NEW YORK - Michael Cohen vuota il sacco ed è un sacco pesante, pesantissimo. Almeno stando alle feroci parole scelte dall'ex faccendiere e avvocato personale di Donald Trump, all'appuntamento con un'attesissima audizione pubblica alla Camera su tutti gli scandali del Presidente, per descrivere quello che fu il suo boss. «È un farabutto». E ancora: un razzista, un bugiardo.
La sua visione del mondo è «idiota», un epiteto che ha usato ben tre volte, per descrivere l'atteggiamento di Trump sui rapporti
razziali («mi disse che i neri erano troppo stupidi per votare») come sulle tasse e le sue finanza, dalle sue idee di prendersi
gioco e avvantaggiarsi del governo e alle “cifre” gonfiate per strappare prestiti da Deutsche Bank. «Rimpiango il giorno che
gli ho detto sì», ha continuato. Cohen ha parlato in un’atmosfera tesa in cui ha mostrato un certo nervosismo. Un mese fa
aveva rinviato la sua testimonianza al Congresso per timore delle ritorsioni del presidente.
I pagamenti a Stormy Daniels
Trump, ha detto Cohen rispondendo alle domande dei deputati soprattutto democratici, è stato direttamente coinvolto, contrariamente
a quanto asserito dal Presidente, nei negoziati sui pagamenti da 130.000 dollari all'attrice porno nota come Stormy Daniels
per zittirla, per evitare che lo accusasse di una relazione extraconiugale. Mentre trattava con i legali di Daniels alla vigilia
del voto presidenziale del novembre 2016, dopo ogni telefonata «sono andato nel suo ufficio e ho discusso la cosa con lui».
Di più: Cohen ha anche mostra un assegno che afferma essere dal conto bancario personale di Trump per rimborsarlo di quei
pagamenti. Un assegno da 35.000 dollari datato 1 agosto 2017, quando Trump era già alla Casa Bianca, parte di rate mensili
per farlo entrare dalla spese sostenute per mettere a tacere l'attrice.
«Trump sapeva delle email rubate alla Clinton»
Cohen ha anche detto, in apertura della sua testimonianza, che Trump sapeva delle e-mail rubate a Hillary Clinton da WikiLeaks
- e dai russi - in anticipo, attraverso il suo consigliere Roger Stone che teneva i rapporti con l'organizzazione. Quelle
e-mail furono imbarazzanti per la campagna della Clinton. Parlando di Stone, lo ha definito un «libero battitore» che «frequentemente
era in contatto con Trump, che era sempre felice di sentirlo».
Cohen, nello scorticare il carattere del Presidente, ha anche indicato che è possibile che nei rapporti di business con la
Russia, l'intera famiglia Trump sia «compromessa» da conflitti di interesse. E ha aggiunto che è possibile Trump abbina colluso
con Mosca nel manipolare le elezioni che lo videro vincitore perché fa parte della sua mentalità di «vincere a ogni costo».
Le minacce alle scuole per non comunicare i suoi voti
«Mr. Trump è un con man», semplicemente un truffatore, ha asserito Cohen senza mezzi termini. E ha raccontato che gli ha ordinato
di scrivere lettere minatorie alle sue ex scuole, dal liceo al college, intimando loro di non rilasciare mai i suoi voti e
risultati dei test. Riferendosi al Vietnam, dove ottenne di essere riformato in maniera controversa, Trump avrebbe detto a
Cohen che non era stato tanto “sciocco” da andare a combattere in quella guerra.
Trump sarebbe immorale anche nelle piccole cose come nelle grandi: una volta assoldò un finto acquirente per far alzare ad
arte il prezzo di un suo ritratto durante un'asta. E aveva orchestrato personalmente strategie per “gonfiare” il valore dei
suoi asset per apparire più ricco. Avrebbe, più significativamente, falsato i suoi “conti” per ottenere prestiti da Deutsche
Bank, una delle poche banche che gli facevano credito, per cercare di portare a termine acquisizioni, ad esempio una proposta
per rilevare la squadra di football americano dei Buffalo Bulls.
Cohen ha anche attaccato familiari e stretti alleati di Trump. Il suo avvocato Rudy Giuliano, è una «macchietta televisiva».
E suo figlio maggiore, Don Jr., veniva considerato alla stregua di un perdente dallo stesso Trump: «Ha il peggior senso del
giudizio al mondo», avrebbe detto il presidente allo stesso Cohen.
La campagna elettorale per Trump sarebbe stata anzitutto una opportunità di marketing, perché «non si aspettava di vincere». Adesso Cohen dice di voler offrire al Paese l'opportunità di «conoscere meglio» il carattere del loro presidente. Ammette grandi «rimorsi» per quel che ha fatto al suo servizio. «Lo scorso autunno mi sono dichiarato colpevole di reati commessi per conto, su ordine, in coordinamento e a vantaggio dell'Individuo 1», ha detto Cohen citando il documento dei magistrati sul suo caso. «Per la precisione, Individuo 1 è il Presidente Donald J Trump». I repubblicani e la Casa Bianca rispondono che Cohen non ha credibilità per accusare Trump.
© Riproduzione riservata