LONDRA - Si aggrava la crisi politica in Gran Bretagna. Oltre metà dei deputati conservatori chiede a gran voce un “no deal”, mentre la premier Theresa May sta decidendo se ripresentare l’accordo concordato con la Ue in Parlamento per la quarta volta oppure indire elezioni anticipate.
La terza sconfitta dell'accordo di recesso ieri in Parlamento ha creato un'impasse dalla quale è difficile immaginare una via d'uscita indolore in pochi giorni. Londra ha tempo solo fino al 12 aprile per trovare una soluzione, mentre l’Ue ritiene che un'uscita senza accordo sia ormai lo «scenario probabile».
Il presidente del partito conservatore, Brandon Lewis, ha confermato oggi che 170 deputati conservatori hanno scritto una lettera alla May per chiederle di non domandare a Bruxelles un ulteriore rinvio ma di lasciare comunque l’Ue il 12 aprile, anche con “no deal”. La posizione dei deputati conservatori è in netto contrasto con quella della maggioranza dei parlamentari, che si sono piú volte schierati contro un'uscita senza intesa.
Lewis ha insistito oggi che approvare l'accordo è l'unico modo di evitare no deal e al tempo stesso non essere costretti da un lungo rinvio a partecipare alle elezioni europee di fine maggio. «Dobbiamo fare tutto il possibile per evitarle», ha detto.
Per questo la May, nonostante tre brucianti sconfitte in successione, potrebbe tentare di farlo approvare al quarto tentativo la settimana prossima a Westminster. Ieri 34 deputati conservatori oltre agli unionisti nordirlandesi del Dup hanno votato contro l'accordo e non sembrano intenzionati a cambiare idea.
Nigel Dodds, numero due del Dup, ha dichiarato che preferirebbe restare nella Ue che accettare l'accordo della premier «che ci costringe ad accettare tutte le regole dell’Ue e versare soldi a Bruxelles senza avere alcuna voce in capitolo».
La May potrebbe inserire il suo accordo nelle votazioni previste in Parlamento lunedí sulle diverse opzioni possibili. Si prevede che ci possa essere una maggioranza per la proposta di restare nell'unione doganale o per un secondo referendum. La premier spera che i conservatori contrari a entrambe le ipotesi si convincano in extremis a votare a favore dell'accordo.
In caso contrario, la May ha lasciato intendere di preferire elezioni anticipate alla prospettiva di dover accettare il diktat del Parlamento, soprattutto se si tratta di restare nell'unione doganale, cosa che il manifesto elettorale conservatore escludeva esplicitamente e che la premier ritiene quindi sarebbe un “tradimento” della volontá degli elettori.
In questa situazione di totale incertezza, alcuni deputati hanno chiesto un Governo di unitá nazionale che possa traghettare
il Paese verso un'uscita ordinata dall’Ue, mentre altri spingono per una revoca dell'articolo 50 e quindi un annullamento
di Brexit. Mossa che sarebbe politicamente esplosiva, ma che ha il sostegno degli oltre 6 milioni di persone che hanno firmato
la petizione e che soprattutto è una scelta che la Gran Bretagna ha il diritto di fare unilateralmente senza chiedere il permesso
a Bruxelles.
Se messa alle strette, la May sembra però piú propensa a optare per l'unica altra scelta libera e unilaterale che Londra puó
fare, cioè no deal.
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