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Dossier «Protezionismo Usa? Ci preoccupano di più gli investimenti della…

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    Dossier | N. 12 articoliSpeciale Ces 2017

    «Protezionismo Usa? Ci preoccupano di più gli investimenti della Cina”

    (Agf)
    (Agf)

    LAS VEGAS - Le polemiche sul protezionismo di Donald Trump, che stanno scuotendo il settore auto, sono arrivate fino al Consumer Electronics Show di Las Vegas, un evento che da qualche anno attira in misura crescente le case automobilistiche e i loro fornitori. Uno di questi è StMicroelectronics, il colosso italo-francese dei semiconduttori, guidato da Carlo Bozotti.

    St non produce negli Usa, dove mantiene una serie di presìdi tecnologici, ma circa un terzo del suo fatturato è con clienti americani, anche se poi i prodotti vengono consegnati alle fabbriche cinesi di questi ultimi: Apple è un esempio tipico. Come vede Bozotti le recenti prese di posizione in senso protezionista del presidente eletto Donald Trump: se scatenasse una guerra commerciale? “Non può farlo...” è la risposta di getto del manager. Che poi spiega: “Ci preoccupa di più l'enorme sforzo che stanno facendo in Cina, con investimenti per 160 miliardi di dollari in dieci anni sui semiconduttori. Non è chiaro se le risorse del piano (annunciato nel 2015, ndr) siano di origine privata o statale: è importante che non ci siano distorsioni alla concorrenza”.

    Per ora Usa e Cina sono mercati aperti
    Per ora, dice Bozotti, sia gli Usa che la Cina sono mercati aperti alle aziende estere. “Per un'azienda come St è importante lavorare su ricerca e sviluppo anche a livello locale con i grandi clienti americani. Negli Usa c'è qualche vantaggio per i produttori locali nel settore militare, ma per il resto è un mercato aperto. Lo è anche la Cina: con buoni prodotti, buone tecnologie e buona presenza locale, noi riusciamo a servire anche la massa di clienti medio-piccoli. A parte - anche in questo caso - alcuni settori, come i chip che entrano nelle carte d'identità”. Applicazioni “sensibili” dal punto di vista del controllo politico, si potrebbe dire.

    La crescita di St corre su quattro ruote
    Il boom dell'elettronica applicata all'auto ha spinto negli ultimi anni la crescita dei ricavi di St e ne ha anche cambiato in parte il modello di business. “Manteniamo il business model tradizionale, vendendo i nostri chip ai fornitori di primo livello (Tier 1), ma abbiamo anche qualche contatto diretto con i costruttori automobilistici, fondamentale dal punto di vista dell'evoluzione tecnologica. E' un modo di operare ancora di nicchia che è iniziato, direi, nel 2010, un anno che per noi fu di grande sofferenza nelle consegne; ci serviva quindi un contatto più diretto con i clienti dei nostri clienti. Da allora sono nate alleanze come quella con Audi o con alcuni costruttori cinesi. Le case vogliono anche capire da noi quali sono le potenzialità che la tecnologia offre”.

    Risparmi con i chip di Catania
    I chip possono contribuire in misura significativa al miglioramento dell'efficienza dei veicoli:
    “Noi abbiamo introdotto per un costruttore europeo, per una vettura che va in produzione quest'anno, un chip con tecnologia Fd-soi (fully depleted silicon on insulator) che consente, a parità di costo e di potenza elaborativa, di ridurre la potenza dissipata del 30%. Questo per quanto riguarda i circuiti di controllo; per quanto riguarda l'auto elettrica, scommettiamo sulla tecnologia del carburo di silicio. Nel 2016 abbiamo investito 100 milioni di dollari per avviare la produzione a Catania (questo sarà l'anno del decollo dei volumi di produzione); la tecnologia permette di aumentare l'autonomia di una vettura elettrica del 20%, oppure di ridurre di una percentuale simile costo e peso delle batterie”.

    Nuova alleanza in Israele
    Per quanto riguarda la connettività, St ha abbandonato le comunicazioni cellulari con l'uscita da St-Ericsson ma ha sviluppato, dice Bozotti, “una soluzione wi-fi molto avanzata a lungo raggio (fino a un chilometro e mezzo), che permette le comunicazioni tra veicolo e veicolo, che quelle con l'infrastruttura. Qui al Ces presentiamo una collaborazione con un'azienda israeliana che si chiama Autotalks; speriamo di replicare il successo che abbiamo avuto com Mobileye, con lo stesso modello di business: noi forniamo i chip e loro vendono ai costruttori il sistema completo”.

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