La Commissione elettorale, l’organismo indipendente che regola il finanziamento alla politica nel Regno Unito, farà il 21 maggio «visita» agli uffici del Brexit Party per una revisione sui fondi ricevuti in vista delle Europee 2019. Negli scorsi giorni l’ex premier laburista Gordon Brown ha chiesto che si aprisse un’indagine sul partito lanciato dall’eurodeputato Nigel Farage, avanzando il sospetto di giro illecito di donazioni straniere (e irrintracciabili) grazie al sistema di pagamenti online PayPal. Raggiunta dal Sole 24 Ore, la Commissione elettorale fa notare che non si tratta di un’inchiesta ma di una verifica formale del rispetto delle regole di trasparenza.
Secondo le leggi in vigore, le donazioni dei partiti possono essere non dichiarate sotto l’asticella delle 500 sterline (o delle 50 sterline nel caso di un individuo singolo). Sopra quella soglia devono essere forniti dati più precisi sulla nazionalità del mittente, con il vincolo che la transazione sia in sterline e arrivi esclusivamente da «donatori britannici». Una categoria che include cittadini iscritti nelle liste elettorali del Regno Unito o società registrate nell’Isola. «Se ci sono le prove che la legge potrebbe essere stata violata - dichiara il portavoce della Commissione elettorale - Consideremo cosa fare in linea con la nostra politica di applicazione delle leggi». Farage ha respinto ogni addebito, accusando l’establishment di essere «marcio alla radice» e dichiarandosi vittima di un complotto orchestrato «da Brown e i media». Il suo partito, ha aggiunto, «non accetta donazioni in sterline. Fine della discussione». In realtà, fanno notare i media inglesi, la questione resterebbe aperta perché il chiarimento sulla valuta non esclude la pista di un finanziamento in arrivo dall’estero.
L’ombra dei rapporti extra-Ue sul voto
Farage era già finito nel mirino di una inchiesta giornalistica per aver ricevuto l’equivalente di 450mila sterline dopo la
campagna di Brexit da Arron Banks, un businessman britannico noto per la sua militanza euroscettica e i sospetti di legami
con la Russia di Vladimir Putin. Il finanziamento configurerebbe un conflitto di interesse con la sua posizione di eurodeputato,
ricoperta da Farage da 20 anni esatti. La «revisione» dei fondi al Brexit party cade come una tegola a pochissimi giorni dal
voto. Il suo partito, registrato nel 2019 per «salvare la Brexit» dai tentennameni del governo May, è dato in ascesa dai sondaggi, con picchi di consensi stimati fino al 30%. Il sospetto, lasciato trasparire anche dalla denuncia di Brown, è che la sua
attività venga sostenuta da finanziatori illeciti o comunque esterni al Regno Unito e alla Ue. «La democrazia viene minata
- ha detto Brown - se ci sono pagamenti indichiarati, mai registrati e irrintracciabili a favore del Brexit Party». Farage
sostiene che il grosso dei finanziamenti sia generato da donazioni invididuali e di importo ridotto, fino a 25 sterline, in
arrivo dai singoli simpatizzanti del partito.
Il timore è che il movimento incassi cifre ben più robuste, magari da figure legate alla Russia o a portatori di interessi esterni al perimetro europeo. Il caso del Brexit Party si lega a quello che ha appena scosso la forza di ultradestra del Partito della libertà austriaco (Freiheitliche Partei Österreichs), ex alleato del primo ministro Sebastian Kurz alla guida del governo di Vienna. Il vicepremier e leader del Fpoe, Heinz-Christian Strache, è stato incastratato da un video dove appare intento a barattare favori alla presunta nipote di un oligarca russo. Strache ha dovuto dimettersi, facendo scattare un effetto domino che ha portato al ritiro di massa dei ministri del partito e alla convocazione di elezioni anticipate. Più in generale le istituzioni Ue stanno mettendo in guardia dal rischio di infiltrazioni sul voto nel 23-26 maggio, dall’inquinamento del dibattito con la produzione dolosa di fake news (notizie false e propagandistiche) ai casi di finanziamenti opachi da fonti extraeuropee.
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