invariato.

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