Il mancato accordo tra Renault e Fca riporta il gruppo guidato da Mike Manley alla ricerca di un partner di spessore. La missione è chiara: trovare un alleato dotato delle tecnologie necessarie per sviluppare il lungo elenco di modelli annunciato lo scorso giugno dallo scomparso Sergio Marchionne e successivamente confermato dal suo successore.
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Se l'ipotesi Renault, e la possibile entrata nell'Alleanza con Nissan e Mitsubishi, avrebbe finalmente messo a disposizione le piattaforme necessarie per il lancio dei nuovi modelli, ora la situazione diventa più complessa. Dopo la chiusura da parte di Renault, a causa soprattutto dell'intervento dello Stato francese, ora John Elkann dovrà tornare a sondare i possibili costruttori interessati al gruppo italo-americano. E qui si riaprono le ipotesi Psa e Hyundai, quest'ultima sulla carta dalle grandi potenzialità a livello globale partendo dalle tecnologie sul fronte dell'elettrificazione e della guida autonoma.
L'importanza delle piattaforme
Fca a giugno scorso ha varato un ambizioso piano industriale con decine di modelli (soprattutto Jeep, il brand principe, ma
anche Alfa Romeo). Ora per dare esecuzione al piano non basta far vedere concept car come la Fiat Centoventi o il baby suv Alfa Romeo Tonale, ma occorre fare le auto promesse. E qui servono soldi (tanti) e piattaforme. E Fca non ha le risorse economiche di un gigante come Volkswagen, che sulla piattaforma modulare Mqb ha messo 60 miliardi e sulle auto elettriche ne ha destinata un'altra quarantina e molti
investimenti sono stati diretti allo sviluppo della piattaforma Meb specifica per le vetture “alla spina”. Appare chiaro che
in un’industria automotive sempre più liquida, con gruppi cinesi, Geely in primis, le piattaforme modulari condivise sono
un punto chiave. Senza non si va da nessuna parte.
L'esempio Volkswagen
Le piattaforme, meglio chiamarle architetture, sono infatti quelle basi che permettono di costruire modelli diversi, anche
di marche differenti, riducendo gli investimenti necessari perché questi vengono spalmati su differenti gamme di prodotto.
Un caso da manuale è il gruppo Volkswagen che da 6 anni usa una piattaforma unificata (costata decine di miliardi) per tutti
i marchi e tutti i modelli con motore trasversale prodotti da fabbriche diverse. Si chiama Mqb (Modularer Querbaukasten) ed è una sorta di Lego che permette di creare vetture totalmente diverse per stile, brand e tipologia, dai suv alle citycar
passando dai monovolume. La modularità permette di abbattere i costi e costruire più modelli con margini maggiori. E permette
anche di dare mano libera ai designer. Ed è qui che risiede anche il segreto dei sempre positivi risultati finanziari del
gruppo.
Le piattaforme Fca
Il caso Fca è diverso. Il gruppo italoamericano sta realizzando autovetture con gli ingredienti che aveva in casa. L'unica
piattaforma davvero nuova è quella che, denominata Giorgio, dà vita ad Alfa Romeo Giulia e al suv Stelvio e si vociferava potesse essere impiegata anche per modelli americani come per esempio le future Dodge. Fca ha però fatto
un vero miracolo: ha preso due piattaforme italiane, la Compact (quella della Giulietta) e la Small (quella della Punto, quindi
non proprio giovane) e le ha fatte evolvere per creare un gran numero di modelli. In particolare, la Small è stata resa praticamente
modulare: allungata e allargata (Small Wide) e adattata anche alla trazione integrale. Su questa piattaforma si basano Fiat 500X, Jeep Renegade, Compass, Fiat 500 L e Tipo. In pratica un risultato eccellente senza spendere la fortuna che il gruppo Volkswagen ha messo sul piatto. Ma adesso serve
uno salto visto che si progettano ibride e ibride plug-in e Fca al momento prevede di usare quanto ha in casa compresa la
piattaforma CUSW (Compact Us Wide) per il futuro suv Tonale. Questa ipotesi però sembra essersi bloccata con l'alimentazione
ibrida del nuovo suv compatto, non adatto alla piattaforma scelta. Per andare avanti servono architetture di nuova generazione
da sviluppare in proprio o in condivisione con un alleato.
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