RUXELLES – Dopo un negoziato di otto ore, i Ventisette hanno deciso questa notte di rinviare l'uscita della Gran Bretagna
al 31 ottobre, dando nei fatti sei mesi in più al governo britannico guidato dalla premier Theresa May per far approvare da
Westminster l'accordo di recesso negoziato negli ultimi due anni tra Londra e Bruxelles. La trattativa è stata più lunga del
previsto: i paesi membri erano divisi tra chi era pronto a un rinvio lungo e chi preferiva una proroga corta.
Dopo che Westminster ha bocciato per ben tre volte l'accordo di divorzio, il governo britannico aveva chiesto ai Ventisette
di rinviare nuovamente Brexit nella speranza di evitare una uscita disordinata dall'Unione e guadagnare tempo per chiarire
la confusa situazione politica inglese. Londra aveva domandato un rinvio dal 12 aprile al 30 giugno, dopo avere ottenuto qualche
settimana fa una proroga dal 29 marzo al 12 aprile (si veda Il Sole/24 Ore del 23 marzo).
“Ci siamo messi d'accordo per un rinvio flessibile fino al 31 ottobre”, ha spiegato il presidente del Consiglio europeo Donald
Tusk. “Ciò significa sei mesi in più per trovare la migliore soluzione possibile”. In questo periodo, ha precisato l'ex premier
polacco, “il Regno Unito può ratificare l'intesa di divorzio, in quel caso il rinvio verrebbe annullato” oppure “revocare
del tutto la decisione di lasciare l'Unione europea”. I Ventisette si sono voluti generosi con Londra per evitare scadenze
troppo ravvicinate.
La questione del rinvio ha diviso i Ventisette. La Germania avrebbe preferito una proroga più lunga, fino al 31 dicembre 2019
o addirittura fino al 31 marzo 2020. La Francia, invece, ha puntato i piedi per il timore che la permanenza del paese nell'Unione
inquni i lavori comunitari. “La scadenza del 31 ottobre ci protegge” poiché “è una data chiave, prima dell'insediamento della
prossima Commissione europea”, ha detto il presidente francese Emmanuel Macron.
In questo periodo, la Gran Bretagna rimarrà paese membro a titolo pieno dell'Unione e dovrà quindi organizzare sul proprio
territorio le prossime elezioni europee. Parlando questa notte qui a Bruxelles, la premier May ha ribadito che il suo obiettivo
rimane comunque di far approvare l'accordo di recesso il più velocemente possibile per consentire al paese di uscire dall'Unione
europea il 22 maggio, ossia prima delle prossime elezioni europee del 23-26 maggio.
Dietro alla posizione francese di questa notte si nascondono una storica rivalità tra Parigi e Londra, genuine preoccupazioni
sul futuro dell'Europa, e la paura del presidente Macron che il tema Brexit diventi una arma nelle mani del Rassemblement
National di Marine Le Pen. Nel caso il Regno Unito decida all'improvviso di non organizzare le prossime elezioni europee,
il paese uscirà ipso facto dall'Unione il 1 giugno, si legge nelle conclusioni del vertice di questa notte.
Il comunicato del vertice straordinario stila condizioni rigorose. Il Regno Unito deve comportarsi in modo “costruttivo e
responsabile” durante i prossimi sei mesi. Il governo britannico “dovrà asternersi da qualsiasi comportamento che possa compromettere
la realizzazione degli obiettivi dell'Unione”. Il presidente Tusk ha spiegato che Londra “manterrà tutti i suoi diritti e
tutti i suoi obblighi”. I Ventisette faranno il punto della situazione nel tradizionale vertice di fine giugno.
Diplomatici a favore del rinvio lungo fanno notare che molte delle decisioni che dovranno essere prese nei prossimi mesi richiedono comunque la maggioranza qualificata, comprese le tante nomine istituzionali in scadenza a fine anno. Il solo importante dossier che richiede l'unanimità è il bilancio settennale, la cui approvazione avverrà a metà 2020. Ciò detto, le conclusioni prevedono che i Ventisette possano incontrarsi con la Commissione europea per discutere senza Londra del futuro dell'Unione.
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