Nel 2017, a ridosso delle elezioni federali tedesche, il think tank Bruegel ha pubblicato un’analisi sull’elettorato medio di Alternative für Deutschland: il partito di destra nazionalista che aveva appena conquistato oltre 90 seggi, varcando per la prima volta nella sua storia la soglia del Bundestag. Una fra i fattori comuni era quello anagrafico, visto che «i distretti dove gli elettori sono più anziani tendono a votare per la Afd».
Quasi due anni dopo, l’esito delle Europee potrebbero ribaltare l’equazione. Secondo un’inchiesta dell’agenzia AP, i partiti
che si collocano nella destra (estrema) dell’Eurocamera stanno cercando di scrollarsi di dosso l’immagine di forze «per nostalgici»,
corteggiando anche e soprattutto l’elettorato sotto i 30 di età. Una fascia di votanti che ha già iniziato a sbilanciarsi
a destra o, comunque, su partiti schierati contro l’attuale establishment. Nelle elezioni italiane del 2018, secondo dati della società di ricerca YouTrend, la Lega di Salvini ha conquistato il 21,2% degli elettori sotto ai 24 anni di età e il 15,1% di quelli fra i 25 e i 34 anni.
All’epoca la Lega viaggiava sotto al 20%. Ora potrebbe arrivare e sfondare il 30%, in teoria anche con la leva dei nuovi
votanti. Compresi quelli presenti in piazza il 18 maggio a Milano, nel comizio di chiusura della «alleanza nazionalista» lanciata
da Salvini per il voto del 23-26 maggio.
Un cambio di immagine (e di volti)
Il cambio di rotta inizia dalla scelta stessa dei candidati, privilegiando una schiera di volti giovani rispetto alle prime
linee scelte dalle forze mainstream. La AP ricorda alcuni casi come il 29enne Peter Kofod, fra i candidati di punta del
Partito del popolo danese, o Manuel Mariscal: classe 1992, «vicesegretario» della comunicazione di Vox, il partito di estrema
destra che ha fatto il suo ingresso nel Congresso dei deputati spagnolo con 24 seggi. In Francia Marine Le Pen ha reciso
i legami simbolici con il passato del suo partito, cambiando il nome da Front national a Rassemblement national e affidando
la campagne per il voto di maggio a Jordan Bardella: un 23enne di origini italiane che ha iniziato a militare nel vecchio
Front National dai 16 anni di età. Anche restando nella Penisola, uno fra i volti forti della Lega di Salvini è quello del
32enne Marco Zanni, europarlamentare che è stato indicato come uno dei tessitori delle alleanze internazionali del partito.
Anagrafe dei candidati a parte, il progetto di conquista degli elettori più giovani passa per una scelta strategica e mediatica:
cavalcare il malcontento della «generazione dimenticata» e sfruttare a pieno le praterie dei social network, lo strumento
che i cosiddetti populisti hanno dimostrato di padroneggiare con una competenza sconosciuta alle forze mainstream.
Sul primo fronte, quello politico, pesa l’incapacità dei partiti moderati o proeuropei di rivolgersi a un pubblico più giovane.
Lo European Council on Foreign Relations, un centro studi europeo, ha rilevato che il vuoto di forze tradizionali spiana la strada (anche) all’ultradestra. Per una quota robusta di neoelettori con una sensibilità liberale e ambientalista, ce n’è un’altra che sfoga la sua insofferenza
a crisi ed establishment in partiti di destra radicale. «Un numero significativo di giovani - scrive l’Ecfr - è attirato da
partiti di destra o antisistema. Il supporto per Jobbik (partito ungherese nazionalista, ndr) è il doppio fra i giovanissimi
rispetto alla media nazionale. Partiti come i Democratici svedesi, Vox e i nazionalisti di estrema destra in Polonia performano
particolare bene fra i millennials». L’insofferenza per la vecchia Europa e i «burocrati» di Bruxelles si accompagna a ricette
su tematiche che toccano da vicino le corde dell’elettorato. Nell’Europa che va al voto si contano 3,3 milioni di disoccupati
sotto ai 24 anni di età e 5,5 milioni di Neet, i giovani che non studiano né lavorano, mentre un millennial su due ritiene
che la «povertà» sia la prima emergenza sociale dell’integrazione comunitaria. Con queste premesse, l’offerta politica del
protezionismo o della difesa del welfare nazionale dalla «invasione dei migranti» può fare un certo effetto, soprattutto se
si somma alle lacune - vere o presunte - dei partiti tradizionali di centrodestra e centrosinistra.
Il peso dei social network
In termini di comunicazione, i partiti di ultradestra si sanno muovere con più facilità sui social network, i canali che rappresentano
uno dei principali bacini di informazione per gli elettori più giovani. La presenza online può raggiungere dimensioni anche
eccessive rispetto al peso elettorale. La pagina Facebook di Alternative für Deutschland conta un totale di 473.852 follower,
oltre a 49.100 «seguaci» su Instagram. L’Unione cristiano-democratica di Angela Merkel si ferma a 214.884 follower su Facebook
e 37.900 su Instagram pur avendo, in teoria, oltre 100 seggi in più al Bundestag. Il confronto si fa molto più impietoso spostandosi
in Spagna, dove l’ultradestra di Vox ha conquistato numeri dio peso soprattutto su Instagram. Vox conta oltre 259.500 fan
su Facebook e 301mila follower su Instagram. Il Partido popular, la forza centrista reduce da un tracollo alle ultime nazionali,
regge il confronto con 301mila follower su Facebook, salvo contarne poco più di 72mila su Instagram.
Il problema, per l’ex partito di Rajoy, è che gli ultimi studi sui giovanissimi (non solo) spagnoli mostrano che Instragram è di gran lunga il social più in crescita per la generazion Z: il blocco anagrafico dei nati dopo il 1995, il gradino successivo ai millennials. La presenza, però, non basta a garantire l’efficacia del messaggio politico. Davide Morisi, professore al Collegio Carlo Alberto di Torino, ha realizzato uno studio sul rapporto frala diffusione di Internet e la crescita dei populismi. Raggiunto dal Sole 24 Ore, spiega che «è probabile» che i giovanissimi siano più esposti alla propaganda digitale di tutte le forze politiche, incluse quelle orientate all’ultradestra: «È chiaro che si tratta di segmenti che i giovani utilizzano di più - dice - Quindi sono più esposti a questo tipo di comunicazione ». Non è detto, però, che i contenuti vadano sempre in porto. Una ricerca pubblicata sulla rivista statunitense Sciences Advances ha mostrato che gli utenti anziani sono più permeabile alle informazioni che leggono online, con il risultato di cadere più facilmente anche nella trappola delle fake news. Gli utenti più giovani possono essere più attrezzati, anche perché la comunicazione social fa breccia quando colpisce attitudini già presenti nell’elettore. «Certo, magari i giovani sono più raggiungibili - dice Morisi - Ma non è mai facile capire quale sia l’effetto del Web e quale il grado di convinzioni personali».
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