Norme & Tributi

Dossier L’indicazione dei soggetti collegati frena la disclosure

  • Abbonati
  • Accedi
    Dossier | N. 27 articoliIl rientro dei capitali

    L’indicazione dei soggetti collegati frena la disclosure

    Uno degli aspetti più delicati della domanda di disclosure riguarda il fatto che vanno anche indicati (nella sezione I dell’istanza) i codici fiscali dei soggetti collegati. È quindi necessario capire bene fin da subito quali sono i dati da indicare, e anche quali sono le conseguenze di una eventuale mancata indicazione. Infatti, su questo aspetto si stanno arenando diverse situazioni in cui contribuenti che si erano avvicinati in modo positivo alla procedura di collaborazione volontaria diventano restii davanti alla richiesta di coinvolgere altri soggetti.

    La norma di legge

    La prima considerazione che ci deve guidare nella ricerca di una soluzione interpretativa non può che riguardare il dettato normativo. Non è di poco conto rilevare che la norma di legge non prevede assolutamente nulla in materia di soggetti collegati. Quando l’articolo 5 quater, comma 1 del decreto legge 167/90 detta le condizioni per avvalersi della disclosure prevede testualmente che il contribuente deve:

    indicare spontaneamente gli investimenti e le attività finanziarie costituiti o detenuti all’estero;

    fornire documenti e informazioni per la determinazione dei redditi che servirono per acquisirli o acquistarli, nonché dei redditi derivanti dalla loro utilizzazione o dismissione;

    fornire documenti e informazioni per la determinazione degli eventuali maggiori imponibili non connessi con le attività estere;

    versare le somme dovute in base all’invito a comparire.

    Come si vede, dalle richieste normative è assente ogni riferimento ai soggetti collegati. L’unico blando riferimento può essere trovato nell’articolo 5 sexies, ove si prevede che «le modalità di presentazione dell’istanza di collaborazione volontaria e di pagamento dei relativi debiti tributari, nonché di ogni altra modalità applicativa della relativa procedura, sono disciplinate con provvedimento del direttore dell’agenzia delle Entrate».

    Il provvedimento

    È proprio la disposizione che approva modelli e relative istruzioni a stabilire che nella sezione I dell’istanza vadano indicati i codici fiscali dei soggetti collegati «anche al fine di consentire, per ciascun periodo di imposta, la ripartizione (...) delle disponibilità delle attività finanziarie e patrimoniali oggetto di emersione tra tutti coloro che ne avevano la disponibilità».

    I codici fiscali vanno indicati nella colonna 1 se il collegamento è riferibile alle attività estere, nella colonna 2 se il collegamento è invece riconducibile agli importi che formano oggetto di emersione. Seguono sue esempi: i codici fiscali degli altri cointestatari nel caso appunto di attività cointestate (colonna 1), il codice fiscale della società italiana da cui derivano le attività detenute all’estero da parte del socio (colonna 2).

    La circolare

    I chiarimenti contenuti nella circolare 10/E del 13 marzo (paragrafo 4.2) intervengono su questo aspetto in tre modi:

    ribadiscono il fine (non unico) di consentire la ripartizione della disponibilità;

    individuano come soggetti collegati in primo luogo coloro che hanno una posizione rilevante ai fini del monitoraggio fiscale rispetto alle attività oggetto di emersione;

    individuano poi come collegati i soggetti che presentano un collegamento con il reddito sottratto a imposizione.

    Le conclusioni

    Sarebbe importante che l’Agenzia intervenisse nuovamente su questo aspetto, nell’ambito degli ulteriori chiarimenti che sono previsti. In particolare, sulla base delle riflessioni che abbiamo proposto, l’Agenzia potrebbe confermare che:

    la mancata indicazione dei soggetti collegati, nell’istanza e nella relazione di accompagnamento, non determina in alcun modo la decadenza dei benefici della disclosure;

    nell’ipotesi in cui la mancata indicazione non incide sulla quantificazione degli importi dovuti (si pensi al caso di un reddito erogato da un soggetto completamente terzo che non si vuole coinvolgere) non vi è alcun obbligo da parte del contribuente di indicare i soggetti da cui proviene il reddito;

    nel caso di collegamento reddituale tra soggetti correlati, come nell’esempio di imponibili potenziali della società trasferiti su conti esteri intestati al socio, la tassazione integrale degli stessi in capo al socio può escludere, quando gli importi riguardano una concreta attività esercitata da quest’ultimo, una pretesa impositiva in capo alla società. Questo eviterebbe di fare emergere in capo alla società situazioni di attività parallele svolte solo da alcuni dei soci che porterebbero solo a scatenare conflitti tra le parti.

    Se queste indicazioni venissero confermate, si sbloccherebbero molte istanze che oggi sono ferme esclusivamente per la paura di dover indicare dati riservati relativi a soggetti terzi.

    © Riproduzione riservata