L’Iran annuncia un passo indietro dall’accordo sul nucleare e 24 ore dopo gli Usa annunciano nuove sanzioni, questa volta relative all’esportazione di una serie di prodotti industriali, a partire dall’acciaio.
Martedì Teheran ha annunciato con una lettera che potrebbe recedere da alcuni degli impegni previsti dall’accordo sul nucleare nel 2015, se gli altri paesi firmatari del patto (Regno Unito, Cina, la Ue, Francia e Germania) non proteggeranno Teheran dalle sanzioni imposte dagli Usa di Donald Trump. Un’ulteriore missiva è stata inviata alla Russia. Secondo i termini dell’accordo, l’Iran si impegna a non superare una certa scorta di uranio impoverito e acqua pesante, vendendo il materiale in eccesso all’estero.
Nuove sanzioni Usa su un settore strategico per l’Iran
Ora la risposta dell’amministrazione Trump che impone sanzioni, con un ordine esecutivo, per colpire i ricavi della repubblica
islamica sulle esportazioni di ferro, acciaio, alluminio e rame. Complessivamente, il comparto dei metalli è il più importante
del Paese dopo il settore legato al petrolio, e rappresenta il 10% delle esportazioni dell’Iran. Questo potrebbe anche non
essere l’ultima misura di pressione da parte della Casa Bianca, «a meno che Teheran non cambi decisamente la propria linea»
è il messaggio del presidente Usa.
La mossa degli Stati Uniti va a colpire un settore importantissimo per l’economia iraniana già in pesante difficoltà per la messa al bando degli acquisti di petrolio da parte dei partner occidentali. Secondo Andrew Cosgrove, di Bloomberg, l’Iran ha esportato 138mila tonnellate di rame nel 2018, inoltre il Paese è il 18° esportatore mondiale di acciaio con 9,24 milioni di tonnellate sempre nel 2018, anno in cui Teheran ha esportanto anche 200mila tonnellate di alluminio.
Nella giornata di mercoledì, inoltre, alcuni analisti mediorientali non escludono che questa recrudescenza delle tensioni tra l’Iran e l’Occidente possa preludere a una vera e propria escalation armata.
L’intesa del 2015 e lo strappo di Trump
L’intesa del 2015 alleggeriva le sanzioni sull’Iran in cambio di un impegno a limitare il programma nucleare. Lo strappo di
Trump ha riattivato le ritorsioni contro il paese, colpendo soprattutto il settore petrolifero e bancario. In un discorso
alla televisione pubblica di Stato, il presidente Rouhani ha rincarato la dose, fissando un ultimatum di 60 giorni ai leader
mondiali per «rispettare le promesse» e siglare un patto che tuteli le esportazioni di greggio e il settore finanziario iracheno.
Se l’ultimatum di 60 giorni dovesse scadere senza risultati, l’Iran violerà i suoi impegni e riprenderà in parallelo il suo
programma di arricchimento dell’uranio (un processo che consente di ottenere un materiale fissile adatto a scopi nucleari).
Un anno fa lo strappo della Casa Bianca
L’appello di Rouhani arriva nell’anniversario della decisione di Trump di ritirare gli Usa dall’intesa siglata dall’amministrazione
del suo predecessore, Barack Obama.Dopo lo strappo voluto da Trump, il ritorno delle sanzioni ha esacerbato una crisi economica
già in corso, colpendo soprattutto il segmento petrolifero. L’obiettivo esplicito della Casa Bianca è di «azzerare» le esportazioni
di greggio da Teheran, infliggendo un colpo pesantissimo all’economia nazionale. L’Iran ha aggiunto di voler negoziare nuovi
termini con gli altri partner nell’intesa, ma ha riconosciuto che la situazione è complessa. In aggiunta, fa sapere Rouhani,
Teheran potrebbe avere una «forte reazione» contro l’Europa nel caso in cui i leader Ue decidessero di imporre nuove sanzioni
attraverso il Consiglio di sicurezza dell’Onu. La Casa Bianca non è ancora intervenuta sull’argomento.
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