Ora che non c’è più la regolamentazione speciale antitrust europea che li tutela, i concessionari sono più esposti al rischio di subire la revoca del mandato da parte delle case automobilistiche. Con le modifiche al Regolamento Monti del 2002 (si veda la scheda qui a destra), la Commissione Ue persegue altre priorità, sostanzialmente rimettendo ai giudici nazionali la soluzione delle controversie tra case e appartenenti alle reti. E i giudici nazionali mostrano più di una riserva nel riconoscere surrettiziamente a concessionari e officine le prerogative che la vecchia normativa loro attribuiva.
Lo si vede soprattutto in materia di accesso alla rete e recesso dal contratto. Alcuni provvedimenti giudiziari recenti danno occasione per riflettere.
Accesso alla rete
Con ordinanza del 22 marzo, il Tribunale di Torino ha deciso, in sede di urgenza, sul ricorso di un concessionario Fca che – avendone i requisiti e avendo subìto la revoca del mandato di vendita - intendeva essere ammesso alla rete dei riparatori ufficiali. Ciò, sull’assunto che, anche col nuovo assetto normativo europeo, la casa fosse tenuta ad accogliere tutti i candidati in possesso degli standard.
Il giudice mostra di non condividere. Nega la tutela richiesta affermando che ora nessuna disposizione antitrust «prevede un obbligo per la casa produttrice. di autoveicoli di stipulare contratti con imprese che soddisfino standard per appartenere alla sua rete di distribuzione selettiva qualitativa di fornitori di servizi di assistenza post-vendita e di vendita di ricambi». Di qui la conclusione che «il Tribunale non può…ordinare a Fca di stipulare nuovi contratti».
La decisione, per quanto provvisoria e soggetta a reclamo, merita un commento, perché scardina la consolidata convinzione degli operatori e abbraccia un ragionamento non del tutto condivisibile. Vero è che il nuovo corpus normativo antitrust priva il settore auto delle specificità regolatorie prima esistenti. Vero è, tuttavia, che anche prima la casa non era a stretto rigore obbligata ad ammettere tutti coloro che volessero far parte della rete; più semplicemente, il costruttore era edotto del fatto che una selezione discrezionale o quantitativa dei concessionari/riparatori avrebbe comportato una valutazione caso per caso della legittimità degli schemi contrattuali; col rischio che la rete fosse priva di copertura legale. A ben vedere, la situazione oggi non è radicalmente cambiata.
Visto che le norme sulla concorrenza guardano alla sostanza dei rapporti e delle lesioni concorrenziali, la prospettiva non è insomma quella della sussistenza o meno di una disposizione che imponga alla casa un obbligo di contrarre, quanto quella della verifica della fondatezza di una theory of harm (teoria del pregiudizio) antitrust in base a cui si possa supporre che una certa previsione contrattuale, quale quella della ammissione alla rete dei riparatori, se rimessa alla discrezionalità della casa, determini effetti anticoncorrenziali. Ciò, tenendo conto che la casa ha una posizione particolare nel mercato dei servizi di assistenza sui propri veicoli.
Recesso e buona fede
Con la sentenza 13370 del 2 dicembre 2016, il Tribunale di Milano ha riaperto il mai sopito dibattito sulla legittimità dell’esercizio, da parte delle case, del recesso dal contratto di concessione. I giudici hanno integralmente respinto le censure con cui il concessionario eccepiva la violazione, da parte della casa, degli obblighi di correttezza e buona fede, secondo taluni interpreti attenuando l’impatto della celebre sentenza Renault (Cassazione, n. 20106 del 18 settembre 2009), che aveva ribadito la necessità che il diritto di recesso andasse esercitato con modalità tali da tutelare gli interessi della parte debole.
In realtà, nessun cambio di rotta. Il Tribunale ribadisce che la buona fede non è un passpartout che consenta sempre e comunque al concessionario di prolungare in eterno il rapporto o sterilizzare gli effetti del recesso della casa (come del resto chiarito dalla stessa Cassazione, con la sentenza “Volkswagen”, la n. 20688/2016).
Anche in questa circostanza non vi sono automatismi. Il diritto antitrust non sancisce alcun diritto del concessionario alla permanenza nella rete contro la volontà della casa sol perché il recesso incide in negativo sulla posizione del dealer.
Ma la buona fede può operare a correttivo se il concessionario dimostra che il recesso della casa, per le modalità di svolgimento del rapport o, ècontrario a canoni di correttezza ed equilibrio. Per esempio quando la decisione di terminare il rapporto, pur con congruo preavviso, segua richieste al concessionario di significativi investimenti, magari di lungo periodo, non ancora ammortizzati.
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