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Questo articolo è stato pubblicato il 14 giugno 2012 alle ore 18:46.

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Per determinare la base imponibile dei fabbricati ai fini dell'Imu è fondamentale partire dalla rendita catastale; che poi viene aggiornata del 5% e moltiplicata per uno dei coefficienti stabiliti dalla legge 201/2011. Ma non sempre la rendita è un elemento facile da individuare.

Anche per l'Imu trova applicazione la regola secondo cui si assume la rendita catastale esistente «in atti» al 1° gennaio di ciascun anno. Però tale regola vale a condizione che l'immobile non abbia subito variazioni nel corso dell'anno.

Si pensi, per esempio, a un fabbricato che nel corso del 2012 è stato oggetto di lavori di ristrutturazione che ne hanno modificato la consistenza: l'unità immobiliare dovrà essere assoggettata a imposta distinguendo l'imponibile relativo ai vari periodi. Se i lavori di ristrutturazione sono iniziati a fine febbraio 2012 e si sono conclusi a fine maggio,la base imponibile sarà determinata con la rendita in atti al primo gennaio 2012 per i mesi di gennaio e febbraio. Per i mesi di marzo, aprile e maggio, invece, si assumerà il valore dell'«area di sedime» dei lavori, che è considerata a tutti gli effetti come area edificabile. Al termine dei lavori, occorrerà aggiornare i dati catastali attraverso la presentazione di un "modello Docfa" tramite un tecnico abilitato e ottenere la nuova rendita catastale. A partire dal mese di giugno, dunque, l'unità immobiliare dovrà essere assoggettata a Imu sulla base di questa nuova rendita.

Diversa è la situazione in cui la rendita catastale è stata aggiornata dall'ufficio del Territorio, su iniziativa del Comune, procedendo alla revisione delle microzone catastali. In questo caso le nuove rendite devono essere notificate all'interessato e hanno efficacia a partire dal primo gennaio dell'anno successivo a quello della notifica.

Potrebbe inoltre succedere che il fabbricato abbia un accatastamento non conforme con la sua destinazione d'uso. Si pensi ad esempio ai casi piuttosto frequenti in cui il contribuente abiti in un immobile di categoria A/10 (ufficio). Se ciò è accaduto perché il contribuente non ha presentato una denuncia di variazione in catasto, allora deve aggiornare la situazione dell'immobile attraverso la procedura Docfa. L'Imu sarà calcolata con la rendita determinata al termine di tale procedura. O, se non c'è tempo, può utilizzare una rendita presunta, riferita a fabbricati similari.

Casi particolari riguardano inoltre le unità inagibili o inabitabili. Anche in questo caso, si deve calcolare l'Imu sull'imponibile ridotto alla metà da quando l'immobile è dichiarato come inagibile o inabitabile. A tale scopo, il contribuente deve presentare una dichiarazione sostitutiva di notorietà oppure richiedere a proprie spese un sopralluogo dell'ufficio tecnico comunale. Secondo le indicazioni del dipartimento delle Finanze, se il contribuente ha già presentato la dichiarazione di inagibilità ai fini Ici, lo stesso non deve ripresentarla per l'Imu.

Un altro caso decisamentefrequente è quello dei fabbricati in costruzione. Il calcolo dell'imponibile diventa abbastanza complicato se l'edificio costruendo viene completato nell'anno d'imposta.

Infatti, in tali circostanze, è necessario dividere l'anno in due periodi, il primo dei quali è quello in cui la costruzione non è ultimata, per il quale è necessario versare l'imposta sul valore dell'area fabbricabile (articolo 5, comma 6, del Dlgs 504/92). Mentre il secondo è relativo a quello dell'anno, in cui lo stabile risulta ultimato e quindi «abitabile o servibile all'uso cui è destinato» (articolo 28 del Rdl 652/39), tenendo conto che «entro 30 giorni da quello di ultimazione, deve essere dichiarato all'Ufficio provinciale dell'agenzia del Territorio».

Però, mentre di fatto il calcolo dell'imponibile per l'area è abbastanza semplice (sempre grazie al Docfa), quello relativo al fabbricato può rivelarsi complicato. Infatti, la rendita catastale relativa agli edifici delle categorie dei Gruppi D deve essere stimata direttamente (articolo 30 del Dpr 1142/49), sulla base del valore di mercato riferito al biennio censuario 1988-89, secondo le norme definite con successive istruzioni (Istruzione provvisoria per la conservazione del Nceu del 13 dicembre 1961).

Purtroppo, le "successive istruzioni" , non sono mai state formulate. In via di principio, la stima deve in primo luogo definire il valore dell'area, al quale deve seguire quello della costruzione (struttura, e impianti elettrici, idrici, e di riscaldamento ordinari), murature o altra forma di perimetrazione del complesso (area coperta e scoperta) e infine gli impianti fissi (come pese a ponte, gru a ponte scorrevoli su rotaie a terra, impianti antincendio e antintrusione, altiforni, le turbine) Infine, determinato il valore venale attuale, è necessario riportarlo al biennio 1988-89, applicando i coefficienti Istat. Una volta ottenuto il valore complessivo, per ottenere la rendita catastale, si dovrà applicare il tasso del 2 per cento.

Alternativa alla suddetta procedura lineare di classamento, per gli edifici industriali esistenti, non ancora dichiarati al Catasto, è possibile adottare come base imponibile, il valore contabile della costruzione (articolo 5, comma 3 del Dlgs 504/92), applicando i coefficienti correttivi aggiornati dal ministero dell'Economia, col Dm 5 aprile 2012.

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