Il futuro di Apple - quello basato su meno iPhone e più servizi - comincia dall’alto, da una riorganizzazione al vertice. Da un drammatico rinnovamento sul ponte di comando, avviato inizialmente in silenzio, poi sempre più visibile e adesso portato alla ribalta da una inedita e febbrile girandola di poltrone che ha visto l’avvento di volti nuovi alle spalle dell’incontrastato amministratore delegato Tim Cook. È stato un ribaltamento orchestrato in tutto e per tutto proprio da Cook che tanto appare quieto in pubblico quanto sta dimostrando dietro le quinte pugno di ferro manageriale.
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Pugno di ferro alla Jobs
Un pugno di ferro degno dello scomparso e tuttora leggendario fondatore-predecessore Steve Jobs. In gioco c’è il primo, vero
cambio della guardia da quello avvenuto agli inizi della sua leadership, da quando cioè nel 2011 aveva istallato la prima
generazione di executive dopo aver ereditato il timone del gruppo. Un team che, subite alcune correzioni, era ormai sostanzialmente
immutato da cinque anni a questa parte. Il cambio avviato, soprattutto, è estremamente consequenziale, anzi potenzialmente
di dimensioni epocali. Perché dovrebbe inaugurare la svolta di Apple da società di gadget - o meglio di un gadget, il già
menzionato blockbuster iPhone che appare destinato a saturazione e declino - a nuovo colosso dei servizi tech e digitali,
o meglio di quella rete in forte crescita che si propone di far leva e integrare intelligenza artificiale, sistemi di pagamento
mobili, «magazzini» di applicazioni, offerte di musica, produzioni media e hollywoodiane. Nel cestino degli esperimenti mancati,
con questa rivisitazione delle priorità, non mancano almeno per il momento neppure alcuni progetti avveniristici, quali le
auto self-driving.
Un ex Google alla divisione Ai
Veniamo a nome e cognomi che sono stati incaricati di modificare il Dna della Apple, tuttora dipendente per gran parte della
performance finanziaria (due terzi delle vendite) dai suoi smartphone. La prima delle mosse a lasciare il segno è stata la
«cattura» di John Giannandrea dalla rivale Google per metterlo a capo della sua divisione di Artificial Intelligence e a tempi
record promuoverlo nella ristretta squadra - undici persone - che compone l’executive team a fianco di Cook. Assieme a questa
promozione è arrivato l’allontanamento del responsabile di Siri (l’assistente digitale) Bill Stasior, le cui mansioni sono
state cooptate da Giannandrea all’indomani di una sua efficace presentazione della strategia di centralità dell’intelligenza
artificiale al board. Senza troppi complimenti è stata liquidata di recente anche la responsabile del grande network di negozi
retail targati Apple, Angela Ahrendts, che era stata chiamata qualche anno fa da Cook per dar loro maggior lustro. Adesso
è stata sostituita dal capo del personale Deirdre O’Brien, che avrà la missione di completare l’opera trasformando i 500 punti
vendita Apple d’ora in avanti in punti di promozione dell'offerta di servizi Apple più che di gadget.
Eddie Cue tra film e spettacoli
Un’altra rivoluzione, altrettanto significativa quanto l’importanza attribuita alla Ai e legata al cambio di marcia nei negozi,
è scattata nel campo media. Qui Eddie Cue, ormai assurto a gran capo dell’intero universo dei servizi Apple che era stato
anche alla guida dell’attività di sviluppo dei veicoli autonomi, è stato incaricato di affossare proprio quell’esperimento
a quattro ruote e di traghettarne le preziose risorse - ricercatori e ingegneri informatici - verso nuove aspirazioni hollywoodiane.
Cue ha tagliato 200 posizioni dal sogno-incubo dell’auto self-driving e si è gettato con foga nello sviluppo della programmazione
di film e spettacoli.
Per capirci: Apple ha investito pesantemente - oltre un miliardo di dollari in un anno e l’assunzione di almeno due executive
da Sony - per lanciare in fretta un nuovo servizio media e streaming capace di far concorrenza a Netflix e a future offerte
di Disney. Una novità che dovrebbe svelare in una prima versione già il 25 marzo durante un appuntamento dato al suo campus
aziendale di Apple Park in California. A quanto è trapelato, sono in arrivo per quest’anno offerte video originali con stelle
del calibro Reese Weatherspoon.
Il sogno di una «Netflix for news»
Si pensa a un abbonamento «bundle» che combini spettacoli e storage di iCloud, accanto a negoziati con numerosi editori per
lanciare un servizio giornalistico battezzato informalmente «Netflix for news». Nei negozi Apple presto verranno sbandierate simili nuove offerte mediatiche di Apple. Cook, con simili combinazioni, vuol prendere di mira
anche l’altro grande rivale per la supremazia sulle frontiere del domani: Amazon, intenta a cavalcare il successo di Prime,
il suo popolare servizio di distribuzione su abbonamento che abbina merci e servizi mediatici. E si fa forza anche di gadget
da fare invidia a Apple quali gli smart-speaker Echo, capaci di diffondere il suo popolare assistente digitale armato di intelligenza
artificiale Alexa tra milioni di consumatori.
Un ulteriore chiaro segno della nuova controffensiva ideata oggi dal gruppo di Cupertino, assieme all’emergere dei nuovi ranghi
dirigenziali, va cercato nelle risorse finanziarie mobilitate. Nell’ultimo anno gli investimenti in ricerca e sviluppo sono
lievitati del 23% a 14,24 miliardi di dollari. Da questo budget i rinnovati ranghi di top executive attorno a Cook dovrebbero
trarre vantaggio per puntare su un riscatto dopo le delusioni sofferte nei recenti bilanci trimestrali. E dopo che Cook stesso
aveva dal 2010 pronosticato una saturazione del mercato degli smartphone e una caccia a nuove spinte propulsive del business.
In calo gli iPhone
I numeri oggi danno credito a quella previsione preoccupata: Apple, nell’ultimo trimestre, ha visto gli iPhone riportare entrate per 51,9 miliardi, in calo del 15 per cento. Poco hanno potuto fare gli altri gadget per compensare la frenata, nonostante la crescita di computer
Mac, iPad e wearables quale Apple watch. I dati più incoraggianti sono piuttosto giunti dal segmento dei servizi, capace di
un aumento di quasi un quinto delle entrate a 10,88 miliardi grazie a Apple Pay, Apple Music, Apple Store e iCloud. Gli obiettivi
della scommessa sul futuro, a questo punto, sono già stati a loro volta messi nero su bianco, da parte di Apple e degli analisti
che la seguono. Il business dei servizi dovrebbe tagliare il traguardo dei 50 miliardi di fatturato annuale entro il 2020.
E l’azienda intende avere oltre mezzo miliardo di abbonati alle sue molteplici piattaforme entro quella data rispetto ai 360
attuali. Per Morgan Stanley, inoltre, questo segmento dovrebbe contribuire ben il 60% delle crescita del giro d’affari nel
prossimo quinquennio, meno dell’85% portato in dote dall’iPhone nei cinque anni passati ma ugualmente un ragguardevole sostegno.
Che, nelle speranze dei nuovi dirigenti e di Cook, potrebbe oltretutto arginare anche scivoloni nella popolarità degli smartphone,
rafforzando l’eco-sistema digitale di Apple e la fedeltà dei consumatori alla sua catena di prodotti e - sempre più - di servizi.
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