La Fiat 2300 Lusso era ormai a fine carriera (ne sarebbe cessata la produzione nel 1968) e, pur essendo una berlina con molte frecce al suo arco, occorre essere sinceri: non era mai stata pienamente all’altezza delle concorrenti nord europee sia in termini prestazionali, sia sul piano della qualità costruttiva. Fu a quel punto della storia che Gianni Agnelli, incontrando il capo progettazione auto alla Fiat, l’indimenticato ingegner Dante Giacosa, lo apostrofò con il suo inimitabile accento chiedendogli di progettargli per la Fiat una Mercedes Benz italiana.
Il compito era sicuramente alla portata della squadra a disposizione di Giacosa e, se fallì parzialmente l’obiettivo, crediamo sia stato banalmente a causa di mancanza di esperienza nel settore e di qualche economia di troppo, male endemico della Casa di Mirafiori. La Fiat 130, il risultato del citato «invito» di Agnelli, apparve per la prima volta nel Maggio1969 e fu presto chiaro che per una volta non si era lesinato sui materiali di finitura, ma, inopinatamente, nella progettazione del motore: si era suggerito, infatti, ad Aurelio Lampredi, un motorista che non ha bisogno di aggettivi, di uniformare il disegno delle testate del V6 2,8 litri della 130 e di quella della 128 da 1,1 litri avente camera di scoppio dal disegno non ottimale ai fini della combustione.
Nell’aumento, notevolissimo, della cilindrata unitaria dal piccolo quattro cilindri al V6 qualcosa andò storto a causa di qualche oscura legge della termodinamica, per cui, con 470 cc per ogni cilindro, oltre a fare fatica a conciliare potenza adeguata con morbidezza di funzionamento, si dovette fare i conti con un consumo del tutto fuori scala anche per un’ammiraglia: cinque chilometri con un litro nel migliore dei casi. Incredibilmente non si volle mai neppure tentare di ovviare a questa situazione intervenendo su di un obsoleto impianto di alimentazione a carburatore singolo e questo del consumo eccessivo rimase l'unico grave difetto di questa moderna berlina che poteva avvantaggiarsi, oltretutto, di una telaistica di un livello sconosciuto alla concorrenza; e questo senza uscire dai canoni di contenimento dei costi poiché Sergio Camuffo, il responsabile del telaio, per ottenere questo straordinario risultato poté attingere a componenti che erano già in casa: l’avantreno con barre di torsione della 2300 Lusso ed il retrotreno a ruote indipendenti della Fiat Dino.
La frenata risultò addirittura ridondante rispetto alle prestazioni della 130, mai troppo brillanti neppure nella successiva versione 3,2 litri, con dischi ventilati, prima solo davanti e poi su tutte le ruote; ed anche l’allestimento, e qui si intuì il lodevole sforzo della Fiat per uscire dalle proprie consolidate usanze, non lasciava alcun rimpianto con una dotazione accessoristica di ottimo livello integrabile a richiesta con tutto quanto si poteva aspettare l’esigente clientela cui era destinata; da sottolineare l’efficienza dell’impianto di condizionamento dell’aria integrato, che poche auto anche oggi possono eguagliare in termini di distribuzione dell’aria e capacità rinfrescante.
Come accennato le prestazioni della Fiat 130 non entusiasmarono nessuno, anche se in questo caso lo svantaggio nei confronti delle più blasonate rivali era certamente tollerabile; la Fiat cercò comunque di porre rimedio: un aumento del rapporto di compressione nel 1970 elevò la potenza dagli originari 140 CV attorno ai 155 CV e nell’autunno del 1971, contemporaneamente all’immissione sul mercato della magnifica versione coupé, si adottò il suo stesso motore da 3,2 litri da 165 CV ed un robusto incremento della coppia motrice.
A quel punto la macchina era matura ed i miglioramenti nell’abitacolo con una nuova plancia di modernissimo disegno ne elevarono ancora il livello; non si riuscì, tuttavia, a scrollarle di dosso l’immagine poco elitaria del Marchio e quello spaventoso consumo di benzina che divenne poi inaccettabile fin dalle prime avvisaglie della grande crisi energetica dei primi anni '70. E se a quest’ultima fatalità nulla avrebbe potuto contrapporre la Fiat, ancora oggi molti si chiedono come mai, in seno al Gruppo, non si pensò di fare di questo progetto X 1/3 l’erede della morente Lancia Flaminia; non sarebbe stato necessario neppure cambiarle il nome: stessa impostazione a tre volumi con trazione posteriore, finiture all’altezza, eleganza indubbia; oltre ad aumentare esponenzialmente la desiderabilità della propria ammiraglia a tutti i livelli ci si sarebbe risparmiati, evolvendo questa ipotetica Flaminia, anche il costosissimo fiasco della Lancia Gamma.
Oggi la Fiat 130 berlina, prodotta in poco più di novemila esemplari, è entrata nel mirino dei collezionisti; i prezzi sono ancora bassi, si consiglia di non superare i diecimila Euro, e potrebbe rivelarsi un discreto investimento.
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