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la successione in casa tory

Regno Unito: sfida Johnson-Hunt per il dopo May (con il primo strafavorito)

Solo due finalisti sono rimasti nella corsa a diventare leader del partito conservatore e premier britannico. Boris Johnson è stato confermato superfavorito, conquistando 160 voti nell'ultimo round di votazioni stasera, oltre metà del totale. I deputati conservatori hanno scelto Jeremy Hunt come suo rivale. Il ministro degli Esteri ha ottenuto 77 voti, battendo per un soffio il ministro dell'Ambiente Michael Gove, che ha avuto 75 voti ed è stato quindi eliminato. Nella votazione di stamani era stato già eliminato il ministro dell'Interno Sajid Javid, che si era presentato come la vera alternativa a Johnson per il suo background così radicalmente diverso – musulmano, figlio di immigrati pakistani, cresciuto in povertà. L'eliminazione di Gove significa che la fase finale della corsa non sarà dominata dalla rivalità personale tra i due concorrenti. Gove era stato uno dei leader della campagna a favore di uscire nel 2016 assieme a Johnson ma lo aveva platealmente pugnalato alla schiena dopo il voto, candidandosi a premier poche ore prima del previsto annuncio di Johnson. I due ex amici da allora sono diventati acerrimi rivali.

Johnson ha dalla sua la carta sulla Brexit
Per Johnson però sarà più facile criticare Hunt come un “Remainer”, perché come Theresa May aveva votato a favore di restare nella Ue nel referendum del 2016 anche se ora sostiene di voler rispettare la volontà popolare e attuare Brexit. Il ministro degli Esteri non può competere con Johnson sul fronte della popolarità e del carisma, ma si presenta come il candidato serio e competente che oltre a un passato di imprenditore di successo può vantare molti anni da ministro della Sanità e poi degli Esteri. La parola ora passa ai circa 160mila membri del partito conservatore, che voteranno per posta nelle prossime settimane. L'annuncio del vincitore sarà fatto tra circa un mese.
Entrambi i candidati rimasti in lizza non escludono un'uscita dalla Ue anche senza un accordo e quindi senza “cuscinetto” per facilitare la transizione. Johnson, in particolare, ha dichiarato che «usciremo dalla Ue il 31 ottobre senza se e senza ma». Una strategia pericolosa, secondo il cancelliere dello Scacchiere Philip Hammond, che oggi ha sottolineato i rischi sia economici che politici di un no-deal.

Una hard Brexit avrebbe conseguenze negative per l'economia, avverte Hammond in un discorso che terrà stasera nella City, sperperando il “tesoro” da 26,6 miliardi di sterline di riserve accumulate grazie alla gestione prudente del Governo. Il cancelliere esprime preoccupazione per il fatto che i candidati hanno promesso tagli alle tasse e aumenti della spesa pubblica ma senza proporre un piano alternativo e credibile per Brexit: «Non posso immaginare un Governo conservatore che scelga una no deal Brexit, mettendo in pericolo sia l'Unione che la nostra prosperità economica». Sul fronte politico un no-deal secondo il cancelliere potrebbe spaccare il Regno Unito, portando all'uscita un domani della Scozia e anche dell'Irlanda del Nord, due Stati con una maggioranza favorevole a restare nella Ue. Il caos creato da un'uscita disordinata potrebbe anche portare a elezioni anticipate e alla vittoria dell'opposizione laburista guidata dall'oltranzista Jeremy Corbyn. Anche la Banca d'Inghilterra è pessimista sulla prospettiva di un no-deal. La BoE oggi ha lasciato invariati i tassi d'interesse allo 0,75% come previsto, ma ha ridotto le previsioni di crescita dell'economia nel secondo trimestre 2019 a zero proprio a causa dei timori di una hard Brexit.

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