Il reato di omicidio stradale non è incostituzionale. Lo ha stabilito il Tribunale di Padova nel corso di un processo in cui la difesa dell’imputata aveva chiesto che venisse sollevata una questione di costituzionalità dell’articolo 589-bis del Codice penale (introdotto dalla legge 46/2016), dato che il nuovo reato avrebbe introdotto «un trattamento sanzionatorio ingiusto e irragionevole in relazione, soprattutto, ad altre fattispecie analoghe o anche in ipotesi di reati dolosi percepiti peraltro dalla collettività con connotati di grave disvalore sociale». Naturalmente quello di Padova è solo uno dei primi vagli cui il reato è stato sottoposti. In futuro, la questione potrà anche approdare alla Consulta, perché dubbi ne restano.
Infatti, non sono poche le norme che puniscono chi, a vario titolo, cagiona la morte di una persona e le pene sono ben più lievi rispetto all’omicidio stradale aggravato (si veda la scheda sulla destra).
I giudici di Padova hanno però ritenuto che la nuova norma non contrasti con la Costituzione: «Il Legislatore, nella sua piena discrezionalità, ha ritenuto di formulare delle pene edittali, soprattutto nel minimo, più alte per l’omicidio stradale in ragione della particolare gravità della condotta stessa ed anche della frequenza con cui essa avviene, soprattutto con le modalità aggravate. Quindi si ritiene che sia un legittimo esercizio del potere discrezionale da parte del legislatore di ritenere maggiormente grave questa condotta rispetto ad altre forme di omicidio colposo».
Ciò non convince pienamente: è condivisibile – in un moderno Stato di diritto – il richiamo alla salvaguardia della discrezionalità delle scelte del legislatore, ma la legge 46 per la prima volta ha introdotto pene così alte per reati involontari, decidendo per di più di renderle non mitigabili dal giudice (c’è il blocco delle attenuanti).
Ciò può portare alla paradossale situazione in cui un giudice non può riconoscere la prevalenza dell’attenuante del risarcimento a un imputato che ha cagionato un incidente mortale solo perchè ha bevuto un bicchiere di troppo. Anche se è incensurato e nella dinamica del fatto non ha effettivamente influito l’assunzione di alcol, ma una violazione generica del Codice della strada.
Proprio per evitare epiloghi del genere, in passato la Corte costituzionale ha censurato meccanismi analoghi a questo (previsto dall’articolo 590-quater), nella misura in cui alterano «gli equilibri costituzionalmente imposti nella strutturazione della responsabilità penale» (sentenza 106/2014). Inoltre, la recente sentenza 74/2016 ha dichiarato incostituzionale l’articolo 69, comma 4 del Codice penale, che prevedeva il divieto di prevalenza, rispetto alla più grave forma di recidiva (articolo 99, comma 4), dell’attenuante del ravvedimento (articolo 73, comma 7, del Testo unico sugli stupefacenti) proprio perchè non riconosce alcun valore, in termini di mitigazione della pena, alla condotta susseguente al reato: essa «si proietta nel futuro e può segnare una radicale discontinuità negli atteggiamenti della persona e nei suoi rapporti sociali».
Altro punto qualificante dell’ordinanza di Padova è il riconoscimento che possono vantare legittime aspettative di risarcimento del danno morale – oltre agli eredi della vittima – anche le associazioni rappresentative di interessi diffusi nel settore della circolazione stradale, i cui scopi statutari sono da ritenersi lesi dalla condotta del responsabile di un incidente mortale.
La decisione si richiama a una “pacifica” giurisprudenza, che riconosce alle associazioni rappresentative di interessi diffusi collegati al bene giuridico protetto da una norma penale il ruolo di danneggiato, oltre che quello di persona offesa che gli attribuisce l’articolo 91 del Codice di procedura penale.
C’è però da chiedersi quanto una presenza del genere sia di aiuto – nel processo – ai diritti delle vittime di reati stradali. Non solo perchè può sottrarre loro risorse patrimoniali (l’associazione ha l’obiettivo di aggredire i beni del colpevole tanto quanto loro), ma anche perchè la presenza di una (agguerrita) parte processuale in più – che seguendo la decisione di Padova, avrebbe titolo a costituirsi parte civile in tutti i processi per omicidio o lesioni stradali – può rivelarsi un elemento di aggravio dei tempi e dell’asprezza della dialettica processuale.
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