Toyota investe in Uber mezzo miliardo di dollari. Una scommessa strategica per sviluppare assieme vetture a guida autonoma, le cosiddette driverless cars, con obiettivi di riduzione dei costi del progetto e di miglioramento della sicurezza in strada. Ma che ha anche implicazioni finanziarie: valuta l’intero gruppo americano della mobilità alternativa che l’anno prossimo potrebbe sbarcare a Wall Street, 72 miliardi di dollari, più dei 62 miliardi di recente stimati. La partnership è la benvenuta per Uber che è a caccia di risorse date le forti spese che sta sostenendo per diventare una vera e propria Amazon dei trasporti.
Il percorso a ostacoli del self-driving
Con un’espansione che dalle auto arriva oggi alla consegna di beni alimentari - Uber Eats - a servizi cargo e via camion,
fino a biciclette e scooter elettrici per il trasporto urbano e la lotta alla congestione del traffico. Uber continua a operare
in perdita. Più in dettaglio, l’accordo con Toyota prevede l’integrazione della tecnologia self driving in modelli Sienna
della casa giapponese in servizio nella rete di taxi alternativi gestita da Uber. In seguito i veicoli potrebbero passare
direttamente in mano a gestori di parchi auto. La divisione di Uber impegnata su questa nuova frontiera ha conosciuto di recente
difficoltà significative: ha tagliato gli investimenti dopo aver iniettato ben 750 milioni l’anno scorso. E ha sofferto un
incidente fatale in Arizona che ha eroso la fiducia nel programma.
L’esperienza con Grab
Durante le ultime dichiarazioni sui risultati del gruppo, i vertici guidati dal chief executive Dara Khosrowshahi, tra le
cui priorità di riorganizzazione c’è proprio il controllo dei costi, non hanno neppure più menzionato apertamente le attività
self-driving. La casa automobilistica giapponese, da parte sua, è in ritardo nel puntare sul self-driving ma, per recuperare
il terreno perduto, aveva già investito in giugno un miliardo di dollari nella startup asiatica Grab, la Uber d’Oriente valutata
oggi dieci miliardi. Uber stessa aveva in passato rilevato una quota in Grab, che ha tuttavia ceduto come parte d’un nuovo
focus sulle attività strategiche e potenzialmente pià redditizie.
Le mosse di Gm e Ford
Toyota non è la sola ad aumentare oggi le puntate sulle nuove società di ride-hailing e di hi-tech. General Motors nel 2016 aveva investito la medesima cifra, 500 milioni, nella grande rivale di Uber, Lyft. Quell’accordo fu il primo nel
suo genere da parte di una Big americana delle quattro ruote, segno dell’interesse delle aziende tradizionali del settore
a non lasciarsi sorpassare nelle soluzioni tecnologiche che potrebbero rivoluzionare i trasporti. Ford, nel frattempo, ha
dato vita a una nuova controllata nel campo, la Ford Autonomous Vehicles, con l’intento di attirare anche investitori esterni.
Fca ha fornito veicoli a Waymo e ha una partnership con Bmw e Intel per approntare una tecnologia di guida autonoma entro il 2021.
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