Nelle sale seicentesche del castello di Courbat, alle porte di Tours, ogni mattina alle 7 e 45 in punto lo strillo di una sirena annuncia l'appello. In fila indiana, una sessantina fra gendarmi, poliziotti e guardiani di prigione si presentano per recuperare il programma della giornata. La cadenza è militare: per tutti, due ore di sport obbligatorie e un colloquio con uno psicologo. Poi, mentre alcuni vanno a pescare negli stagni nascosti nella foresta che circonda il castello, altri si dedicano al giardinaggio, o a un atelier di disegno. Quella che assomiglia a una strana colonia di vacanza è in realtà il primo e unico centro di salute mentale riservato alle forze dell'ordine francesi, fondato nel 1953 e gestito dall'Association national d'action social de la police.
Ogni anno, sono 400 gli agenti che chiedono di essere ammessi a Courbat per guarire dalle ferite invisibili del mestiere: disturbo post-traumatico da stress, depressione e dipendenze, che si accompagnano spesso a pensieri suicidi. «Curarsi resta una scelta volontaria, che può costituire un'alternativa alla sanzione disciplinare», spiega a IL Loïc, commissario di polizia in un quartiere sensibile di Lione. In passato, ha già preso la decisione di privare dell'arma di servizio un agente troppo affezionato alla bottiglia, prima di convincerlo ad andare in rehab. Il commissario, che come altri dirigenti è stato formato dal personale medico di Courbat a riconoscere i sintomi del “burn-out” dei propri collaboratori, assicura di essere «più cosciente dei rischi psico-sociali del mestiere».
Una necessità, visto che il tasso di suicidi tra le forze dell'ordine è di tre volte superiore a quello della popolazione civile. In Francia, dall'inizio dell'anno, già 28 poliziotti, due gendarmi e due pompieri si sono tolti la vita. Cifre allarmanti (il doppio rispetto a quelle del 2018) sulle quali il Governo non tollera più alcuna ironia: a fine aprile, un rappresentante del movimento dei gilet gialli è stato processato per direttissima a Parigi (e condannato a 8 mesi di prigione e 150 ore di lavori socialmente utili) per aver scandito lo slogan «Poliziotti, suicidatevi!» durante un corteo.
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