È sufficiente? La Banca centrale europea, nella sua riunione di marzo, ha modificato la forward guidance, le indicazioni che fornisce sul probabile andamento futuro dei tassi: il costo ’ufficiale’ del credito resterà fermo per tutto il 2019. Ha voluto adeguarsi alle aspettative di mercato, già orientate in questo senso; anche se, come è emerso dai riassunti dei verbali, un certo numero di governatori, preoccupati per l’andamento della crescita e dell’inflazione, «hanno espresso una iniziale preferenza per estendere la forward guidance fino al primo trimestre del 2020», una data ritenuta «maggiormente in linea» con le indicazioni del mercato.
Attenzione sui dati in arrivo
Si è deciso di non andare troppo oltre;e giustamente dal momento che alcuni analisti, orientati per lo status quo, hanno espresso
qualche preoccupazione per quello che hanno considerato un’accelerazione: era il segno di un peggioramento delle prospettive?.
Fine 2019 è in realtà coerente - hanno spiegato i governatori nella discussione di marzo - con le previsioni macroeconomiche
(che intravvedono un rimbalzo della crescita e quindi delle pressioni sull’inflazione nella seconda metà dell’anno) e allo
stesso tempo è stato giudicato prudente non ’proiettarsi’ troppo nel futuro. La forward guidance sarà ora determinata sulla base dei dati in arrivo: la loro interpretazione, da parte del consiglio direttivo, diventa quindi
molto importante.
Prudenza sulle prossime mosse
Una modifica, nella riunione di aprile, è in ogni caso da escludere. Alcuni analisti puntano a giugno, in coincidenza con
la pubblicazione delle prossime proiezioni, ma proprio dalle minute è emerso che i governatori, pur contando sulle «prossime
riunioni» per cambiare la guidance «nel caso in cui le prospettive dovessero evolvere in modo meno favorevole di quanto ci si attende, si sono chiesti «quanto
spesso la forward guidance dovrebbe essere modificata in risposta ai nuovi dati».
Inflazione ancora debole
L’evidente rallentamento della crescita, in questo contesto, non deve far dimenticare l’inflazione. Non solo perché resta l’obiettivo prioritario, se non unico, della Banca centrale europea, ma anche perché non risponde agli stimoli monetari come la Bce vorrebbe. L’inflazione core resta molto debole (1,18% la media dei dodici mesi, 1% il dato di marzo), anche perché non riesce a essere risollevata dall’inflazione complessiva che ancora una volta sembra aver chiuso una parentesi di surriscaldamento per tornare intorno all’1,4% (anche se la media annua, 1,8%, è ai massimi dal 2013).
Inflazione salariale ancora elevata
L’inflazione salariale, su cui la Bce ha molto puntato come fattore inflattivo, resta comunque elevata, in termini assoluti e rispetto all’andamento degli ultimi anni: il marginale rallentamento del quarto trimestre 2018 la lascia comunque a livelli abbandonati nel 2019. È vero che la frenata dell’economia potrebbe moderare, e con un piccolo ritardo, le pressioni inflazionistiche; ma al momento, da questo limitato punta di vista, nulla invita a essere più incisivi a favore di un maggiore accomondamento.
Prestiti in moderato rallentamento
Continuano anche a salire i prestiti alle imprese, dopo la fine del quantitative easing e prima del varo delle nuove Tltro (di cui potrebbero essere decisi, in questa riunione di aprile, i termini tecnici). Da settembre 2018 il trend complessivo mostra un loro marginale rallentamento, in coincidenza con la frenata dell’economia, e in questo senso vanno monitorati attentamente, ma anche in questo caso non si può parlare di una situazione che richieda interventi immediati.
Condizioni monetarie in miglioramento
Centrale, ovviamente, sarà la valutazione della coerenza tra le condizioni monetarie e finanziarie - definite dai mercati - e l’orientamento della politica monetaria. L’indice delle condizioni monetarie elaborato dalla Commissione Ue non solo resta in territorio “restrittivo”, ma segnala anche un peggioramento in corso da settembre. I dati - aggiornati a fine marzo - si fermano però a febbraio e da allora le due componenti fondamentali si sono mosse nella direzione auspicata dalla Bce (che infatti così le ha valutate).
Euro in indebolimento
I tassi nominali a breve sono infatti tornati agli stessi livelli di gennaio, e più bassi di quelli di ottobre mentre quelli
a più lunga durata sono in flessione costante. Il cambio effettivo nominale dell’euro si è ulteriormente indebolito ed è tornato
ai livelli di giugno 2017. Le Borse, intanto, sono tornata ai livelli di settembre. Anche sotto questo punto di vista la
situazione è migliorata. Nella riunione di marzo, la Bce le ha valutate «favorevoli» e anche da questo punto di vista non
sembrano richiedere interventi verbali per una loro correzione.
Tassi negativi e banche
Le minute di marzo hanno segnalato la necessità di valutare l’impatto dei tassi negativi sulla redditività delle aziende
di credito, e diversi analisti sperano che i tassi sui depositi (oggi al -0,40%) possano essere modificati indipendentemente
dal tasso di riferimento (oggi allo zero). Al momento, però, mancano indicazioni sulla volontà di affrontare l’argomento:
l’impatto, è stato spiegato nell’ultima riunione varia «a seconda delle scadenze e dalle banche, in relazione al loro modello
di business e alla struttura dei loro attivi e passivi».
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