Negli ultimi tre mesi del 2018 il Pil dell’Eurozona ha rallentato la sua crescita come mai era accaduto negli ultimi quattro anni. E nel suo complesso il 2018 è stato per la Zona euro l’anno con la più bassa espansione dal 2014. Il prodotto interno lordo nei 19 Paesi che condividono la moneta unica è aumentato dello 0,2% nel quarto trimestre e dell’1,2% su base annua. I dati mostrano che tra le grandi economie, con l’ultimo trimestre in frenata, la Germania ha chiuso l’anno passato con una crescita dell’1,5%, la Francia si è fermata all’1,5%, e l’Italia allo 0,8% (corretto per gli effetti di calendario), mentre la Spagna ha mantenuto comunque un passo più rapido dei partner europei con un progresso del 2,5 per cento.
La Spagna sempre davanti a tutti
Il Pil della Spagna è cresciuto nel quarto trimestre del 2018 dello 0,7% rispetto al trimestre precedente e del 2,4% rispetto
al quarto trimestre del 2017 superando le attese degli economisti, che puntavano a un aumento dello 0,6% su base trimestrale
e del 2,3% su base annua. Il risultato segna anche un’accelerazione, del tutto in controcorrente, rispetto al +0,6% registrato
nel terzo trimestre del 2018.
Comunque l’economia spagnola lo scorso anno è cresciuta del 2,5%: il ritmo più lento dal 2014, facendo segnare un marcato
calo rispetto all’espansione del 2017.
La domanda interna spagnola è rimasta sostenuta nel corso dello scorso anno anche se questa spinta è stata compensata dall’indebolimento
delle esportazioni, diretta conseguenza del rallentamento della crescita globale: i dati diffusi dall’Istituto di statistica
spagnolo mostrano che mentre la domanda interna ha contribuito con 2,7 punti percentuali alla crescita annuale, la domanda
esterna ha pesato per 0,3 punti percentuali. «L’ultimo trimestre è stato il più dinamico dell’anno. Non siamo però preoccupati
(riguardo al rallentamento) perché la crescita continua a essere superiore a quella dei nostri Paesi vicini», ha detto il
ministro dell’Economia, Nadia Calvino.
L’economia spagnola è cresciuta ogni anno a ritmi superiori al 3% dal 2015 al 2017 dopo essere emersa nel 2014 da una recessione
di quasi cinque anni. La Banca di Spagna ha spiegato nei giorni scorsi che il Paese deve affrontare uno scenario globale avverso
nel quale spiccano le politiche commerciali degli Stati Uniti, una possibile escalation di misure protezionistiche, e le potenziali
ripercussioni di Brexit.
I rischi per la crescita globale
Per l’Eurozona, la crescita congiunturale dello 0,2% registrata nel quarto trimestre ha ripetuto il dato del terzo trimestre,
confermandosi ai minimi livelli dal 2014. Il tasso annuo dell’1,2% segna un notevole peggioramento dopo che negli ultimi tre
anni l’espansione era stata superiore al 2 per cento.
I nuovi dati potrebbero spingere la Banca centrale europea a ridurre le previsioni di crescita dell’1,7% per il 2019: nel
quarto trimestre il Pil è cresciuto infatti a velocità dimezzata rispetto a quanto previsto a dicembre dalla Bce.
La diffusione dei dati da parte di Eurostat si è inoltre affiancata ai deboli risultati di una serie di indicatori, resi noto
sempre oggi, che mostrano un generale rallentamento dell’economia mondiale a causa soprattutto della guerra commerciale tra
Usa e Cina, e dell’incertezza sulla decisione del Regno Unito di lasciare l’Unione europea.
Le vendite al dettaglio in Germania sono diminuite a dicembre come non accadeva dal 2007. In Gran Bretagna, la produzione
di auto nello scorso anno ha subito il calo più marcato dalla recessione del 2008-9 e i prezzi delle case sono rimasti fermi
a gennaio. In Cina l’industria manifatturiera ha fatto segnare un rallentamento per il secondo mese consecutivo a gennaio,
esattamente come la produzione in Giappone.
La disoccupazione in Europa resta ai minimi del decennio
Nell’Eurozona la disoccupazione, un dato solitamente in ritardo rispetto al ciclo economico, è rimasta al 7,9% confermandosi
ai minimi da più di dieci anni. Il tasso dei senza lavoro è leggermente diminuito a dicembre in Italia (al 10,3%) e Spagna
(14,5%), che hanno ancora i più alti livelli di disoccupazione nei Paesi dell’Euro dopo la Grecia.
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