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Apple è pronta a fare a meno delle fabbriche cinesi per l’iPhone

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Apple è pronta a fare a meno delle fabbriche cinesi per l’iPhone

Foxcoon, azienda taiwanese con fabbriche in Cina, è il principale produttore di iPhone per conto di Apple
Foxcoon, azienda taiwanese con fabbriche in Cina, è il principale produttore di iPhone per conto di Apple

Apple può fare affidamento su un piano alternativo di uno dei suoi maggiori fornitori per affrontare lo scoppio eventuale di una guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina. Se necessario, il gruppo taiwanese Hon Hai Precision Industry (meglio conosciuto come Foxconn) è certo di essere nelle condizioni di trasferire al di fuori della Cina la produzione di tutti gli iPhone destinati al mercato americano. A sostenerlo è Liu Young-way, membro del neo comitato della gestione del gruppo fornitore e che attualmente produce gran parte degli smartphone nel continente cinese.

«Il 25% della nostra capacità produttiva è fuori dalla Cina e possiamo aiutare Apple a far fronte alla suae necessità per il mercato americano» ha detto Liu, aggiungendo che sono stati fatti investimenti in India per Apple. Non è chiaro - scrive Bloomberg - se l'India diventerà mai una base di produzione importante per i dispositivi Apple. Foxconn sta ora eseguendo test di qualità per l’iPhone Xr e prevede di iniziare la produzione di massa in uno stabilimento nella periferia di Chennai. I modelli più vecchi vengono attualmente assemblati in uno stabilimento a Bangalore.

Come riferito dal Financial Times, Foxconn è dunque disposto ad aiutare Apple (e altri clienti), che però non ha ancora chiesto un trasferimento della produzione. Secondo Liu, che ha parlato alla prima conferenza con gli investitori nei 45 anni di storia di Foxxcon, il quadro economico globale e quello del settore di riferimento «sembra sempre più cupo e imprevedibile». Il gruppo taiwanese ha anche confermato che la produzione nella sua nuova fabbrica nello stato americano del Wisconsin inizierà come previsto entro la fine dell'anno. Là il gruppo intende investire 1,5 miliardi di dollari (in cambio di incentivi fiscali per 4,5 miliardi) e dare lavoro fino a due mila americani entro la fine del 2020, quando inizierà a produrre server e prodotti di rete per il mercato statunitense in aggiunta a schermi a cristalli liquidi.

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