GERUSALEMME - Per mezzo secolo nessun leader israeliano aveva osato tanto. Ma in una campagna ormai ridotta a uno scambio ripetuto di accuse, spesso infamanti - un «confronto brutale» secondo diversi osservatori politici - l’attuale premier israeliano, Benjamin Netanyahu, è sempre più deciso ad accattivarsi il voto della destra oltranzista.
IL RITRATTO / Bibi Netanyahu, il guerriero della sicurezza (di U. Tramballi)
Sorpassato (anche se di poco) negli ultimi sondaggi dalla coalizione di centro sinistra, la lista “Blu e Bianco” guidata dall’ex capo di Stato maggiore, Benny Gantz, Netanyahu, al potere dal 2009, ha infranto il più pericoloso dei tabù: l’annessione nel territorio israeliano degli insediamenti costruiti in Cisgiordania . Durante un’intervista televisiva, la risposta è stata chiara. Inequivocabile. «Estenderemo la sovranità israeliana. Ma non distinguerò tra blocchi di insediamenti e insediamenti isolati». L’ultima precisazione, poi, è una mazzata capace di far insorgere non solo il mondo islamico ma anche diplomazie occidentali che considerano illegali gli insediamenti in Cisgiordania, dove ormai 400mila “coloni” vivono circondati da 2,6 milioni di palestinesi (altri due milioni vivono nella Striscia di Gaza).
La questione degli insediamenti israeliani entra in campagna elettorale
Il presidente americano Donald Trump aveva già inferto un durissimo colpo alla ripresa del processo di pace tra israeliani
e palestinesi (interrotto nel 2014) quando, nel dicembre 2017, riconobbe ufficialmente Gerusalemme come la capitale di Israele,
spostando cinque mesi dopo l’ambasciata americana da Tel Aviv. A due settimane dalle elezioni politiche in Israele, il presidente
americano si è spinto ancora più in là, riconoscendo le Alture del Golan, strappate alla Siria nel 1967, come parte integrante del territorio israeliano. Le ultime intenzioni di Netanyahu sarebbero
la pietra tombale del processo di pace più lungo e difficile degli ultimi 100 anni.
Su una questione i palestinesi, ma anche gran parte della comunità internazionale, non transigono; la Cisgiordania deve far parte del futuro Stato palestinese. Naturalmente con gli opportuni aggiustamenti. Ovvero scambi di territorio. Perché ormai sarebbe impossibile rimuovere i grandi blocchi di insediamenti israeliani come Gush Etzion e Ma’ale Adumin, ma anche Ariel, ormai vere e proprie città dove vivono decine di migliaia di persone. Ma se fossero annessi tutti gli insediamenti presenti in Cisgiordania, anche quei piccoli villaggi di poche case abbarbicati sulle colline, e circondati da villaggi e città palestinesi, il presunto, futuro Stato palestinese diverrebbe un’ingestibile macchia di leopardo.
L'espansione intanto continua ...
Ormai oltre 600mila israeliani (di cui 200mila a Gerusalemme Est) vivono al di là della linea verde, il confine precedente
la guerra dei Sei giorni (1967), quello riconosciuto dalla Comunità internazionale. Ma l’espansione continua. E come se Netanyahu
volesse convincere gli elettori di destra che vuol far sul serio, domenica l’ente militare responsabile per autorizzare la
costruzione o l’espansione degli insediamenti ha avanzato un piano per costruire oltre 3.600 abitazioni in Cisgiordania .
Poche ore prima delle dichiarazioni del premier di voler annettere gli insediamenti nel territorio israeliano, 1.226 case
avevano appena ricevuto l’approvazione finale per essere realizzate.
Le possibile alleanza di Bibi con la destra oltranzista
Forse è l’ennesimo tentativo per accaparrarsi gli ultimi voti da parte di un leader in difficoltà, indagato per tre casi di corruzione e frode, che si sta spostando sempre più a destra pur di prevalere sul suo avversario. Netanyahu ora guarda a tutte le alleanze possibili
capaci di superare la soglia di sbarramento del 3,25%, vale a dire 4 seggi. Non si parla più del partito religioso Shas e
quello filo russo dell’ex ministro della Difesa Avigdor Lieberman, Israel Beitenu, suo ex alleato di Governo. Tre formazioni
politiche di destra e ultra destra rischiano di passare questa soglia. Sono la “Nuova destra”, “l’Unione dei partiti di destra
(Urwp) e Zehut. Partiti come Otzma Yehdit (che fa parte dell’Urwp) e Zehut hanno visioni estreme: puntano al trasferimento
dei palestinesi, all’annessione della Cisgiordania ed addirittura alla costruzione di una sinagoga (sarebbe la ricostruzione
del Tempio ebraico distrutto dai romani) sul monte del Tempio (o spianata delle moschee). Un'area delicatissima, dove si trovano
la moschea di Al-Aqsa e la Cupola della Roccia, terzo luogo sacro dell’Islam. Se Netanyahu dovesse vincere e creare una coalizione
di Governo con una maggioranza risicata, questi partiti chiederanno con ogni probabilità delle contropartite molto dolorose
(in termini di processo di pace) per sostenere il premier.
Richieste capaci di far insorgere gran parte della Comunità internazionale. Capaci perfino di mettere in difficoltà Donald Trump, grande tifoso di Netanyahu, e stroncare il suo “accordo del secolo” per il processo di pace ancor prima che sia annunciato.
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