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Dossier Il nodo delle reti sciolto dai grandi network

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    Dossier | N. 33 articoliLa sfida della mobilità sostenibile

    Il nodo delle reti sciolto dai grandi network

    Nella foto un Supercharger del network di Tesla che pemette di ricaricare le vetture della casa californiana in tempi brevi. In circa 30 minuti è possibile ricaricare oltre il 50% della batteria
    Nella foto un Supercharger del network di Tesla che pemette di ricaricare le vetture della casa californiana in tempi brevi. In circa 30 minuti è possibile ricaricare oltre il 50% della batteria

    Se la prima sfida dell’auto elettrica è quella delle batteria, la seconda è sicuramente quella delle reti di ricarica. E non certo per ordine di importanza. Se infatti per gli accumulatori la responsabilità è in mano essenzialmente all’industria privata, per le reti si mescolano gli interessi di più settori e anche quello pubblico. Il legislatore è chiamato a fornire regole, ulteriori infrastrutture e anche incentivi o investimenti economici diretti per stabilire sul territorio una rete che renda la mobilità elettrica effettivamente praticabile. Secondo le ultime statistiche in Europa ci sono oltre 72mila stazioni di ricarica e negli Usa non si arriva a 50mila mentre in Cina si parla di oltre 200mila e l’obiettivo per il 2020 è di mezzo milione.

    Negli Stati Uniti, in attesa di vedere di vedere che fine farà il piano da 4,5 miliardi di dollari messo in piedi dall’amministrazione Obama, l’iniziativa più massiccia è quella di Electrify America, istituita da Volkswagen quale indennizzo nell’ambito della questione Dieselgate. Il budget è di 2 miliardi entro il 2027, 800 milioni solo per la California con l’obiettivo di sviluppare una rete di ricarica fino a 350 kW. Secondo la International Energy Agency, il paese a più alta densità di punti ricarica è di gran lunga l’Olanda (19,3 per 100 km), seguita da Cina (3,5) e Regno Unito (3,1). L’Italia è molto indietro (0,4) e alla fine dello scorso anno nel nostro paese si contavano 2.750 stazioni di ricarica, ma il piano strategico di Enel X – la società che all’interno del gruppo italiano si occupa di nuovi servizi e di mobilità elettrica – da 300 milioni di Euro entro il 2022 sembra destinato a dare un forte impulso. Dopo le prime difficoltà iniziali, il piano procede come previsto e alla fine del 2018 la sua rete sarà composta dal 2.700 stazioni, 7mila nel 2020 e 14mila nel 2022. In questo computo sono compresi tuttavia già i punti esistenti e le stazioni che fanno capo ad altri progetti e consorzi di cui Enel fa parte.

    Il primo è Ionity, una joint-venture tra Daimler, Ford Motor Company, Volkswagen Audi e Porsche che prevede l’installazione di 400 stazioni di ricarica (fino a 6 colonnine l’una) ultraveloci fino a 350 kW in tutta Europa. La prima del genere in Italia sarà dislocata in Toscana entro l’anno e c’è già un accordo con Eni affinché le colonnine possano essere trovate all’interno delle stazioni di servizio, accanto alle pompe di benzina e gasolio. Altro progetto interessante è Eva+ (Electric Vehicles Arteries in Italy and Austria), che conta su un budget di 8,5 milioni di euro (al 50% cofinanziati dalla UE) e prevede 200 stazioni multi standard, 180 della quali in Italia entro il 2020. Tra i partner ci sono Audi, Bmw, Nissan, Renault e Volkswagen. L’unico costruttore che fa invece da sé è la Tesla che ha costituito una rete di quasi 1.400 Supercharger (pari a oltre 11mila punti di ricarica) cui vanno aggiunte migliaia di destination charging, ovvero punti di ricarica “prestati” da hotel, ristoranti e centri commerciali. In Italia sono rispettivamente 29 e circa 650. Le reti sono anche oggetto di interesse da parte delle compagnie petrolifere. Shell (che è anche parte di Ionity) ha acquistato nel 2017 NewMotion (30mila punti di ricarica) e nel giugno scorso BP ha fatto sua Chargemaster (6.500 punti nel Regno Unito). Ma dove prendere tutta l’energia per rifornire in futuro tutte le auto? Alcuni predicono scenari apocalittici, altri invece sostengono che i consumi energetici sono in calo e la produzione installata è sufficiente, ma andrebbe meglio bilanciata per sostenere i picchi di carico. In questa direzione vanno le reti V-2-G (Vehicle-to-Grid) ovvero colonnine a flusso bidirezionale che caricano le vetture quando c’è abbondanza di energia prodotta e la cedono alla rete quando sono ferme. L’idea è nata in Giappone e la sperimentazione è in atto in Italia presso l’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova attraverso un car sharing interno realizzato da Enel e Nissan.

    Fare il pieno di energia con una vettura elettrica, al 100% oppure ibrida plug-in

    non è una cosa sempre agevole e occorre fare un minimo di apprendistato. Fondamentale è leggere con cura il manuale d’uso della propria auto, nelle schede seguenti i nostri consigli pratici per ricaricare e superare così la range anxiety

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