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    Dossier | N. 3 articoli Sovranismo o integrazione

    Eurolandia a più velocità? Quattro grafici per capire come vanno l’Italia e i paesi periferici

    Forti che prevalgono sui deboli. Crescita compressa per l’austerità. La storia dell’Unione monetaria, a sentire gli euroscettici, è la storia di una profonda ingiustizia, e di una rigida applicazione di ricette ideologiche e preconcette. Il nostro Paese ne sarebbe uno delle principali vittime. I dati, però raccontano una storia in parte diversa.

    Prima della recessione: la corsa dei periferici

    PIL IN EUROLANDIA
    Base 1999 = 100. Fonte: Eurostat

    Dividendo l’area euro in tre grandi gruppi: i Paesi core (definiti un po’ per esclusione), i Paesi periferici (Spagna, Grecia, Irlanda, Grecia, Malta, Cipro), con l’Italia per conto sue per meglio valutare l’andamento della nostra economia in rapporto agli altri due grupppi, emerge che, a partire dal 1999 e fino alla Grande recessione, sono state le economie periferiche a fare decisamente meglio delle altre (+3,5% la media annua, dopo l’ingresso della Grecia), mentre la crescita dell’Italia è rimasta molto bassa (1,5% medio annuo).

    La crisi del debito e il grande rimbalzo

    IL PIL E LA CRISI FISCALE
    Base 2010 = 100.Fonte: Eurostat

    La fase più interessante è però quella successiva alla crisi del debito, esplosa in Grecia nel 2010. I Paesi “core” sono stati praticamente risparmiati dalle difficoltà, proprio mentre quelli più deboli vedevano l’attività economica contrarsi rapidamente (nel 2013 era il 93% di quella del 2010), salvo poi riprendersi rapidamente, fino a superare il livello precrisi; anche se non hanno raggiunto il gruppetto core, nel senso che non c’è stata una convergenza. L’Italia ha sofferto meno, ma poi non è riuscita a innescare una vera ripresa.

    Periferici molto «generosi»

    SPESE PUBBLICHE
    Base 1999 = 100. Fonte: Eurostat

    L’ingresso in Eurolandia ha condannato i paesi membri all’austerità? Decisamente no: i Paesi periferici hanno visto aumentare la spesa pubblica dell’88% tra il 2001 e il 2010, mentre il Pil aumentava del 19%. Si può anzi dire che la politica fiscale - insieme a quella monetaria, che per esempio ha gonfiato i prezzi degli immobili - abbia gettato i semi della crisi. L’andamento dei Paesi core è stato invece più moderato, come quello dell’Italia, ma in costante crescita.

    Il brusco taglio alle spese pubbliche

    LE SPESE PUBBLICHE E LA CRISI FISCALE
    Base 2010=100. Fonte: Eurostat

    In questo caso, a essere più rilevante è l’andamento della fase successiva alla crisi, quando i Paesi periferici - non l’Italia - hanno visto la spesa pubblica crollare rapidamente. In questo periodo sono stati compiuti alcuni errori: soprattutto - come ha riconosciuto il Fondo monetario internazionale - sono stati sottovalutati i moltiplicatori durante la fase recessiva, quando sono indubbiamente più alti, e quindi l’impatto negativo dell’austerità. La ripresa delle economie più deboli, però, è iniziata nel 2013, quando le spesa pubblica erano ancora oggetto di tagli ed è proseguita in una fase in cui sono rimaste ferme : il primo vero aumento si è registrato nel 2018.

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