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Crisi del Golfo, alta tensione Usa-Iran. Teheran: passi indietro da accordo nucleare

Il presunto attacco alle due petroliere nel Golfo, ma non solo. La tensione in Medio Oriente sale dopo le accuse esplicite degli Usa a Teheran, ritenuto responsabile degli attacchi, e la non esclusione di «una risposta militare» da parte della Casa Bianca. Domenica, al coro di accuse nei confronti della Repubblica islamica si è aggiunta l’Arabia Saudita, principale alleato Usa nell’area: il principe Mohammed bin Salman, in un’intervista, ha incolpato l’Iran dell’attacco alle petroliere, aggiungendo in un tweet che «Teheran non ha avuto rispetto della visita del primo ministro giapponese in Iran e dei suoi sforzi diplomatici come mediatore» tra appunto gli Usa e lo stesso Iran.

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Allo scenario già di per sé teso e incerto si aggiunge poi la dichiarazione iraniana secondo cui lunedì verranno annunciati nuovi passi verso la riduzione degli obblighi nell’ambito dell’accordo nucleare del 2015. Accordo siglato all’epoca dall’amministrazione Obama con gli altri membri permanenti del Consiglio di sicurezza Onu (Francia, Cina, Russia e Regno Unito) più Germania e Ue, e poi disdett0 unilateralmente da quella Trump.

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Sul fronte delle navi attaccate, intanto, i membri dell'equipaggio della petroliera norvegese apparentemente attaccata nel Golfo di Oman sono arrivati a Dubai dopo due giorni in Iran, mentre l'altra nave attaccata, giapponese, è ancorata in rada davanti alla costa orientale degli Emirati Arabi Uniti. Le testimonianze dei marinai e i danni evidenti sugli scafi della Front Altair e della Kokuka Courageous, avranno un ruolo determinante per accertare le responsabilità. Gli Stati Uniti hanno puntato il dito contro l’Iran, seguiti da Gran Bretagna e Arabia Saudita, mentre l’Iran continua a respingere ogni accusa.

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Il principe bin Salman, attraverso i media sauditi, dopo le accuse a Teheran ha però precisato di non «volere una guerra» contro l’Iran. Tuttavia non sono pochi gli analisti che vedono nell’incidente alle petroliere un possibile “tassello” nella costruzione della cosiddetta “pistola fumante” che consenta agli Usa e ai suoi più stretti alleati di pianificare un intervento militare.

A complicare ulteriormente il quadro, anche la posizione di Israele, che da sempre guarda all’Iran, alla sua politica di espansione diplomatica in Medio Oriente, e al suo piano di sviluppo nucleare come a minacce mortali. Domenica si è riunito il Consiglio di difesa del governo israeliano per esaminare alcuni
«sviluppi della sicurezza nazionale». Fra questi - ha spiegato la radio pubblica - sono inclusi: la situazione al confine con Gaza (dopo che nei giorni scorsi due razzi sono stati sparati verso Israele); le nuove tensioni sulle alture del Golan; e anche la situazione nel Golfo dell’Oman dopo gli attacchi a due petroliere attribuiti dagli Stati Uniti all’Iran.

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