Ankara è perduta. E, a meno ci colpi di scena, probabilmente anche Istanbul, la città più popolosa e maggiore centro economico
del Paese.
Se le elezioni amministrative in Turchia dovevano rappresentare una sorta di referendum sulla popolarità del presidente Recep
Tayyip Erdogan, in un periodo in cui la recessione ha accresciuto il malcontento tra gli elettori, il risultato non può dirsi
felice.
Non è andata bene per Erdogan. È una magra consolazione se il partito del presidente, l’Akp, resta la prima forza politica del paese con il 45% dei voti, per giunta con tre punti percentuali in più rispetto al 2018, quando si è votato per le presidenziali. Il maggior partito di opposizione, il Chp, ha registrato performance positive in importanti regioni finora controllate saldamente dal partito di Erdogan dove si trovano anche comparti produttivi e industriali di una certa entità. Come Antalya, Adana, Mersin ed Eskisehir. In questi distretti, le indicazioni del leader del partito curdo Hdp, Selahattin Demirtas, ancora in prigione, a votare in favore del Chp sono state raccolte dagli elettori.
L’opposizione conquista Ankara
Da quando si era affacciato sulla scena politica turca, nel 2002, l’Akp aveva controllato Ankara ininterrottamente. Tanto
che la capitale era considerata una sorta di feudo, intoccabile, che si affacciava sull’Anatolia.
Era nell’aria ma adesso è ufficiale. Dopo 25 anni la capitale turca torna in mano ai repubblicani. Il politico che ha sconfitto
il candidato del presidente è una vecchia conoscenza, Mansur Yavas. È la terza volta che Yavas partecipa alle elezioni. Nel
2014, dopo essere passato nel partito repubblicano era stato sconfitto dall’ex sindaco Akp, Melih Gokcek. In quell’occasione,
Yavas, profondamente irritato, denunciò brogli e irregolarità nel conteggio dei voti.
Erdogan conserva comunque il potere nelle regioni dell’Anatolia più conservatrice e religiosa: come Konya, Kayseri, Erzurum,
Sanliurfa. E non è una novità. Ma in altre città dell’Anatolia profonda il suo consenso si è comunque eroso. E questa è un’altra
novità, impensabile fino a un anno fa.
Istanbul, opposizione in vantaggio sul filo di lana.
Quello che sta accadendo ad Istanbul sta assumendo i contorni di un giallo. giallo si è consumato nella notte, in un testa
a testa emozionante che all’improvviso ha visto il candidato dell’opposizione, Ekrem Imamoglu, rimontare scheda su scheda
all’ex premier Binali Yildirim, fedelissimo di Erdogan.
A scrutinio quasi ultimato Yildirim appare in tv ed annuncia: «Abbiamo vinto a Istanbul. Grazie a tutti». Nell’arco di pochi
minuti è successo di tutto. Fino al blocco disposto alla scrutinio degli ultimi voti, quando si era al 98,7% delle schede
scrutinate. L’interruzione di circa 10 ore ha scatenato caos e polemiche. Eppure, quando mancano solo 84 seggi da scrutinare
su 31.186, il candidato dell’opposizione, Imamoglu, risulta in vantaggio di circa 28 mila voti su Yildirim. Lo scrutinio sembra
ripreso da poco, ma è difficile comprendere quando il risultato verrà annunciato. L’opposizione resta comunque fiduciosa di
aver conseguito una storica vittoria.
Consiglio d’Europa: «In Turchia ambiente elettorale non libero»
In un clima ancora molto teso, il Consiglio d’Europa, aveva espresso un certo scetticismo sul regolare svolgimento del voto.:
«Non è pienamente convinto che attualmente in Turchia ci sia l’ambiente elettorale libero e giusto che è necessario per elezioni
genuinamente democratiche in linea con i valori e i principi europei», ha spiegato Andrew Dawson, a capo della missione di
osservazione elettorale del Consiglio d’Europa per le amministrative in Turchia.
L’alto tasso d’affluenza, arrivato all’84% , è «un segnale di salutare interesse democratico e consapevolezza» dell’elettorato,
ha proseguito Dawson. .
Ma questa volta il messaggio dell’elettorato turco è chiaro. La crisi economica ha alimentato lo scontento popolare. Parte
dell’elettorato dell’Akp non sembra più credere ciecamente nelle promesse del suo presidente.
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