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Questo articolo è stato pubblicato il 01 luglio 2011 alle ore 17:13.
Cassazione, sezione III Civile, sentenza 12276/2011
Non è risarcibile la domanda di risarcimento del danno da "perdita del diritto alla vita", o danno tanatologico, proposta iure hereditatis dagli eredi del de cuius, in quanto la lesione dell'integrità fisica con il verificarsi dell'evento letale immediatamente o a breve distanza di tempo dall'evento lesivo non è configurabile come danno tanatologico, in quanto comporta la perdita del bene giuridico della vita in capo al soggetto, che non può tradursi nel contestuale acquisto al patrimonio della vittima di un corrispondente diritto al risarcimento, trasferibile agli eredi, attesa la funzione non sanzionatoria ma di reintegrazione e riparazione degli effettivi pregiudizi svolta dal risarcimento del danno, e la conseguente impossibilità che, con riguardo alla lesione di un bene intrinsecamente connesso alla persona del suo titolare e da questi fruibile solo in natura, esso operi quando la persona abbia cessato di esistere, non essendo possibile un risarcimento per equivalente che operi quando la persona più non esiste.
Il risarcimento, costituisce solo una forma di tutela conseguente alla lesione di un diritto e consiste nel diritto di credito, diverso dal diritto inciso, ad essere tenuto, per quanto è possibile, indenne dalle conseguenze negative che dalla lesione del diritto derivano, mediante il ripristino del bene perduto e la riparazione, la eliminazione della perdita o la soddisfazione/compensazione se la riparazione non sia possibile. Ora, non solo non è giuridicamente concepibile che sia acquisito dal soggetto che muore, e così si estingue, un diritto che deriva dal fatto stesso della sua morte (chi non è più, non può acquistare un diritto che gli deriverebbe dal non essere più) ma è logicamente inconfigurabile la stessa funzione del risarcimento che, in campo civile, non è, almeno nel nostro ordinamento, sanzionatoria (funzione, questa, che è invece garantita dal diritto penale), ma riparatoria o consolatoria. E in caso di morte, esclusa la funzione riparatoria, quella consolatoria non può, per la forza delle cose, essere data al defunto.
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