Con l’economia in frenata e l’inflazione in discesa (anche se non nella componente “core”), la Banca centrale indiana (Reserve Bank of India - Rbi) giovedì ha deciso di modificare la sua politica monetaria e di abbassare di 25 punti base il tasso di riferimento, portandolo al 6,25%. Il primo taglio dall’agosto del 2017 ha sorpreso gran parte degli analisti, ma non ha mosso la Borsa e di sicuro era molto atteso dal primo ministro Narendra Modi, in difficoltà nei sondaggi a poche settimane dalle elezioni di maggio. La sua coalizione, guidata dal partito nazionalista hindu Bjp, rischia di perdere la maggioranza proprio per non essere riuscita a mantenere fino in fondo la promessa di migliorare le condizioni di vita di centinaia di milioni di indiani.
Appena tre mesi fa, le differenze di vedute sul costo del denaro (e non solo) tra il Governo e la Rbi avevano portato alle dimissioni del governatore Urjit Patel, impegnato in una delicata operazione di ripulitura dei bilanci delle banche dai crediti in sofferenza. Patel aveva raccolto il testimone da Raghuram Rajan, nel 2016, anche lui messo nelle condizioni di lasciare la Rbi in seguito a polemiche sempre più accese con il Bjp.
La nomina, a dicembre, di Shaktikanta Das, il terzo governatore della Rbi da quando Modi è premier, è stata salutata come «una forte spinta alla fiducia» dalla Confederazione dell’industria indiana, che a sua volta da tempo invocava il taglio dei tassi Governo e che a gennaio aveva chiesto direttamente a Das una sforbiciata di 50 punti base. Dopo una lunga carriera nella pubblica amministrazione, Das (61 anni) è stato il volto della controversa operazione di demonetizzazione voluta da Modi nel 2016 (dalla sera al mattino, l’86% del contante in circolazione fu dichiarato illegale). In una delle prime uscite pubbliche, il nuovo governatore ha affermato di voler dare maggior ascolto al Governo e alla business community del Paese, distanziandosi nettamente da Patel (e da Rajan).
Quello di giovedì è stato il debutto di Das alla guida del comitato di politica monetaria della Rbi, che sui tassi si è diviso: hanno votato per tagliare 4 membri su 6. Nello spiegare la decisione, il governatore ha posto l’accento sulla crescita e ha sottolineato che la frenata dell’inflazione apre spazi d’intervento per incentivare gli investimenti privati e rafforzare i consumi. Negli ultimi sei anni, l’indice dei prezzi è sceso da una media annua del 10% al 3,6% dello scorso anno. A dicembre, l’indice mensile si è attestato al 2,2% (ma la componente core resta al 5,7%). La Rbi ha un target flessibile del 4%, con una banda d’oscillazione compresa tra il 2 e il 6%.
La Rbi ha anche modificato (in questo caso con decisione unanime) la posizione di politica monetaria a «neutrale», rispetto al precedente orientamento di «stretta calibrata», aprendo ad altri tagli: se nei prossimi 12 mesi l’inflazione non supererà il 4%, «ci sarà margine d’azione», ha affermato Das. La Banca centrale si pone così in linea con altri istituti monetari, in una fase di frenata dell’economia globale. La posizione della Rbi, ha affermato Subhash Chandra Garg, viceministro dell’Economia, «è molto equilibrata e pragmatica».
Alle prese con un calo dei consensi, e dopo le sconfitte in tre elezioni locali chiave, il Governo Modi il 1° febbraio ha abbassato tasse e stanziato sussidi per complessivi 13 miliardi di dollari, con particolare enfasi sulle aree rurali, un bacino elettorale decisivo. Queste misure espansive, avvisano gli analisti, oltre a pesare sul deficit pubblico, potrebbero alimentare l’inflazione, che nella componente core resta alta e porta Prakash Sakpal, di Ing, a considerare «prematuro» il taglio dei tassi: «La domanda - scrive in una nota - è: perché ci serve una politica monetaria espansiva, quando la politica di bilancio sta già sostenendo la crescita ben oltre il 7%? Forse una pressione del Governo uscente che punta al secondo mandato».
Per Mark Williams, di Capital Economics, la Rbi «ha fatto quello che il Governo sperava». «Vedere il taglio come una resa al Governo è profondamente sbagliato», ribatte Abheek Barua, della Hdfc Bank di Mumbai. «Non credo che il nuovo governatore della Rbi abbia voluto compiacere il Governo Modi», spiega Gaurav Sinha, asset allocation strategist di WisdomTree: «L’inflazione è scesa a livelli storicamente bassi, quindi aveva senso per la Banca centrale tagliare i tassi, questo avrà effetti su consumi e credito e quindi sulla crescita. Più importante - aggiunge Sinha - dei cambi di governatore alla guida della Rbi, è la traiettoria della politica monetaria, che si resta stabile, con l’obiettivo principale individuato nel controllo dell’inflazione. La traiettoria della politica monetaria si sta muovendo nella giusta direzione ed è questa la cosa più importante».
L’India resta la grande economia a più rapida crescita al mondo: nel 2018-19 (l’anno di bilancio finisce il 31 marzo), il Pil dovrebbe attestarsi al 7,3% (stime Fmi), dal 7,2% dell’anno precedente e dall’8,1% del 2016-17 (l’Istat indiano ha appena corretto i dati di crescita di questi due ultimi esercizi, alzandoli di un punto percentuale, tra le perplessità degli economisti indipendenti).
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