Un’autobomba costata la vita a 46 soldati indiani e la ritorsione di New Delhi: mai sopita, fin dai tempi della «partizione» del 1947, la tensione tra India e Pakistan, due potenze nucleari, è andata crescendo nell’ultimo anno, fino a raggiungere i livelli di guardia in questi giorni. Oggi all’alba, secondo la ricostruzione del sottosegretario agli Esteri indiano, Vijay Gokhale, 12 caccia indiani hanno compiuto un raid contro ribelli del Kashmir in territorio pakistano.
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È la risposta promessa dal premier nazionalista hindu Narendra Modi all’attacco del 14 febbraio, quando un estremista si è lanciato con un’auto carico di esplosiva contro un autobus militare, sulla strada tra Jammu e Srinagar. Il più grave attentato da decenni, rivendicato dai terroristi irredentisti islamici di Jaish-e-Mohammad (Jem, l’Esercito di Maometto).
«Il raid che abbiamo lanciato questa mattina a Balakot ha distrutto il più grande campo di addestramento del gruppo terroristico
di Jaish-E-Mohammed sul territorio pakistano, ma non è un atto di guerra», ha detto Gokhale, aggiungendo che si è trattato
di un attacco preventivo contro un gruppo in procinto «di portare a termine altri attentati». New Delhi ritiene il Jem responsabile
di numerosi attentati in India, compreso quello contro Parlamento, nel 2001. Balakot si trova in prossimità del conteso confine
tra le due nazioni. «Nel raid abbiamo ucciso un vasto numero di militanti, istruttori e comandanti, tutti appartenenti al
gruppo terroristico responsabile dell’attacco del 14 febbraio», ha sottolineato il sottosegretario, secondo il quale sarebbero
state evitate vittime tra i civili. Secondo il Governo indiano, le vittime sarebbero
325 militanti e 25 addestratori.
La versione di Islamabad è molto diversa. «Le forze aeree indiane questa mattina hanno violato la linea di controllo e sono penetrate nel territorio aereo pakistano. L’aviazione pakistana è entrata subito in allarme, pronta a reagire. Gli aerei indiani sono immediatamente rientrati. Non ci sono state vittime né danni», ha fatto sapere il generale Asif Ghafoor, responsabile delle comunicazioni dell’Esercito pakistano. Il premier Imran Khan, al termine di una riunione di emergenza, ha descritto come «fiction» il raid indiano: «Ancora una volta - ha affermato Kahn - il Governo indiano ha fatto un annuncio a mero uso interno, sconsiderato e inventato, che mette a rischio la stabilità della regione a scopo elettorale. Il Pakistan risponderà quando e dove riterrà opportuno».
In India - secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Pti - tutte le forze politiche si sono congratulate con Modi. Il premier è impegnato in una complicata campagna elettorale, in vista del voto di maggio, e nei sondaggi la sua popolarità appare in flessione.
Gran parte del Kashmir, provincia a maggioranza musulmana interamente rivendicata tanto dall’India quanto dal Pakistan, è sotto il controllo di New Dehli. L’autorità di Islamabad si estende all’area rimasta contesa dopo la partizione seguita all’indipendenza dal Regno Unito. Le forze armate indiane e pakistane si scambiano quasi quotidianamente colpi di artiglieria e gli incidenti si sono moltiplicati nell’ultimo anno, ma un raid aereo non si vedeva dal 1971, quando i due Paesi entrarono in guerra quando il Bangladesh (allora Pakistan orientale) si staccò da Islamabad per proclamare la propria indipendenza. India e Pakistan si sono affrontati in guerra quattro volte, tre delle quali per il Kashmir.
Il premier pakistano si è rivolto alle forze armate e ai cittadini invitandoli a «essere pronti a ogni eventualità».
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