Il Partito popolare spagnolo si allea alla destra franchista di Vox e si riprende la guida della città di Madrid. Pur avendo perso le elezioni amministrative del 26 maggio, il Ppe è riuscito a creare un fronte di maggioranza stringendo accordi con Vox e con Ciudadanos: l’inedita alleanza può contare su 30 seggi in Consiglio comunale, quattro in più della coalizione tra i Socialisti (Psoe) e la lista di sinistra Mas Madrid della sindaca uscente Manuela Carmena, alla quale resta la magra consolazione di aver ottenuto la maggioranza relativa nelle urbe, con il 31% dei voti.
L’accordo è arrivato sul filo di lana, dato che il termine per formare una colazione sarebbe scaduto oggi: il fallimento dei lunghi negoziati tra Ppe, Ciudadanos e Vox avrebbe portato alla riconferma di Carmena.
Così non è stato e il nuovo sindaco è José Martinez-Almeida (Ppe). A Ciudadanos va il vicesindaco: Begoña Villacís. Il “partito dei cittadini” rivendicava per sé la poltrona di primo cittadino e aveva proposto una rotazione: due anni per Villacís, seguiti da due anni di Almeida. Una soluzione liquidata come «non seria, né responsabile» da un membro del Ppe, Andrea Levy: «Magari la prossima idea brillante sarà di far fare il sindaco ad Almeida nei giorni pari e a Villacís in quelli dispari».
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È l’intesa con Vox il dato significativo. Almeida cerca di spegnere le polemiche assicurando che sarà il sindaco di tutti: «Non lasceremo indietro quelli che vogliono una Madrid più aperta. Vogliamo scrivere il futuro, non vogliamo ricordare il passato». Ma lo spostamento a destra del Partito popolare fa un nuovo passo netto. E altrettanto fa l’avanzata di Vox nel cuore delle istituzioni spagnole. Nel voto di fine aprile aveva ottenuto il 10,2% dei voti, piazzando un drappello di 24 deputati alla Camera bassa.
Durante la campagna elettorale, tanto il Ppe che Ciudadanos avevano cercato di occupare i temi del movimento populista, ricalcandone le posizioni intransigenti sull’indipendenza della Catalogna, sull’immigrazione e contro il femminismo. A dicembre, Ciudadanos aveva già stretto un patto con Vox per conquistare il Governo dell’Andalusia. La strategia non ha pagato: nelle urne, gli elettori conservatori hanno premiato l’”originale”, vale a dire Vox, e punito le pseudo-imitazioni.
Il voto anticipato di fine aprile aveva visto il successo dei Socialisti del premier Pedro Sanchez con il 28,6%, addirittura rafforzato dalle europee del mese dopo, quando è salito al 32,8%. Lo Psoe non ha la maggioranza per formare un Esecutivo e ha aperto al partito anti-austerity Podemos, al quale ha però offerto solo un «Governo di cooperazione»: sostegno senza ottenere ministri. Sanchez punta infatti a un monocolore di minoranza, con appoggi esterni variabili su temi specifici (anche con i catalani) . Con i consensi in costante crescita, Sanchez ha anche sollevato la possibilità di tornare alle urne, se il Parlamento bloccherà il suo tentativo di formare un Esecutivo.
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Se Madrid finisce alla destra, Barcellona riconferma la sindaca uscente Ada Colau grazie a un accordo con il Psc, il partito socialista della Catalogna (8 seggi), e con la lista dell’ex premier francese Manuel Valls (3 seggi). Colau, attivista di estrema sinistra sostenuta da una lista civica all’interno della quale c’è Podemos, al voto del 26 maggio ha ottenuto 10 seggi, come i separatisti di Esquerra Republicana de Catalunya (che tuttavia avevano raccolto più voti). Per la prima volta, Barcellona avrà come sindaco un rappresentante di una lista che non è la più votata.
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