Motori24

Dossier Car sharing, cresce il mercato dell’auto che non si compra

  • Abbonati
  • Accedi
    Dossier | N. 33 articoliLa sfida della mobilità sostenibile

    Car sharing, cresce il mercato dell’auto che non si compra

    In crescita. Enjoy di Eni (nella foto una Fiat 500)  protagonista del car sharing free floating registra un costante aumento nel numero di noleggi e nelle autodispobibili. Car2go di Daimler è il leader mondiale con 3,5 milioni di utenti
    In crescita. Enjoy di Eni (nella foto una Fiat 500) protagonista del car sharing free floating registra un costante aumento nel numero di noleggi e nelle autodispobibili. Car2go di Daimler è il leader mondiale con 3,5 milioni di utenti

    Niente spese di carburante, bollo, manutenzione, box. Ma un’auto in caldo quando serve e dove serve, con un pagamento che scatta in automatico sul proprio smartphone. A più di un decennio dal debutto in Italia, il modello di business del car sharing continua a macinare numeri importanti nella Penisola. Gli italiani restano affezionati alle vetture di proprietà, se si considera che la quota di auto viaggia oltre le 60 unità per ogni 100 abitanti. Ma il principio dello sharing si ritaglia margini sempre maggiori, facendo breccia fra nuove generazioni e città del Nord Italia.

    A partire da Milano, capitale della mobilità condivisa sulle quattro ruote (e pure sulle due, vedi articolo a fianco). Le ragioni del successo? In parte il cambio di paradigma dei consumi, il passaggio dall’acquisto alla logica del pay for use. In parte una questione più fisiologica: il risparmio. Con una spesa fissa per auto che si aggira sui 1.515 euro l’anno, secondo il portale Sostariffe.it, in tanti preferiscono saltare a bordo di una Enjoy e risparmiarsi i costi burocratici e finanziari di un investimento in pianta stabile. La “tecnologia” del car sharing, se così si può definire, consiste in piattaforme online per rintracciare e noleggiare auto, pagando esclusivamente l’utilizzo che se ne fa. I prezzi variano dai pochi centesimi al minuto a pacchetti giornalieri fissi, che vanno dai 50 euro per 24 ore continuative a circa 150 euro per 48 ore a bordo e un massimale di chilometri disponibili.

    L’offerta non manca. Su scala italiana, secondo l’ultimo rapporto Mobilità sostenibile del ministero dell’Ambiente, si contano un totale di 7.679 vetture condivise. L’incidenza di auto elettriche è arrivata a quasi un quarto, il 24%, in rialzo del doppio esatto rispetto al 12% che si registrava solo nel 2015. Il totale di iscritti è arrivato al milione di unità nel 2017, per un totale di 62 milioni di chilometri percorsi sulle strade urbane ed extraurbane da macchine che si rintracciano con smartphone e Gps sottomano. I principali player si dividono in due categorie familiari anche agli appassionati delle bici in condivisione, lo station based (la condivisione basata su stazioni fisse) e il free floating (le auto che possono essere prelevate e parcheggiate ovunque).

    La prima categoria, tutto sommato più affine al noleggio, ha spianato la via italiana al car sharing con piattaforme come Ubeeqo (attiva dal 2004 con il nome di GirAci) ed E-vai: il «car sharing ecologico» al debutto nel 2010, con vetture prevalentemente elettriche e postazioni progettate in un’ottica di integrazione fra più mezzi di trasporto, dagli aeroporti alle stazioni servite solo da linee locali. La seconda categoria, quella delle auto «a flusso libero», ospita i marchi più noti al grande pubblico. L’esempio tutto italiano è Enjoy, la piattaforma di auto e scooter in condivisione nato sotto il marchio Eni. Dopo l’esordio a Milano nel 2013, con una prima flotta di Fiat 500, l’azienda ha iniziato a moltiplicare la sua presenza con 794 vetture nel capoluogo lombardo, 654 a Roma, 400 a Torino, 200 a Catania e Firenze e 100 nell’ultima provincia finita sulla strada della piattaforma di condivisione.

    Tra i prodotti in arrivo dall’estero ci sono Car2Go e Drivenow, fresche di fusione dei rispettivi servizi nel marzo 2018. Car2Go, controllata del gruppo tedesco Daimler Ag, è sbarcata in Italia nel 2013. I numeri macinati nel resto del mondo sono da record, almeno per il settore: 3,5 milioni di utenti su scala internazionale, 2 milioni in Europa e 527mila in Italia (dove serve i clienti con una flotta di 250 auto a Firenze, 450 a Torino, 665 a Roma e 940 a Milano). DriveNow, nata nel 2011 dalla joint venture fra il gruppo Bmw e l’azienda di auto a noleggio Sixt Se, è attiva anche a Milano (500 vetture, oltre 100mila clienti) e sta sperimentando formule ibride fra lo sharing e il noleggio classico. La scorsa estate ha inaugurato offerte settimanali, come alternativa ai costi – robusti – delle aziende tradizionali.

    Oggi offre pacchetti con una dote fissa di ore o giornate di utilizzo, arrivando a coprire anche lassi di 48 ore e 200 chilometri a bordo. Fra le flotte del tutto votate all’elettrico c’è Share’ngo, una piattaforma di 1.500 microcar «alla spina» diffuse fra Milano, Roma, Firenze e Modena. L’azienda detiene l’82% delle vetture elettriche in condivisione, spingendo al 24% l’incidenza dei veicoli green in circolazione in Italia. I limiti del fenomeno? Il car sharing «all’italiana» sconta ancora una distribuzione modesta in valori assoluti e disomogenea sul piano geografico. I servizi attivi coinvolgono 12 città nel Nord, due nel centro (Roma e Firenze) e tre in tutto il Sud. Milano, da sola, incide su quasi la metà del parco auto disponibile (3.290) e oltre la metà degli iscritti nazionali (639mila).

    © Riproduzione riservata